La fissione nucleare compie 70 anni – 25
Glenn Seaborg e la scoperta del plutonio
Cenni biografici e scientifici. Glenn Theodore Seaborg (1912-1999) è nato nel Michigan ma, all’età di 10 anni, si è trasferito in California. Nel 1929, è entrato alla Università di California-Los Angeles, dove ha ottenuto un Ph.D. in chimica nel 1937 sotto la guida di un grande chimico, il professor G.N. Lewis, che lo ha poi voluto come assistente. Il professor Seaborg ha poi ricevuto un distacco dalla Università di California-Berkeley, ove svolgeva attività di insegnamento e ricerca, durante il periodo 1942-1946, durante il quale ha diretto il Dipartimento Plutonio del Progetto Manhattan, presso la Università di Chicago. Egli era stato infatti il co-scopritore del plutonio e sarebbe divenuto responsabile di ulteriori ritrovamenti di nuovi elementi transuranici fino al numero atomico 102.
Che cosa è il plutonio? Pu-239 è un isotopo del plutonio. Pu-239 costituisce uno dei tre isotopi fissili usato per la produzione di ordigni nucleari e in reattori nucleari come fonte energetica. Gli altri due isotopi fissili sono lo U-235 e lo U-233. Il Pu-239 ha un tempo di dimezzamento di circa 24mila anni. Le proprietà nucleari del Pu-239, così come la sua capacità di produrre alte quantità di Pu-239 puro, hanno condotto al suo uso nelle armi nucleari e nei reattori nucleari. La fissione di un atomo di U-235 nel reattore di un impianto nucleare di potenza produce due o tre neutroni e questi neutroni possono essere assorbiti dal U-238 per produrre Pu-239 ed altri isotopi. Il Pu-239 può inoltre assorbire neutroni e fissionare così come succede nell’U-235. Le fissioni prodotte dal plutonio producono circa il 33% dell’energia totale prodotta in un tipico impianto nucleare commerciale di potenza. L’uso del Pu-239 negli impianti di potenza avviene senza che esso venga rimosso dal combustibile del reattore stesso, vale a dire esso è fissionato all’interno stesso delle barre di combustibile entro le quali è stato prodotto.
Il plutonio in un colloquio tra Enrico Fermi ed Emilio Segrè. Emilio Segrè, che lavoravo a Berkeley insieme s Glenn Seaborg, una volta trovatosi sullo costa orientale degli USA, decise di andare a trovare i Fermi che si erano trasferiti a Leonia, nel New Jersey. Stando ai suoi ricordi, sia lui sia Fermi avevano già pensato all’elemento 94. Il 15 settembre 1940 facemmo una gran camminata lungo lo Hudson, con un clima gelido, e parlammo della possibilità che l’isotopo di massa 239 dell’elemento 94 fosse un fissionabile da parte di neutroni lenti. Se la cosa fosse risultata vera, avrebbe potuto sostituire l’U-235 come esplosivo nucleare; inoltre un reattore nucleare alimentato con uranio comune lo avrebbe prodotto. Questo ci dava una prospettiva completamente nuova sulla fabbricazione di esplosivi nucleari, eliminando il bisogno di separare gli isotopi dell’uranio, che a quei tempi, era un problema che faceva veramente paura. Intanto Lawrence era venuto a New York . Racconta Segré: Io, Fermi, Lawrence e Pegram ci incontrammo nell’ufficio di quest’ultimo alla Columbia e preparammo il piano di un irraggiamento con il ciclotrone capace di produrre una quantità sufficiente dell’elemento 94. Dopo Natale, Segrè tornò a Berkeley.
Guardingo come uno svedese, ma rilassato sul lavoro. Un giovane chimico, Glenn T. Seaborg, aveva già cominciato a lavorare all’identificazione e all’isolamento dell’elemento 94. Era altissimo, magro, guardingo come uno svedese, ma calmo e rilassato sul lavoro. L’edizione delle lezioni tenute da Otto Hahn a Cornell nel 1933, Radiochimica applicata, era stata il suo testo guida negli ultimi anni di università; la radiochimica era la sua passione. Ci si stava impratichendo a Berkeley quando, nel gennaio 1939, arrivò la notizia della fissione nucleare; come Philip Abelson fu eccitato dalla scoperta, ma rimase dispiaciuto per averla mancata e la sera camminò ore e ore per le strade. Alla fine di agosto Seaborg aveva già bombardato un campione di uranio per produrre il nettunio e aveva incaricato uno dei suoi laureandi del secondo anno, Arthur C. Wahl, di studiarne la chimica. Nella ricerca dell’elemento 94 aveva anche un altro collaboratore, Joseph W. Kennedy, che insegnava chimica a Berkeley, come lui. Alla fine di novembre, il gruppo aveva effettuato altri quattro bombardamenti e chiarito la chimica del nettunio quanto bastava per escogitare tecniche per isolare campioni altamente puri. Allora Seaborg spedì una lettera a Edwin McMillan al MIT che riassunse in seguito in una dettagliata storia simile a un diario degli eventi compilato in tempo reale: Ho fatto capire a McMillan che dato che se ne è andato da Berkeley, e quindi non è in grado di continuare questo lavoro di ricerca dell’elemento 94, saremmo ben contenti di andare avanti come suoi collaboratori anche senza la sua presenza. A metà dicembre McMillan accettò: quando Segrè ritorno a Berkeley, Seaborg aveva già preparato dai suoi campioni bombardati frazioni significative di vari materiali: uranio, prodotti di fissione, nettunio puro e una frazione simile a una terra rara che forse conteneva l’elemento 94.
