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La fissione nucleare compie 70 anni – 22

La fissione nucleare compie 70 anni – 22
Dicembre 07
16:23 2009

Crawford Greenewalt in una copertina di TimeLa E.I. Du Pont de Nemours: Industria di pace e di guerra

 

Di fronte ai ritratti ad olio dei presidenti della società. I 30 membri del consiglio di amministrazione erano seduti intorno al tavolo ovale che ricordava, molto appropriatamente, il marchio di fabbrica della E.I. Du Pont de Nemours & Co. Alle pareti, ritratti a olio a grandezza naturale dei presidenti della società: 9 impettiti Du Pont, dagli strani nomi propri, a cominciare dal fondatore Eleuthère Irénée. I membri erano riuniti per una decisione importante: votare a favore o contro una proposta del Governo Federale USA. Un voto a favore avrebbe implicato, un milione di dollari, decine di migliaia di persone per un nuovo lavoro, edifici giganteschi, nuovi complessi industriali, una piega più favorevole alla guerra in corso. Il voto contrario era suggerito dalla relazione della Divisione Progetti. In sintesi: Come si fa a costruire un impianto quando non si sa neppure quale sarà il prodotto (il plutonio, NdR) da fabbricare? (Stephane Groueff, Manhattan Project: the untold story of the making of the atomic bomb, Bantam Books 1967)

 

Uno spiacevole ricordo. Per la mancanza di entusiasmo da parte della Du Pont esisteva anche un’altra ragione. Il ricordo delle indagini della Commissione Nye nel 1934 era ancora fresco nella mente dei consiglieri, rendendo l’argomento della fabbricazione di munizioni e armamenti un tasto di assoluta delicatezza. I dirigenti non potevano dimenticare la violenta campagna, durante gli anni 1930, contro tutti i fabbricanti di armi del decennio precedente, quando la famiglia Du Pont era stata etichettata come un nido di mercanti della morte. Organizzata dal senatore Gerald P. Nye, un repubblicano del South Dakota, la commissione rappresentava la espressione istituzionale di una grande ondata di pacifismo creatasi all’indomani della prima guerra mondiale. Incoraggiata dalla stampa liberal e amplificata dal dramma della Depressione, raggiunse il suo picco in uno sciopero contro la guerra organizzato da 25mila studenti contro il Governo Federale e le sue iniziative belliche. Tre fratelli Du Pont furono costretti a salire sul banco degli imputati e a testimoniare in udienze pubbliche. Il protagonista dello show era stato Irénée, occhi blu, fumatore di pipa, dotato di incredibile disinvoltura di fronte a un ambiente ridotto a vera e propria bolgia dialettica. Non pensava assolutamente che la sua compagnia avesse nulla da rimproverarsi: se non avessimo spedito munizioni a Francia e Inghilterra, la Germania avrebbe vinto la guerra: presto o tardi, saremmo divenuti una colonia tedesca. Tuttavia, la Commissione Nye rivelò alla opinione pubblica gli enormi profitti registrati dalla Du Pont durante la prima guerra mondiale e dette alla compagnia la pubblica immagine di una escalation tecnologica e finanziaria dovuta unicamente alle fortunate circostanze belliche.
I consiglieri della Du Pont votarono favorevolmente nel confronti della proposta del Governo Federale USA per la costruzione di impianti per la produzione di plutonio, su una tematica che avrebbe potuto distruggere la loro compagnia. Se il Governo Federale insiste, non possiamo fare altro che accettare la commessa, fu la laconica motivazione. Uno dei dirigenti scosse con molta serietà il capo e disse: Ci avete proprio messo nel peggiore guaio possibile. (Stephane Groueff, Manhattan Project: the untold story of the making of the atomic bomb, Bantam Books 1967)

 

Le reazioni dei fisici all’ingresso degli ingegneri della Du Pont. La pila di Chicago è andata critica il 2 dicembre 1942 e tra i testimoni oculari c’era Crawford Greenewalt, giovane ingegnere e futuro presidente della Du Pont. Fermamente convinto delle enormi potenzialità dell’energia atomica, Greenewalt strinse i tempi per la stesura di un impegno duraturo in proposito. Il contratto che la Du Pont firma con l’esercito USA, in data 21 dicembre 1942, stipula che la grande impresa di origine francese si fa carico della costruzione e della operazione di impianti per la produzione di plutonio. Tuttavia, non appena Arthur H. Compton, il direttore del Laboratorio Metallurgico della Università di Chicago, informa i suoi colleghi fisici dell’ingresso della Du Pont nel progetto, la notizia suscita una quasi ribellione tra loro, come egli stesso ricorda nel suo libro autobiografico, intitolato Atomic Quest. A personal narrative (“Ricerca atomica. Una narrativa personale”), Oxford University Press, 1956. Sono infatti numerosi i fisici che stimano di essere assolutamente capaci di coprire da soli i ruoli di progettisti, costruttori e operatori degli impianti per la produzione di plutonio. Ai loro occhi, certamente la Du Pont rappresenta il big business nella sua forma più repellente: quella di una impresa reputata cinica e interessata soltanto ai profitti acquisibili attraverso l’ingresso nel Progetto Manhattan. Crawford Greenewalt ricorda ancora i sentimenti di numerosi fisici nei confronti della Du Pont. Pensavano che la nostra impresa fosse lì per sfruttare le loro conoscenze e fare un mucchio di dollari con l’energia atomica. Non comprendevano che la cultura industriale era necessaria perché non era sorta dal nulla. Essa si era forgiata infatti attraverso mezzo secolo di apprendistato nella costruzione di grandi impianti per produzione di massa di energia e prodotti chimici. In definitiva, il savoir-faire dell’industria chimica sarebbe diventata l’asse portante del Progetto Manhattan, quello responsabile della consegna garantita di quantità specifiche di plutonio per la costruzione delle bombe. (Pap N’Diaye, Le ingénieurs oubliés de la bombe, La Recherche 306, Février 1998)

