La fissione nucleare compie 70 anni – 34
La pila atomica in TV (prima puntata)
Good night and good luck. All’inizio degli anni 1950, uno dei gioielli della documentaristica televisiva è costituita dal programma See It Now (“Davanti ai vostri occhi”), narrati e prodotti da Edward R. Murrow, con la collaborazione di Fred Friendly. Girati su pellicola, ma con l’occasionale uso di sequenze televisive dal vivo, questa trasmissione e le serie affiliate presentano ampie discussioni su temi di interesse pubblico, tentando di coprire tutti gli aspetti e le prese di posizione relativi agli argomenti prescelti. Alcuni documentari hanno trattato tematiche riguardanti la seconda guerra mondiale (come Vittoria sul Mare oppure Winston Churchill: gli Anni del Coraggio). Quello cui assisterete ora costituisce una assoluta primizia: è una storia che nessuno ha mai potuto raccontare fino a oggi. Colleghiamoci con la sala controllo dello Studio 41 della stazione televisiva CBS (Columbia Broadcasting System) dove si trova il redattore di See It Now, Edward R. Murrow (ERM).
ERM. Buona sera, siamo in ritardo di 10 anni (oggi è il giorno 1 dicembre 1952) ma soltanto questa settimana è stato concesso alle nostre telecamere di visitare quello che può essere battezzato il luogo di nascita dell’era atomica. Si tratta di una culla davvero inusuale. L’evento è accaduto il 2 dicembre 1942 e il nido era sotto le scalinate di uno stadio di football. Il resto delle nostre vite, e quello di tutte le generazioni future, trascorrerà in compagnia dell’energia nucleare, al tempo stesso una minaccia e una promessa. La nostra nazione è stata la prima a produrre una bomba atomica: tuttavia, come vedremo tra breve, non si è trattato di una impresa tutta americana.
La culla dell’era atomica. Ci troviamo nello stadio Stagg Field, lungo Ellis Avenue, nei rioni meridionali della città di Chicago. Anche se l’architettura del parapetto sembra suggerire che siano stati inventati qui la catapulta oppure l’arco incrociato, è in questo luogo che l’era atomica ha fatto il suo ingresso in punta di piedi il 2 dicembre 1942. Dieci anni fa, al passante occasionale questo sito sarebbe apparso soltanto un vecchio edificio in demolizione e lo stadio avrebbe rievocato ricordi di campionati di football disputati dalla squadra di casa della Università di Chicago. Tuttavia, gli occhi di un osservatore più attento sarebbero stati attratti da alcuni condotti di aria condizionata troppo alti e troppo capaci per un semplice spogliatoio sportivo. Entriamo e saliamo ai piani superiori tramite un montacarichi che ha sollevato e abbassato ben altri pesi: migliaia di tonnellate di mattoni di grafite, molte barre cilindriche di uranio e ossidi di uranio. A quale scopo? Per rispondere a questa domanda, abbiamo riunito qui la squadra che 10 anni fa ha compiuto questa straordinaria operazione: eccoli qui, più o meno nelle posizioni che occupavano allora.
Il decimo anniversario di una squadra vincente. Herbert L. Anderson aveva 28 anni il giorno del fatidico esperimento, oggi è uno dei fisici particellari più brillanti del paese; Walter Zinn è l’attuale direttore del Argonne National Laboratory nei suburbia di Chicago; Samuel K. Allison, rappresenta uno degli uomini chiave della chimica dell’esperimento critico; Leo Szilard è uno dei tre fisici di origine ungherese (gli altri due erano Eugene Wigner ed Edward Teller) in grado di focalizzare l’interesse e l’attenzione del presidente Franklin D. Roosevelt sulle possibilità di sviluppo dell’energia atomica; Leona Marshall, specialista in rivelazione della radioattività, la sola donna impegnata nel progetto; Enrico Fermi, vincitore di un premio Nobel per la fisica nel 1938, ideatore del progetto originale; Arthur H. Compton, vincitore del Nobel per la fisica nel 1927 e direttore tecnico e amministrativo dell’impresa.
Una pila atomica. «Mi chiamo Herbert L. Anderson, sono venuto dalla Columbia University di New York per costruire questa pila. Ero appunto qui il 2 dicembre 1942 per sovrintendere al corretto funzionamento della pila, che era stata costruita nell’area che vedete alle mie spalle con mattoni di grafite e barre cilindriche di uranio. Per la cronaca, alcuni dei mattoni di grafite, usati per la costruzione dell’assemblea critica, sono ancora qui. Credo siate interessati a vederne uno o due. Come notate. Alcuni mattoni sono dotati di fori circolari passanti nei quali erano stati inseriti lunghi elementi cilindrici di uranio. Gli elementi di combustibile così costituiti erano stati poi assemblati gli uni sugli altri fino a raggiungere un’altezza che arrivava a ben poca distanza dal soffitto. Questo è il motivo della denominazione di pila data all’apparato sperimentale di Stagg Field, oltre alla naturale analogia con altri dispositivi elettrostatici storici per la produzione di energia elettrica. Ecco uno schizzo di come appariva la prima pila atomica: l’immagine è di un disegno tracciato a mano. Infatti le norme di sicurezza del tempo erano così rigide da non permettere che fosse scattata alcuna fotografia della pila neppure dagli stessi artefici del progetto! In questa pila avevano luogo reazioni formate da catene di fissioni all’interno dell’uranio, indotte da neutroni opportunamente rallentati dagli urti contro i nuclei di grafite. Queste sono le barre di controllo, costituite da cadmio, le quali operavano da assorbitori di neutroni, qualora la popolazione di questi ultimi fosse cresciuta oltre la quantità voluta e garantita dalla sicurezza dell’intera operazione».
