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La fissione nucleare compie 70 anni – 36

La fissione nucleare compie 70 anni – 36
Maggio 11
22:00 2011

Robert Oppenheimer e Ernest Lawrence - New Mexico 1931L’amletico principe della meccanica quantistica
Una breve biografia.
J. Robert Oppenheimer (New York, 22 aprile 1904 – Princeton, 18 febbraio 1967) si è distinto soprattutto in quattro settori assai differenti: (i) come ricercatore teorico; (ii) come docente; (iii) come direttore di Los Alamos; (iv) come statista anziano della fisica del secondo dopoguerra. Queste differenti attività appartengono a periodi distinti, ad eccezione del ruolo di docente che rappresenta una costante lungo l’intero arco della vita accademica. Entrato 18enne ad Harvard, con un piano di studi ambizioso che spaziava dalla chimica e fisica fino alle lingue classiche della antichità, si è laureato rapidamente, in tre anni invece che nei quattro previsti dal piano di studi, summa cum laude. Malgrado la vastità degli interessi, il giovane Robert sapeva che la fisica era la sua materia preferita. Tuttavia, il contatto con Percy W. Bridgman (The Logic of Modern Physics, 1927; The Nature of Physical Theory, 1936; The Nature of some of our Physical Concepts, 1952), eminente fisico e grande epistemologo, gli aveva trasmesso una visione insolitamente profonda della fisica, che si estendeva dagli esperimenti di laboratorio fino alle questioni fondamentali della filosofia. Dopo la laurea, Robert è partito per l’Europa e durante quattro anni di peripezie lungo i sentieri internazionali della fisica (a Cambridge da Ralph H. Fowler e Paul A.M. Dirac; a Gottingen da Max Born; a Leida da Paul Ehrenfest; a Zurigo da Wolfgang Pauli) diventa un grande fisico teorico. (Rudolf Peierls, J. Robert Oppenheimer, Dictionary of Scientific Biographies, Charles Scribner’s Sons, 1971)
Da eroe della vittoria bellica a pericolo per la sicurezza. Le due bombe a fissione nucleare, che posero fine alla guerra, costituirono una brusca sorpresa. Una grande esplosione, la più grande di tutti i tempi. Il gruppo in patria vinse. L’America smobilitò con la stessa leggerezza di una folla che torna a casa dopo una partita di football. Tra gli eroi della guerra c’era il professor Oppenheimer, che entrò a far parte dei consigli di amministrazione di una dozzina di enti federali. Il presidente Harry S. Truman gli conferì la Medaglia al Merito. Solo gradualmente il popolo americano scoprì che la guerra era stata vinta non già dal suo tipo di democrazia, dove tutti dicono agli altri che cosa devono fare, ma dalla democrazia popolare: dove tutti fanno quello che viene loro detto sotto il dominio di un superstato mondiale, diretto con pugno di ferro, dal segretario del Partito Comunista Sovietico, che se ne sta al Cremlino progettando l’assassinio dei suoi avversari e i cui agenti si trovano dappertutto, anche a Washington, nell’ufficio due porte più in là sul corridoio. Il controspionaggio doveva rappresentare la difesa contro le macchinazioni del Cremlino. La sicurezza invece divenne una ossessione per il governo federale. Sette anni dopo la fine vittoriosa della guerra e la sconfitta della pace, i burocrati dalla mentalità impregnata di security incominciarono a domandare a Oppenheimer che diavolo avesse fatto negli anni ’30 e fino al varo del Progetto Manhattan, andando a letto con ragazze comuniste, distribuendo dollari americani a tutti quei fronti comunisti. La Commissione per l’Energia Atomica istituì un comitato di sicurezza del personale per vagliare le prove, presentate da enti di ogni sorta, del fatto che il professor Oppenheimer era stato troppo vicino ai comunisti perché si potesse consentirgli l’accesso alle decisioni e ai processi nella cui creazione aveva avuto una parte così importante. Tutti erano decisi ad essere scrupolosamente equi. Per la maggior parte di un mese, le sedute (no, no, non un processo, non una inquisizione, oh no!) continuarono. I bravi gentiluomini del comitato ascoltarono 40 testimoni e riempirono 3000 pagine di verbali. In ultimo, anche se scagionato dalla accusa di slealtà, Oppenheimer fu dichiarato un pericolo per la sicurezza. Il professor Isidor Rabi, chimico e fisico, amico di lunga data e collega di Oppenheimer, figlio di Brooklyn, esplose alle sedute: Non ho mai nascosto la mia convinzione che questa procedura sia infelicissima. In altre parole, egli occupava quella carica come consulente. Se non volete consultarlo, non consultatelo, punto e basta. A me non sembra assolutamente il genere di cose che richieda una simile procedura contro un uomo che ha fatto quel che ha fatto il professor Oppenheimer. Si tratta di un successo tremendo e se, al termine del cammino, si fanno sedute di questo genere, ciò non può non essere umiliante. A mio parere si è trattato di uno spettacolo veramente infelice. Abbiamo la bomba A, una intera serie di bombe atomiche. Che altro volevate? Pastorelli, ninfe oppure sirene? (John Dos Passos, Midcentury: The Uncertainty Principle, The Riverside Press, 1960)
