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La fissione nucleare compie 70 anni – 31

Ottobre 10
22:00 2010

Il Rapporto Franck
Un comitato di sette scienziati. A Chicago, una commissione di sette scienziati fu incaricata dall’Università di discutere e stendere un ampio rapporto sulle conseguenze sociali e politiche dell’energia atomica. La commissione era composta da tre fisici (James Franck, David Hughes, Leo Szilard), da tre chimici (E.T. Hogness, il biochimico Eugene Rabinowitch, e Glenn Seaborg) e da un biologo (C.J. Nickson). La presidenza fu affidata al premio Nobel James Franck, già professore a Gottingen. Oltre a lui, furono naturalmente Szilard e Rabinowitch quelli che contribuirono maggiormente sotto forma di idee al memorandum che divenne poi famoso con il nome di Franck Report, che in forma di petizione solenne venne inviato l’11 giugno 1945 al ministro della Guerra, Henry L. Stimson. Da un abbozzo ad una ampia elaborazione. Faceva un caldo insopportabile a Chicago – ricorda Rabinowitch – quando camminavo per le strade della città, mi pareva di vedere grattacieli crollanti sotto un cielo infuocato. Si doveva fare qualcosa per mettere in guardia l’umanità. Per il caldo o l’eccitazione interiore, non riuscivo a prendere sonno e nel cuore della notte mi misi a stendere il nostro rapporto. James Franck mi aveva passato un abbozzo di una pagina e mezza, ma la mia elaborazione venne assai più ampia.

Il rapporto Franck.

1. Premessa. L’unico motivo, per cui il campo dell’energia nucleare è da trattare diversamente da altri campi della fisica, è riposto nel fatto che in pace essa può aiutare ad esercitare una passione politica e in guerra a provocare una improvvisa distruzione. Tutti i piani attuali riguardanti l’organizzazione della ricerca, della evoluzione scientifica e industriale e della pubblicità nel campo della fisica nucleare, sono condizionati dal clima politico e militare in cui questi piani devono essere realizzati. Gli scienziati, che hanno a cuore questa organizzazione, non pretendono di essere esperti di politica nazionale e internazionale. Noi, un piccolo numero di cittadini, abbiamo tuttavia, negli ultimi cinque anni, sotto la pressione degli avvenimenti, individuato un serio pericolo che minaccia la sicurezza del nostro paese e il futuro di tutte le altre nazioni: un pericolo di cui il resto dell’umanità non ha il minimo sospetto. Si è più volte rimproverato agli scienziati di avere dotato le nazioni di nuove armi per il loro reciproco annientamento, invece di contribuire al loro benessere. Tutti noi che conosciamo lo stato attuale della fisica nucleare, viviamo costantemente con dinanzi agli occhi la visione di una repentina distruzione, una distruzione del nostro paese, una catastrofe tipo Pearl Harbor, che potrebbe ripetersi ingigantita alla millesima potenza in ogni metropoli della nostra nazione.

2. Prospettive di una corsa al riarmo con armi nucleari. Il pericolo di una distruzione con armi nucleari – almeno per quanto riguarda il nostro paese – potrebbe essere evitato: o mantenendo per sempre segrete le nostre scoperte, o promuovendo il nostro riarmo con armi nucleari al punto che nessuna altra nazione osi pensare di aggredirci – per timore di una catastrofica rappresaglia. Anche se noi a questo riguardi possiamo attualmente contare di essere avanti a tutto il testo del mondo, i fondamenti della fisica nucleare sono universalmente noti. Gli scienziati britannici conoscono quanto noi i fondamentali progressi fatti durante la guerra dalla fisica nucleare. La funzione che gli scienziati francesi in questo campo negli studi di anteguerra – del tutto a prescindere dalla loro parziale conoscenza dei nostri lavori – permetterà loro di raggiungerci al più presto, almeno per quanto concerne le ricerche scientifiche fondamentali. Gli scienziati tedeschi, ai risultati sulle cui ricerche risale tutto lo sviluppo della fisica nucleare, non l’hanno evidentemente sviluppata attraverso la guerra nella stessa misura in cui ciò è avvenuto in USA, ma è ben vero che, fino all’ultimo giorno della guerra in Europa noi siamo vissuti costantemente nel terrore che i tedeschi potessero essere riusciti a produrre un’arma nucleare. Anche in Russia, già nel 1940 erano ben noti i fatti fondamentali e l’importanza della energia nucleare, e l’esperienza degli scienziati russi nella ricerca nucleare è pure così grande che, in pochi anni, essi potrebbero raggiungerci, anche se facessimo di tutto per mantenere segreti i nostri esperimenti.