La sfida contro la Germania. «Sono Arthur H. Compton. Suppongo di essere stato il sergente di ferro (nell’originale televisivo, the strong boy) di questo progetto. Il mio compito era quello di trovare un posto dove riunire e sistemare gli scienziati che sapevano che cosa fare con una reazione nucleare a catena. Nel sottoscala delle tribune dello stadio di football di Stagg Field, inaugurammo allo scopo una succursale del laboratorio di metallurgia della Università di Chicago. Era soltanto l’inizio: tuttavia da quel giorno il programma atomico prese a viaggiare come doveva. Andammo a visitare alcuni dei personaggi che oggi vedete qui: Enrico Fermi, Eugene Wigner, Ernest O. Lawrence, Harold C. Urey e molti altri. Come risultato di molte discussioni, arrivammo alla conclusione di spedire un rapporto strettamente confidenziale a Vannevar Bush, direttore dell’Ufficio di Ricerca e Sviluppo Scientifico. Il documento diceva in sostanza: “Probabilmente si può realizzare una bomba atomica altamente distruttiva. Talmente distruttiva che la nazione che la realizzerà per prima sarà in grado di vincere la guerra. La nostra è una sfida alla Germania nazista. La fattibilità tecnica della bomba prevede tempi dell’ordine di 5 anni, forse 4 anni. In termini di costi, la spesa sarà dell’ordine di 1 o 2 miliardi di dollari”. Accadde che un rapporto con contenuti analoghi sia stato compilato dai britannici, più o meno del medesimo periodo. Vannevar Bush portò il documento al Presidente. La risposta non tardò: Avanti a tutta forza, non possiamo permettere al nemico via libera su una simile iniziativa. Sarebbe come regalargli la vittoria. Così, il 6 dicembre 1941, giorno immediatamente precedente all’attacco giapponese su Pearl Harbor, fu riunito d’urgenza a Washington un nostro gruppo e vennero incarichi speciali ad personam.
Cinque percorsi critici, da perseguire in parallelo. Gli incarichi riguardavano i cinque metodi di produzione di materiale fissionabile. Eger Murphy, della Standard Oil Company, era stato assegnato al metodo della separazione isotopica per via centrifuga. Ernest O. Lawrence, premio Nobel per la fisica nel 1939, era a capo di un gruppo impegnato nel processo di separazione per via elettromagnetica; Harold Urey, premio Nobel per la chimica nel 1934, si era visto affidare la direzione del gruppo per la separazione dell’uranio attraverso la diffusione gassosa. Infine ad Arthur H. Compton (AHC) erano spettati due incarichi: lo sviluppo di un reattore ad acqua pesante e quello di una pila a grafite. Dopo neppure un anno, l’ultimo degli obiettivi citati viene raggiunto allo Stagg Field di Chicago. Prosegue in proposito AHC: «Si erano rivolti a me chiedendo: se ti diamo gli isotopi separati dell’uranio, sarai in grado di fabbricare una bomba atomica? La criticità di una pila a uranio naturale e grafite rappresentava senza dubbio il primo passo verso la conoscenza più approfondita della fisica della fissione nucleare, verso l’acquisizione di familiarità con gli aspetti della cinetica neutronica all’interno dell’assemblea di uranio e grafite, della dinamica e del controllo della pila e della produzione energetica, in termini più o meno rapidi, da parte della stessa».
La visita di controllo da parte delle alte sfere. Il 2 dicembre 1942, un comitato speciale, organizzato sotto gli auspici dell’esercito, nel corso delle sue abituali visite di indagine e aggiornamento, arrivò all’Ufficio del Laboratorio Metallurgico. Chiese subito: «Dove è Fermi, il grande fisico italiano, la maggiore autorità mondiale in fatti di neutroni?». Racconta ancora AHC: «Risposi con prontezza che Fermi chiedeva oggi di essere scusato perché occupato in un esperimento di laboratorio. Poi risposi ad altre loro domande per quasi mezza giornata. Poi, all’improvviso, squillò il telefono. Chi poteva essere? Era proprio Enrico Fermi. Annunciava che la sua equipe di laboratorio era pronta per una dimostrazione della massima importanza. Sapevo benissimo a che cosa alludessero. Era arrivato il momento di dimostrare di che cosa fossero capaci i fisici quando decidevano di lavorare in armonia e collaborazione per uno scopo teorico ed applicativo di grande impegno».
(Edward R. Murrow, See It Now, CBS Television, 1 dicembre 1952) † (Deceduto il 31.08.2010)
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