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La fissione nucleare compie 70 anni – 19

La fissione nucleare compie 70 anni – 19
Settembre 14
08:54 2009

La storia sconosciuta dell’atomica sovietica (2° parte)

Yuli Khariton e Yakob Zeldovic Un nuovo tema: le fissioni spontanee. Nel 1940, Flerov e Konstantin Petrzhak realizzarono una scoperta di alto livello scientifico: la fissione spontanee dell’uranio, una conseguenza della naturale instabilità dell’uranio e un fenomeno che si dimostrerà cruciale per la regolazione delle reazioni a catena controllate nei reattori nucleari. Prima che i giovani russi raggiungessero il successo, il noto radiochimico americano Willard F. Libby, più tardi vincitore di un premio Nobel, aveva tentato, senza successo, di dimostrare la presenza delle fissioni spontanee, in due diversi esperimenti.


Esplorando la teoria della fissione. Presso una stanza al pianterreno dell’Istituto di Chimica Fisica, Yuli Khariton e un eccezionale suo giovane collega, il fisico teorico Yakob Zeldovic, avevano cominciato a esplorare la teoria della fissione nucleare. Yuli Borisovich sottolinea un curioso dettaglio – ricorda Zeldovic – noi consideravamo lavorare sulla teoria della fissione dell’uranio una attività laterale del compito istituzionale dell’Istituto e, per queste ragioni, il nostro impegno era limitato alle ore serali, quando non a quelle notturne.
Zeldovic era un ricercatore brillante e originale, non uno studente universitario – commenta Andrei Sakharov – in un certo senso autodidatta, che si era guadagnato un master e poi un dottorato, senza neanche preoccuparsi di studiare e assicurarsi un titolo accademico intermedio. Khariton ricorda: cominciammo fin dal principio a fare calcoli di reazioni nucleari a catena, e arrivammo subito alla conclusione che, almeno sulla carta, una reazione a catena era possibile. Si trattava di un processo che rilasciava un quantitativo illimitato di energia in confronto con altri generatori di calore, senza bruciare né carbone e neppure olio combustibile. Prendemmo la circostanza in seria considerazione. E ci rendemmo conto che era possibile anche la costruzione di una bomba.
Khariton & Zeldovich discussero i loro primi calcoli in un seminario al Fiztekh nella estate del 1939, descrivendo le condizioni necessarie per una esplosione nucleare e fornendo stime della sua tremenda potenzialità distruttiva. Una bomba atomica – spiegò la giovane coppia intraprendente di fisici – poteva distruggere l’intera città di Mosca.
Sul fronte orientale: tre articoli pionieristici. Khariton & Zeldovich avevano avvicinato ardui problemi di fisica nucleare come principi fondamentali, e tali erano gli argomenti trattati, calcolando con attenzione tanto ciò che era possibile quanto quello che non lo era. Nel primo degli articoli antesignani della fisica della fissione, la coppia pubblicò, negli anni 1939 e 1940, sulla rivista russa Journal of Experimental & Theoretical Physics, articoli che rimasero ignorati al di fuori dell’URSS, che dimostravano come una reazione a catena di neutroni veloci non era possibile nell’uranio naturale. Come conseguenza, si rendeva necessaria la separazione isotopica se l’intenzione era quella di costruire una bomba all’uranio.
Un secondo, e più esteso, articolo spedito, alcune settimane dopo, in data 22 ottobre 1939, sviluppava importanti principi fondamentali della fisica dei reattori.
Khariton & Zeldovich avevano correttamente identificato un collo di bottiglia che i fisici sperimentali avrebbero dovuto aggirare per costruire un reattore operante con uranio naturale. Visualizzare un neutrone vagante in una massa di uranio naturale che incontra un nucleo di U-235, penetra al suo interno e ne causa la rottura in due pezzi, sotto forma del processo di fissione. I due frammenti risultanti volano uno lontano dall’altro, una frazione di secondo più tardi vengono emessi due o tre neutroni secondari. Se questi neutroni secondari veloci incontrano altri nuclei di U-235 essi mantengono in vita e/o amplificano la reazione a catena. Tuttavia, all’interno dell’uranio naturale, esistono più nuclei di U-238 che nuclei di U-235. rendendo la probabilità di un incontro del primo tipo assai più elevata di quella di un incontro del secondo tipo. Inoltre l’U-238 tende a catturare i neutroni veloci. Nondimeno, il nucleo di U-238 è particolarmente