3. Prospettive per una intesa. Così dunque non può che essere la mancanza di reciproca fiducia e non la mancanza di desiderio di una intesa, a frapporsi a un efficace accordo per impedire una guerra atomica. La realizzazione di tale accordo dipende quindi essenzialmente dalla lealtà degli intenti e dalla disponibilità di tutte le parti a rinunziare a una parte della propria sovranità.
Un modo di far conoscere al mondo l’arma nucleare – plausibile soprattutto per coloro che considerano le armi atomiche prevalentemente un’arma segreta che è stata realizzata soltanto per vincere questa guerra – può essere l’impiegarla senza preavviso contro appropriati obiettivi in Giappone. I vantaggi militari e il risparmio di vite umane, che sarebbero conseguiti con un improvviso impiego di armi nucleari nella guerra contro il Giappone, potrebbero venire annullati dalla conseguente perdita di fiducia e da una ondata di orrore e opposizione che si diffonderebbero per il resto del mondo e che forse scinderebbero l’opinione pubblica in patria. In considerazione di ciò sarebbe raccomandabile che la nuova arma venisse presentata nel deserto o su una isola disabitata in presenza dei deputati di tutte le Nazioni Unite. Si creerebbe una condizione più favorevole per la realizzazione di un accordo internazionale.

4. Modalità di un controllo internazionale. La prima via, e certo la più semplice, è il razionamento delle materie prime – soprattutto dell’uranio. La produzione di esplosivo nucleare comincia quando si ottengono grandi quantitativi di uranio in potenti apparecchi di fissione degli isotopi o in reattori giganti. Una cosa è chiara: ogni accordo internazionale per impedire una corsa agli armamenti nucleari deve essere appoggiato da controlli efficaci e promettenti. Un accordo steso semplicemente sulla carta ha poco senso, poiché né la nostra né un’altra nazione può fondare la sua esistenza sulla fiducia nella firma di un’altra nazione. Ogni tentativo di ostacolare le istanze internazionali di controllo, dovrebbe essere punito come un tradimento a questo accordo.

5. Conclusioni. L’evoluzione dell’energia nucleare non implica soltanto l’accrescimento del potenziale tecnologico e militare degli USA, ma comporta anche seri problemi politici ed economici per il futuro del nostro paese. Ecco, in breve, un elenco degli argomenti all’ordine del giorno: (i) Le bombe nucleari non possono restare un’arma segreta; (ii) Entro 10 anni, alcuni paesi disporranno di armi nucleari del peso di meno di 1 tonnellata, altamente distruttive per molte nostre metropoli; (iii) USA ed Europa – a causa dell’agglomeramento urbano e industriale in un numero ridotto di città – si troverebbero in notevole svantaggio; (iv) Se gli USA dovessero decidere una dimostrazione delle armi nucleari, avrebbero la possibilità di conoscere il parere dell’opinione pubblica del nostro paese e di altre nazioni e con essere condividere una parte della responsabilità.

Sottoporre il rapporto allo scientific panel. L’urgenza del rapporto Franck e l’alta considerazione di cui godevano i sette membri della commissione che aveva stilato il documento, indussero il ministro della Guerra Henry L. Stimson a sottoporre subito il rapporto Franck allo scientific panel, la sottocommissione specializzata di scienziati atomici. Ormai dipendeva quindi esclusivamente da quei quattro uomini – Arthur Compton, Enrico Fermi, Robert Oppenheimer e Ernest Lawrence – porre in questione, se non addirittura impedire, aderendo alla proposta dei colleghi di Chicago, il lancio della bomba su un obiettivo militare giapponese. Essi si riunirono il 16 giugno 1945 a Los Alamos. Sulle loro discussioni, Oppenheimer riferì poi in questi termini: Delle due questioni sottoposte al consiglio, una era quanto mai futile. Venimmo invitati a esprimerci sulla questione se la bomba dovesse essere impiegata. Noi dicemmo di non credere che la nostra qualità di scienziati ci rendesse particolarmente idonei a rispondere alla questione se le bombe dovessero essere usate o no; l’opinione tra noi era divisa, come sarebbe anche avvenuto se si fosse trattato di altri uomini, se avessero saputo di che cosa ritrattava. Noi pensammo che le due considerazioni preponderanti fossero (i) il risparmio di vite umane nella guerra; (ii) l’effetto che il nostro operato avrebbe avuto sulla nostra situazione interna come pure sulla stabilità del mondo del dopoguerra. Dicemmo anche di non credere che l’esplosione di uno di questi ordigni come un fuoco di artificio in un deserto avrebbe avuto probabilità di fare molta impressione. La iniziativa dei sette di Chicago venne così respinta e la speranza di impedire il lancio della bomba sul Giappone divenne minima.

La responsabilità etica e sociale degli scienziati. In conclusione, deve essere sottolineato come i quattro scienziati atomici del panel non si siano mai opposti con decisione ai piani dei loro superiori. Essi si sentivano prigionieri del gigantesco meccanismo che li aveva coinvolti. Se si fossero opposti al lancio per considerazioni puramente umanitarie, quel gesto forse avrebbe fatto impressione su presidente, ministri e generali. Ma anche questa volta gli scienziati atomici fecero soltanto il loro dovere. E la somma di migliaia di singole azioni di estrema coscienziosità, finì con il condurre a un atto di incoscienza collettiva di dimensioni spaventose.
(Robert Jungk, Gli apprendisti stregoni. Storia degli scienziati atomici, Piccola Biblioteca Einaudi, 1958)

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