Due ricerche in contemporanea. Da quel momento in poi sarebbero andate avanti contemporaneamente due ricerche: Il gruppo di Seaborg avrebbe seguito una sorgente alfa particolarmente intensa che aveva già identificato, nella speranza di dimostrare che era un isotopo dell’elemento 94, chimicamente diverso da tutti gli elementi conosciuti. Nello stesso tempo Segrè e Seaborg avrebbero prodotto nettunio in quantità, avrebbero cercato il suo prodotto di decadimento – probabilmente un elemento di numero atomico 94 e massa atomica 239 – e tentato di misurarne la fissionabilità. Pochi giorni prima che Compton, a fine novembre 1943, andasse a Oak Ridge a supervisionare il funzionamento di X-10, gli operai scaricavano dalla pila le prime cinque tonnellate di uranio irraggiato. La separazione chimica cominciò il mese dopo. Nell’estate del 1944, cominciarono ad arrivare a Los Alamos partite di nitrato di plutonio che contenevano il nuovo elemento a grammi. Il plutonio fu rapidamente usato e riusato in lunghi esperimenti volti a studiare la chimica e la metallurgia, ancora sconosciute. A fine estate 1944, c’erano stati più di 2000 esperimenti distinti. Quella estate, non furono la chimica e la metallurgia a decretare, quasi, la impossibilità della bomba al plutonio. Fu la fisica. Più di un anno prima Glenn Seaborg aveva avvertito che, accanto allo isotopo desiderato, Pu-239, quando si irradiava l’uranio avrebbe potuto formarsi il Pu-240. Quest’ isotopo dal peso atomico pari avrebbe presentato un tasso di fissione spontanea molto superiore a quella del Pu-239. I campioni di plutonio studiati da Emilio Segrè nel suo laboratorio in una capanna di tronchi isolata si fissionavano spontaneamente a un ritmo accettabile. Erano stati prodotti per trasmutazione dell’uranio in uno dei ciclotroni di Berkeley. L’U-238 aveva bisogno di un solo neutrone per la trasmutazione in Pu-239: per fare il Pu-240 ci volevano due neutroni. I neutroni che bombardavano i blocchi di uranio nella pila X-10 erano molto più numerosi di quelli che un ciclotrone poteva generare.
Le fissioni spontanee del plutonio presentano grossi inconvenienti. Quando Segrè misurò il tasso di fissioni spontanee del plutonio della X-10 lo trovò molto più alto di quello di Berkeley. Il tasso del plutonio di Hanford, che sarebbe stato esposto a un flusso di neutroni ancora più massiccio, aveva probabilità di essere ancora più alto. Questo significava che non sarebbe stato necessario ripulire molto a fondo il plutonio dalle impurità causate da elementi leggeri, ma era anche un segnale di catastrofe. Non si poteva usare un cannone per assemblare una massa critica di quella roba: anche avvicinandosi a 900 m/s, il proiettile e il bersaglio di plutonio si sarebbero fusi e poi spenti prima di avere il tempo di congiungersi. Oppenheimer avvertì Conant l’11 luglio 1944. I due si incontrarono con Compton, Groves, Nichols e Fermi, sei giorni dopo a Chicago e il giorno dopo Oppenheimer scrisse a Groves per confermare le loro conclusioni. Era evidente che il Pu-240 aveva una vita lunga, e poiché i due isotopi appartenevano allo stesso elemento, una separazione chimica era impossibile. Non avevano nemmeno considerato una separazione elettromagnetica: un tentativo del genere con masse diverse di una singola unità su 240 (una scarto percentuale di sole 4 parti su 1000) e altamente tossici, avrebbe fatto sembrare il lavoro del calutroni di Oak Ridge e non avrebbe potuto essere completato in tempo per influire sull’esito della guerra. Sembra ragionevole – concluse Oppenheimer – sospendere lo sforzo intensivo di condurre il plutonio ad un più alto grado di purezza e concentrare l’attenzione su metodi di assemblaggio, il cui successo non richieda un fondo neutronica basso. Attualmente,il metodo al quale si deve accordare una indiscutibile priorità è quello della implosione.
Il metodo dell’implosione si impone per il plutonio. Era una necessità penosa; la stessa storia tecnica di Los Alamos lo mette in chiaro: L’implosione era la sola vera speranza e, stando ai dati disponibili, una speranza non molto buona. Oppenheimer era talmente angosciato dal problema che pensò addirittura di dimettersi. In quei giorni Robert Bacher, il tenace direttore del California Institute of Technology e direttore della divisione di fisica sperimentale a Los Alamos, fece lunghe passeggiate con lui, condivise le sue angosce e alla fine lo dissuase. Non esisteva alcun altro che potesse fare quel lavoro – così Bacher disse a Oppie – senza di lui la bomba non sarebbe arrivata in tempo per abbreviare la guerra e salvare vite.
(Richard Rhodes, The Making of the Atomic Bomb, Touchstone 1986)
Non ci sono commenti, vuoi farlo tu?
Scrivi un commento