La fissione nucleare compie 70 anni – 2
In prossimità del Natale 2008, ricorre il 70esimo anniversario della scoperta della fissione nucleare da parte dei fisici Lise Meitner e Otto Frisch sulla base di dati sperimentali forniti dai chimici Otto Hahn e Fritz Strassmann. Controluce intende fornire un collage di scritti di autori vari che hanno narrato fatti e contorni di questa appassionante vicenda che ha cambiato la storia del mondo. I compilatori della raccolta, che uscirà in puntate mensili, sono Nicola Pacilio, docente di fisica dei reattori nucleari a Berkeley (California, USA) e Fabrizio Pisacane, ingegnere nucleare e ricercatore ENEA.
Hiroshima e Norimberga
Un annuncio radiofonico. La voce dello speaker annunciò con voce solenne. “Signore e signori, il Presidente degli Stati Uniti, Harry S. Truman è al microfono, in questo istante.” Emersero forti e chiare le parole del primo uomo di stato americano: Sedici ore fa, il giorno 6 agosto 1945, un aereo della US Air Force ha lanciato una bomba su Hiroshima, importante base dell’esercito giapponese. Questa bomba possedeva una potenza superiore a quella di 20mila tonnellate di TNT (trinitrotoluolo). Si tratta di una bomba atomica. La forza da cui il sole trae energia è stata sganciata contro coloro che hanno provocato la guerra in Estremo Oriente.
A Londra, per preparare il processo di Norimberga. Quando questo storico annuncio si irradiò nel mondo, mi trovavo a Londra quale assistente del giudice Robert H. Jackson, che era stato nominato Pubblico Ministero contro i maggiori criminali di guerra nell’imminente processo di Norimberga. Ci eravamo riuniti a Londra per redigere con i nostri alleati inglesi, francesi e russi uno statuto che stabilisse i principi e le procedure secondo le quali i responsabili della seconda guerra mondiale dovevano essere giudicati. Si era appena convenuto, dopo otto settimane di discussioni, il procedimento penale e consideravamo il 5 agosto 1945 come una data significativa perché definiva come criminali, non soltanto coloro che avevano scatenato la seconda guerra mondiale, ma anche chi avrebbe scatenato guerre future. Erano giorni segnati dal destino in cui gli uomini si battevano eroicamente per i principi della pace e della morale, concentrando la loro energia e la loro intelligenza per la battaglia definitiva contro coloro che avevano osato sfidare e violare tutte le legittime aspirazioni dell’uomo. Fu in questa circostanza che scoppiò la bomba atomica: la sua luce abbagliante accese le speranza e i timori della umanità per il proprio avvenire. La sua torreggiante nuvola radioattiva si librò come un enorme punto interrogativo sugli uomini che stavano lottando per fare valere un codice di etica internazionale duraturo e un sistema sul quale fondare una pace permanente. Ricordo esattamente quale profonda impressione fece la notizia di Hiroshima sulle persone che si trovavano a Londra per preparare il processo di Norimberga.
Un rischioso gioco d’azzardo. Una volta che la notizia ne rivelò la esistenza, molte informazioni sul programma bellico divennero rapidamente di pubblico dominio. Nelle dichiarazioni ufficiali della Casa Bianca e del Pentagono, negli articoli e nelle notizie provenienti dai laboratori e dagli impianti di produzione, poi più tardi nel famoso Smyth Report, la verità cominciò a venire a galla. Era una storia drammatica di prodigiosi sforzi, di brillanti conquiste, di attaccamento al dovere, di generosa cooperazione tra vari gruppi del governo, dell’industria e dei laboratori scientifici. Tuttavia, più di ogni altra cosa, era la storia di un rischioso gioco d’azzardo pienamente riuscito, a magnificent gamble that paid off.
Le reazioni del mondo. La carta stampata del giorno registrava puntualmente le paure, le frustrazioni e le speranze che ancora motivano gli abitanti della terra di fronte alla energia atomica. Infatti, guardando all’indietro, risulta sorprendente quanto poco si sia aggiunto negli anni successivi in termini di nuove idee riguardo alle implicazioni di questo ulteriore strumento di guerra. Dato che mi trovavo a Londra in quei giorni, la maggior parte delle reazioni iniziali alla notizie delle bombe che ho letto e ascoltato provenivano da parte britannica. Tuttavia non erano soltanto reazioni inglesi; erano reazioni peculiarmente umane, le medesime da ogni parte del mondo. Così, a Londra, nei giorni immediatamente seguenti Hiroshima, si era in grado di leggere commenti del tipo seguente. “È davvero sotto la angolatura creativa che questa nuova fonte energetica presenta le maggiori speranze e le più affascinanti possibilità” dichiarava un membro ufficiale del Governo Britannico sul News Chronicle. “Non è affrettato pronosticare che, prima o poi, la energia atomica acquisirà il suo status tanto economico quanto scientifico e passerà a dettare legge in campo energetico.” Lo stesso parlamentare andava oltre profetizzando la opinione per cui “gli USA, in termini di potere politico, possono dominare il mondo. A confronto la URSS è soltanto una forza di secondo piano. Tuttavia, questa situazione non può, nella natura delle cose, durare a lungo.”
Altre rassegne stampa. Sul Sunday Graphic, un fisico americano della Carnegie Institution di Washington scriveva: “Le miniere inglesi di carbone rimangono al sicuro per gli immediati anni a seguire. Eppure, entro la fine del secolo, è probabile che la estrazione del carbone dalle miniere per produrre elettricità e altre forme di energia possa non occupare tanta rilevanza nel sistema economico del mondo quanto ne ha bruciare legna ai giorni nostri.”