 

La Du Pont è soltanto la leader di un pesante ingresso della industria USA. Nel periodo che corre tra il maggio 1943 all’agosto 1945, si sono verificati alcuni fatti fondamentali relativi al lavoro di ricerca e di progettazione nel campo della energia nucleare in fieri. Nel giro di due anni e mezzo è stata ricavata dal deserto dello East Tennessee una città segreta, chiamata Oak Ridge, dotata di due giganteschi impianti per produrre materiale fissile e di un vasto laboratorio, su una area complessiva di quasi 60mila ettari, per un costo totale di 1 miliardo di dollari. Inoltre, su un terreno di 400mila acri, e per il costo di 350 milioni di dollari, era stato costruito un altro centro nucleare, in una parte isolata della valle del fiume Columbia nella stato di Washington, al confine con l’oceano Pacifico e il Canada. Al suo fianco era nata un’altra città del governo federale, chiamata Richland. Per compiere questi miracoli di costruzione e di tecnica, il Progetto Manhattan aveva dovuto contare pesantemente sul genio, gli investimenti e la produzione della industria privata americana. Tra le centinaia di società che hanno fornito un contributo alla colossale impresa, primeggiano le seguenti 10, in una sorta di classifica Top 10: (1) la E.I. Du Pont de Nemours; (2) la M.W. Kellogg; (3) la J.A. Jones Construction; (4) la Union Carbide & Carbon; (5) la Stone & Webster Construction; (6) la Tennessee Eastman; (7) la Allis-Chalmers Manufacturing; (8) la Chrysler; (9) la General Electric; (10) la Westinghouse. (Stephane Groueff, Manhattan Project: the untold story of the making of the atomic bomb, Bantam Books 1967)

 

Il contributo delle nazioni alleate e delle università private e di stato. Molte università americane hanno fornito aiuti inestimabili in campo scientifico. In particolare, la Columbia University di New York, la University of Chicago e la Università di California-Berkeley. La Gran Bretagna aveva inviato una missione di scienziati, capitanata da James Chadwick, premio Nobel per la fisica per la sua scoperta del neutrone, e Rudolph Peierls, per partecipare direttamente agli studi e alle ricerche. Il Canada aveva installato un impianto ad acqua pesante e un laboratorio governativo di ricerche che cooperavano direttamente con il programma americano. (Stephane Groueff, Manhattan Project: the untold story of the making of the atomic bomb, Bantam Books 1967)

 

Last but not least, il Laboratorio Nazionale di Los Alamos. Era stato costruito, infine, un laboratorio segreto su una mesa di Los Alamos nel New Mexico; al geniale J. Robert Oppenheimer era stato affidato il compito di progettare e costruire la bomba atomica. Oppenheimer aveva riunito intorno a sé un gruppo dei più eminenti fisici americani, inglesi ed espatriati dai paesi europei sotto dittature di vario genere. Costoro assemblarono il plutonio che proveniva dai reattori di produzione della Du Pont a Hanford, lo montarono su una torre metallica nel deserto vicino ad Alamogordo, non lontano da Los Alamos, e lo misero in funzione all’alba del 16 luglio 1945. Il risultato superò le più ottimistiche previsioni. Tre settimane più tardi, due altri congegni esplosero, questa volta in suolo giapponese: uno, basato sulla fissione dell’uranio, a Hiroshima il 6 agosto 1945; e un altro, basato sulla fissione del plutonio, a Nagasaki, il 9 agosto 1945.
In data 3 ottobre 1945, in un messaggio al Congresso sulla energia atomica, il presidente Truman disse: Mai nel corso della storia, la società si è trovata di fronte a una forza che racchiude tali minacce e al tempo stesso tali promesse per l’avvenire dell’uomo e della pace mondiale. Credo di esprimere i sentimenti del popolo americano nel dire che potremo valerci della esperienza acquisita in questo campo non per la distruzione, ma per il futuro benessere della umanità. Consigliò inoltre che l’intero programma esistente passasse a una commissione per l’energia atomica (US Atomic Energy Commission) autorizzata a promuovere tutte le ricerche necessarie, gli esperimenti necessari e le operazioni per ulteriori realizzazioni e applicazioni dell’energia atomica a scopi militari, industriali, scientifici e terapeutici. (Stephane Groueff, Manhattan Project: the untold story of the making of the atomic bomb, Bantam Books 1967)

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