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La fissione nucleare compie 70 anni – 32

La fissione nucleare compie 70 anni – 32
Ottobre 31
23:00 2010

William LaurenceIn prima pagina del New York Times

Il corrispondente scientifico William Laurence. Una reazione a catena, che si autosostiene e che rilascia una grande quantità di energia in un tempo sufficientemente breve: in altre parole, una bomba. Infatti, quella fornita appena sopra sembra una definizione operativa assai adeguata e rigorosa di una esplosione. E una bomba atomica è una realizzazione possibile, fatto ovvio sia ai fisici tedeschi, sia ai fisici europei recentemente approdati in territorio USA. E altrettanto ovvio è agli occhi del corrispondente scientifico del New York Times, William Laurence.

Il 24 febbraio 1940, Fermi e Bohr si incontrano ancora al convegno annuale della American Physical Society, presso la Columbia University. Laurence riferisce sul convegno per il Times: quando ascolta Fermi discutere le potenzialità di una reazione a catena, ne coglie in pieno le potenzialità belliche. È vero o no – domanda a Fermi e a Bohr – che una certa quantità di U-235 (diciamo 1 Kg, a puro titolo esemplificativo) può costituire una bomba equivalente a migliaia di tonnellate di trinitrotoluolo (denominazione chimica della dinamite)? Nel suo libro Men & Atoms (“Uomini e atomi”), Laurence riporta la cauta risposta di Fermi: non dobbiamo saltare a conclusioni facili e frettolose, nel tentativo di scoraggiarne la curiosità.

Titoli di testa a molte colonne. Vengono già progettati piani per allertare il governo degli USA sulle possibilità connesse con la fissione nucleare. Non essendo al corrente delle iniziative degli scienziati per entrare nei corridoi della Casa Bianca e del Pentagono e fermamente convinto del fatto che i tedeschi vi stiano lavorando per lo meno da un anno, Laurence accumula materiale scientifico per diffonderlo poi in veste giornalistica. Il 5 maggio 1940, la storia appare sulla prima pagina del Times:
APERTA DALLA SCIENZA
UNA ENORME SORGENTE DI POTENZA
DALLA ENERGIA ATOMICA
L’uranio ha potenziale energetico
5 milioni di volte quello del carbone
LA GERMANIA STA PERSEGUENDO LO SCOPO
L’articolo descrive minuziosamente la enorme ammontare di energia latente nell’uranio per applicazioni commerciali e per esplosivo bellico. Tuttavia, Laurence rimane sorpreso se non addirittura sbalordito. Nessuna reazione arriva dal Dipartimento di Stato. Persuaso dell’importanza del suo messaggio, Laurence tenta ancora questa volta sottoponendo un articolo simile al Saturday Evening Post. L’articolo viene accettato dalla redazione soltanto dopo essere stato certificato come accurato e pertinente da una imponente sfilata dei più prominenti cervelli della fisica di tutti gli USA. Il pezzo è alla fine pubblicato nel settembre del 1940. Una volta ancora, silenzio di tomba da parte dei big di Washington. Tuttavia, con imperdonabile ritardo, la accuratezza delle dichiarazioni di Laurence è stata confermata dal Governo Federale. Come scrive Laurence nel suo libro già menzionato: Nella primavera del 1945, dopo che ero stato invitato a unirmi ai circoli più segreti e appartati del Progetto della bomba atomica, venni a sapere con mia grande soddisfazione e non poco stupore che l’articolo del Saturday Evening Post era stato classificato confidential e che nessuno era quindi autorizzato a portarlo in giro tra gli effetti personali. La copia che avevo nella mia valigia era timbrata SECRET e solennemente chiusa da una serratura di sicurezza.

Gli scienziati cercano di far ascoltare la loro voce. Anche se Laurence ne era all’oscuro, sforzi analoghi per sottoporre l’atomo alla attenzione delle autorità erano intrapresi dagli scienziati, senza riscuotere il minimo successo. Fermi tentò di avvicinare il Dipartimento della Marina ma venne cortesemente respinto. Finalmente, durante i primi giorni del dicembre 1941, alla vigilia dell’attacco giapponese a Pearl Harbor, qualcosa si mosse riguardo alla atomica, nel gabinetto del presidente Roosevelt. Esisteva in quei giorni un senatore dello stato di California, di nome Sheridan Downey, che sognava intensamente un semplice dispositivo per risolvere il problema della disoccupazione – quello di garantire una forma di impiego universale, per tutti. Leggendo il mio articolo sul Times, costui aveva concluso che ben presto l’energia atomica avrebbe messo le industrie del carbone e del petrolio del tutto fuori gioco e in tal modo enormemente aumentato il numero di disoccupati. Questa circostanza, ragionava il senatore della California, affidava nelle sue mani un potente argomento dialettico per la sua tesi di garantire l’impiego universale come sanatoria di tutti i problemi dell’economia: una sorta di vaccino economico-finanziario contro la rivoluzione industriale in arrivo insieme alla energia atomica. Il 5 agosto 1940, esattamente 3 mesi dopo la pubblicazione del mio articolo sul Times, il senatore Downey pronunciò un lungo discorso al Senato. Egli cominciò citando il capitolo introduttivo del mio articolo, il quale, su sua esplicita richiesta, fu pubblicato integralmente come Prova A nel registro, noto come Congressional Record, del 15 agosto di quell’anno 1940. È interessante leggere il discorso del senatore della California perché costituisce una esotica miscela di fatti scientifici e di pure fantasia esoteriche. Ecco come comincia.