Lo Observer notava, prima di altri giornali, la questione della moralità della bomba che cominciava già a influenzare pesantemente la coscienza del mondo occidentale. In difesa della azione intrapresa dagli USA, il suo editoriale scriveva: “Se una miriade di superfortezze volanti avesse bombardato a tappeto il suolo del Giappone secondo i metodi del vecchio stile bellico e con considerevoli perdite di vite umane americane e inglesi, e provocando gli stessi danni distruttivi delle due bombe atomiche, la questione morale sarebbe stata sollevata oppure no?”
La questione dominante della guerra e della pace nella nuova era atomica è ovviamente nelle menti di tutti i cittadini del mondo. Robert Boothby, un membro del parlamento britannico, ha scritto su News of the World: La bomba atomica significa la fine della guerra o la fine della razza umana. Presto, piuttosto che tardi, la bomba dovrà essere affidata nella mani di una autorità a livello del pianeta Terra e dotata di potere effettivo, incaricata del dovere specifico di stabilire per essa un protocollo di leggi internazionali. Alle parole di Boothby, lo Observer rispondeva: quello che intendeva essere, in prima istanza, lo sforzo per mettere in ginocchio il Giappone, si è inaspettatamente trasformato in un ultimatum nei confronti di tutti i popoli della Terra. Li ammonisce infatti a mantenere la pace o a morire. E ancora lo Observer ribadisce: Ringraziamo la provvidenza per la fine della guerra e prepariamoci a stilare i nostri obblighi verso il futuro che sono pensare e pensare a fondo, con sincerità e senso di responsabilità. Tutte queste espressioni comparivano entro i primi cinque giorni dallo sgancio della prima bomba.
Quali sono state le reazioni della stampa USA? Sul Saint Louis Post-Dispatch del 7 agosto 1945, si poteva leggere il seguente intervento del Professor H.A. Wilson del Rice Institute: Qualche autorità internazionale dovrebbe assumere il controllo delle risorse mondiali di uranio per evitare che i principi distruttivi della disintegrazione atomica cadano nelle mani di irresponsabili. Nell’editoriale del medesimo quotidiano era scritto: L’immaginazione tende a compiere un salto in avanti per visualizzare l’uso della energia atomica per il benessere, la salute e la gioia degli esseri umani. Per essere sicuri e garanti di ciò. Molti uomini di ingegno dovranno lavorare, per lunghi periodi di tempo, prima che questi sogni diventino realtà. L’alternativa è una sola: o la gente del mondo – cittadini americani compresi – imparerà a usare l’energia atomica non per usi bellici ma per usi pacifici, o, altrimenti, la scienza ha firmato un certificato di morte per l’intero universo vivente e affida alla formiche una terra in totale rovina. Il New York Times speculava che in innumerevoli settori dell’industria e del trasporto, gli eventi messi in moto dagli esperimenti di controllo presso Alamogordo nel Nuovo Messico e l’uso bellico della bomba a Hiroshima possono rappresentare i primi passi verso una catena di sviluppi tecnologici che influenzeranno profondamente il nostro progresso civile e tecnologico. Tuttavia, aveva anche dure parole di ammonimento: Con l’orribile prospettica di totale annichilazione aperta dalla bomba atomica, è difficile immaginare come la gente di qualsiasi nazione possa volere un’altra guerra. Dobbiamo cominciare sistematicamente a ridurre prima ed eliminare poi tutte le principali cause di guerra.
Da questo punto in poi, quale direzione intraprenderemo? Durante gli stessi giorni, in Inghilterra, il Reverendo W.H. Elliott scriveva eloquentemente sul Sunday Graphic: Nessuna tregua potrà salvarci, nessun equilibrio di potenze avverse, nessun sistema di salvaguardie internazionali. Tutta la questione si riduce a un quesito che giace al fondo del nostro carattere. Siamo in condizione di essere creduti e affidabili se in possesso di una arma come questa? In qualche tentativo di risposta di auspicio, al limite del patetico, il reverendo suggeriva una risposta del tipo: Possibilmente – sosteneva – ciò costituisce lo stimolo estremo di cui il mondo ha bisogno per arrivare alla dignità di una vita dell’uomo, per toccare la spaventosa verità che risvegli i nostri spiriti.
È stato così che l’uomo ha attraversato la soglia di ingresso all’era atomica: con orgoglio, ma anche con umiltà, con speranza e con paura, con fiducia ma colmo di domande ancora senza risposta. Le emozioni sono ovviamente molteplici, le reazioni inevitabilmente diverse e il fatto dominante di questi tempi è proprio quest’ultimo: la miriadi di richieste per le quali non esistono ancora risposte pronte e autorevoli. La guerra è finita, le sue terribile conseguenze rimangono e rimarranno a lungo. È apparso chiaro che gli eserciti erano in grado di smontare i loro apparati e condurre i propri uomini a casa. Tuttavia, con la bomba, questa manovra di smobilitazione non risulta possibile. Nondimeno, essa deve essere gestita. Tra le tante domande, una si eleva infatti al di sopra di tutte le altre. È stata forse articolata dallo Observer, il quale si è chiesto con semplice eloquenza: da questo punto in poi, quale direzione intraprenderemo?
(Gordon Dean, primo presidente della U.S. Atomic Energy Commission, Report on the Atom, Alfred A. Knopf Inc., 1953)
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