Un amaro e feroce processo alle intenzioni. Nel dicembre 1953, Oppenheimer venne messo al corrente che il suo accesso alle informazioni coperte da segreto militare era stato inibito, con motivazioni relative a mancanza di comportamento leale. Robert esercitò immediatamente il diritto a chiedere udienza: venne così crudelmente esposto alla umiliante esperienza di venire inquisito da una sorta di tribunale militare. Le accuse erano così articolate: (1) opposizione, nel 1949, a una procedura di urgenza per la costruzione della bomba H (all’idrogeno); (2) contatti, durante gli anni ’30 e ’40, con persone e associazioni di chiara etichetta comunista. Gli argomenti del secondo capo di accusa erano completamente noti alla US Atomic Energy Commission fino dagli anni precedenti al Progetto Manhattan e non erano mai stati considerati sufficientemente derogatori da impedire la sua eleggibilità a consulente del Progetto. È impossibile comprendere le ragioni nascoste dietro queste accuse, se non si rammenta la atmosfera di terrore isterico nei confronti del comunismo instaurata dal senatore Joseph McCarthy. Era inoltre noto da tempo che Oppenheimer aveva molti nemici, semplicemente deliziati di potere eliminare la sua influenza. Alcuni di loro erano stati sconfitti in dibattiti pubblici: la logica devastante di Robert aveva dimostrato che non soltanto costoro avevano torto, ma anche che le loro tesi erano assolutamente ridicole. Le udienze davanti a un Consiglio di Sicurezza composto da tre membri doveva essere strictly confidential, ma, alla fine, furono pubblicate quasi 3000 pagine di verbali. Rimane un interessante documento storico. Il Consiglio trovò Oppenheimer cittadino leale ma, con una maggioranza di 2 contro 1, da biasimare per avere osteggiato il programma della bomba H e per la mancanza di entusiasmo durante la sua costruzione. Nel 1963, quando dell’era McCarthy rimaneva soltanto un imbarazzante ricordo, quando molti degli uomini che avevano condotto le indagini erano stati rimpiazzati dai successori, quando gli ardori monomaniaci si erano temperati, fu deciso da qualche parte di compiere un gesto di riconciliazione. Oppenheimer fu insignito del premio Enrico Fermi, un riconoscimento di alto prestigio da parte della US Atomic Energy Commission. La consegna del premio è di regola affidata al Presidente degli USA. Doveva toccare a John Fitzgerald Kennedy, ma l’assassinio di Dallas ne impedì la realizzazione. Al neopresidente Lyndon B. Johnson, che faceva le veci di Kennedy, Oppenheimer disse con un filo di voce (era già molto malato di cancro alla gola): Credo ci sia voluto molto spirito di carità e altrettanto senso di coraggio nell’iniziativa di consegnarmi questo premio. (Rudolf Peierls, J. Robert Oppenheimer, Dictionary of Scientific Biographies, Charles Scribner’s Sons, 1971)
Caino & Abele. Lawrence & Oppenheimer (da ora in poi, L&O) rappresenta la epica storia di Ernest O. Lawrence e J. Robert Oppenheimer, i due giganti della fisica americana del XX secolo, la cui associazione è nata in produttiva armonia, ha raggiunto il climax con invenzioni che hanno sconvolto il mondo ed è degenerata in rancori che hanno diviso la comunità scientifica nazionale e funestato l’intero corso della politica atomica degli USA. Ernest Orlando Lawrence vince il premio Nobel 1939 per la fisica per l’invenzione del ciclotrone, strumento fondamentale della fisica nucleare moderna. J. Robert Oppenheimer non ha mai vinto il Nobel, ma è diventato lo scienziato americano più famoso della sua generazione per aver diretto il più straordinario laboratorio interdisciplinare mai assemblato nel corso della storia. Il quarto di secolo di collaborazione tra questi due individui può essere definito l’era del culto della personalità nella fisica: L&O hanno costituito la cosiddetta interazione forte tra personalità. Sono stati personaggi in conflitto sotto tutti i punti di vista. Lawrence – grande, ossuto, figlio del South Dakota, episcopale, mosso da eccezionale zelo, ma impersonale e senza slanci passionali – costituisce il classico poliforme inventore americano, un realizzatore, uno sperimentatore spinto dalla pulsione di costruire macchine sempre più grandi e costose, pronto ad attraversare il paese in lungo e in largo, per reclutare uomini e fondi al fine di mettere in operai grandi anelli delle grandissime energie. Oppenheimer – il minuto Oppie, pur sempre alto 6 piedi (1.83), cittadino, figlio della costa orientale, ebreo, introspettivo, in grado di usare un pezzo di gesso come strumento di lavoro e ricerca – è un teorico, un pensatore, un insegnante ispirato, un umanista a vita che mette da parte la sua adesione al Buddismo pacifista per supervisionare il progetto e la costruzione dell’arma più distruttiva mai realizzata dall’uomo. All’inizio, erano amici. Durante i giorni d’oro di Berkeley, riferendosi a Oppie, Lawrence diceva il mio fisico teorico preferito. Tuttavia, le dure esigenze della guerra li hanno bruscamente separati, forzandone pensieri e azioni nell’ambito di due domini in aspro contrasto reciproco. Sull’orlo di un cataclisma pensato, creato e indotto dai loro stessi intelletti. (Nuel Phar Davis, Lawrence & Oppenheimer, Simon & Schuster, 1968)

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