Un discorso di fronte al Senato degli USA. Mister President, nel 1929 abbiamo tutti assistito alla crisi economica che travaglia questa nazione. Circa un anno fa siamo stati gettati in una crisi secondaria dalla nuova guerra in procinto di deflagrare. Prima di aver compreso a fondo gli elementi della depressione del 1929, la minaccia di una guerra ci impaurisce e confonde. Mister President, vorrei presentare le circostanza di una terza crisi, che ci troveremo presto ad affrontare, nella speranza che i leader americani si sveglino di fronte alle condizioni disperate nelle quali saremmo strozzati nei prossimi tre o quattro anni. Leggerò alcuni brani dal New York Times, citando uno dei nostri maggiori chimici. Vorrei dire che, mentre questo articolo è stato pubblicato due mesi or sono, comprendo che ulteriori scoperte mostrino che gli sviluppi previsti dal suddetto articolo abbiano luogo con un tasso assai più elevato di sviluppo.
Il senatore Downey proseguiva, spiegando che una sostanza naturale, che si trova in forma abbondante in molte regioni del mondo, separata ora per la prima volta nella sua forma più pura, è stata scoperta, in esperimenti pionieristici presso Il Dipartimento di Fisica della Columbia University di New York, capace di rilasciate una energia per unità di massa pari a quella di 5 milioni di unità di carbone e 3 milioni di unità di benzina. Il fatto è ormai così noto che appartiene alla opinione pubblica. Il professor John R. Dunning, fisico presso la Columbia University, che ha capitanato il team che ha condotto a questa strabiliante scoperta, ha inoltre dichiarato che il solo passo mancante nello sfruttamento di questa nuova forma di energia è il metodo di estrazione della eccezionale sostanza. Altri scienziati di fama mondiale si sono dichiarati d’accordo con il fisico della Columbia.

Lo strano ruolo del giornalista W. Laurence. Il fatto che il mio articolo sul Times non creò in alcun modo la impressione che speravo, nella opinione pubblica e soprattutto a Washington, è stata una esperienza assai frustrante. Come ho già detto in precedenza, tentai ancora con un articolo sul Saturday Evening Post, un magazine molto influente con larga diffusione di massa: il pezzo era intitolato The Atom Gives Up (“L’Atomo si arrende”) e fu pubblicato nel giugno 1940. Il fatto che 14 anni più tardi l’articolo stesso fosse selezionato dai redattori del Post per essere incluso nella raccolta intitolata The Saturday Evening Post Treasury (“Il Tesoro del Saturday Evening Post“) e definita come “il meglio del giornalismo ispirato e creativo degli ultimi due secoli” sembrò indicare che i responsabili della rivista avevano stima e riguardo di quanto aveva scritto. Il minimo che mi aspettavo, come risultato di avere scritto quegli articoli sulla energia atomica, era quello di essere convocato di urgenza a Washington da una o più agenzie governative per ulteriori dettagli su un argomento di tale portata. Non accadde nulla. Evidentemente, il Congresso era impegnato in ben altre vicende. Tuttavia la storia non finisce qui.

Interrogato dagli agenti federali del controspionaggio. Ricorderò sempre un episodio che mi accadde pochi giorni prima della mia partenza per Tinian, la minuta isola delle Marianne, a circa 100 miglia da Guam, che servì come base di lancio per i bombardieri B-29 che sganciarono le bombe su Hiroshima e Nagasaki. Uno degli ultimi giorni di giugno 1945, ero molto impegnato nella stesura della copia finale dell’articolo che doveva narrare le vicende imminenti della bomba e delle sue conseguenze, fui convocato di urgenza nell’ufficio di un colonnello del controspionaggio militare che non avevo mai conosciuto. La scena si svolse nell’ufficio del Manhattan Engineer District (il nome in codice del progetto bellico della bomba atomica) al quinto piano di un edificio che è ora occupato dal Dipartimento di Stato. Il colonnello aveva un aspetto molto solenne. Abbiamo cattive notizie per lei, disse in toni che suonavano molto severi. Dopo una pausa, aggiunse: Abbiamo appena ottenuto le prove che lei ha lavorato in favore della Germania. Io replicai immediatamente: Che cosa è questo stupido scherzo? E il colonnello replicò con solennità: Ho le prove proprio qui. Aprì una grossa cassaforte ed estrasse un o spesso contenitore. Al suo interno, proprio in prima pagina, meticolosamente protetto da uno strato di cellophane, si trovava il mio articolo in lingua inglese e, al suo fianco, pagina per pagina, la sua traduzione in lingua tedesca. A quel punto, il colonnello scoppiò in una risata. Abbiamo appena catturato questo documento in uno dei laboratori in Germania. Avevo finalmente trovato estimatori dei miei sforzi giornalistici di divulgare e informare il pubblico sul tema nucleare. (William Laurence, Men and atoms: the discovery, the uses and the future of atomic energy, Simon & Schuster 1959)

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