sensibile a neutroni in possesso di una energia critica pari a 25 eV, una forma di sensibilità che i fisici denominano risonanza. D’altra parte, il nucleo di U-238 risulta opaco nei confronti di neutroni lenti. Per costruire un reattore funzionante, Khariton & Zeldovich realizzarono, sarebbe stato necessario rallentare i neutroni secondari veloci portandoli al di sotto della risonanza da 25 eV del nucleo dell’U-238. Il modo per realizzare questo processo di rallentamento, Khariton & Zeldovich proposero, era quello di far cedere ai neutroni veloci parte della loro energia facendoli colpire nuclei di atomi leggeri, come per esempio, l’idrogeno. In conclusione, allo scopo di raggiungere una reazione a catena nell’uranio naturale – scrivevano Khariton & Zeldovich – era necessario un robusto rallentamento dei neutroni, che poteva essere realizzato nella pratica tramite l’aggiunta di un significativo ammontare di idrogeno. La sostanza che rallenta i neutroni prende la denominazione di moderatore.
Alla ricerca di moderatori. La maniera più semplice per mescolare uranio e idrogeno sarebbe quella di formare uno slurry (“una miscela omogenea”) di uranio naturale e acqua ordinaria. Tuttavia, Khariton & Zeldovich dimostrarono, in questo secondo articolo, che una tale miscela non sarebbe in condizione di sostenere una reazione a catena, dato che idrogeno ed ossigeno catturano anche loro i neutroni lenti e in un reattore alimentato ad uranio naturale tali catture sottrarrebbero talmente tanti neutroni da impedire la criticità del reattore. Importanti conseguenze discendono da questa conclusione negativa.
(1) La prima è che invece di usare l’idrogeno contenuto nell’acqua ordinaria, si potrebbe usare l’idrogeno pesante – noto come deuterio, H2 o anche D, un isotopo dell’idrogeno con minore appetito per i neutroni del suo isotopo più leggero – forse sotto forma di un liquido raro e costoso, chiamato acqua pesante. In un articolo di rassegna pubblicato nel 1940, Khariton & Zeldovich proposero il carbone e l’elio come altri possibili moderatori, entrambi materiali che più tardi confermarono la loro validità. Alternativamente, scrissero i due fisici sovietici, una altra possibilità giaceva nell’arricchimento dell’uranio naturale tramite un incremento del suo isotopo U-235. Essi calcolarono che l’uranio naturale arricchito dallo 0.7% (percentuale naturale) all’1.3% in U-235 avrebbe funzionato in una soluzione omogeneo con l’acqua naturale.
In un terzo articolo sottoposto per la pubblicazione nel marzo 1940, Khariton & Zeldovich identificarono due processi naturali che avrebbero reso facile e completamente sicuro iniziare e controllare una reazione a catena in un reattore nucleare. Il processo di fissione avrebbe riscaldato la massa dell’uranio e causato la sua espansione, la quale a sua volta avrebbe incrementato la distanza che i neutroni avrebbero dovuto viaggiare per causare le successive fissioni: questo incremento di cammino avrebbe ridotto la moltiplicazione del sistema, permettendo alla massa dell’uranio di raffreddarsi e di incrementare la moltiplicazione all’interno del reattore stesso. Questa oscillazione naturale poteva quindi essere controllata dall’aumento o dalla diminuzione del volume dell’uranio. Un secondo processo naturale – il contributo alla moltiplicazione causato dalla presenza di neutroni ritardati emessi dalla fissione, il quale avrebbe significantemente aumentato il periodo di oscillazione – si rivelò in un secondo tempo ancora più determinante per il controllo del reattore. Apparentemente, i critici all’interno della comunità scientifica sovietica avevano individuato nella sicurezza un punto debole (e, comunque, da attaccare). Khariton & Zeldovich misero in vigorosa discussione quelle che essi definivano le affrettate conclusioni sul pericolo estremo degli esperimenti con grandi masse di uranio e le catastrofiche conseguenze di tali esperimenti. Grazie alla presenza, da loro individuata, dei due processi naturali appena menzionati (effetto termico e presenza dei neutroni ritardati), Khariton & Zeldovich furono in grado di controbattere che le conclusioni allarmistiche dei critici anti-nuclearisti non corrispondevano alla realtà.
Il libro teorico della fisica dei reattori. Khariton & Zeldovich riassunsero queste antesignane e notevoli osservazioni teoriche nella introduzione al loro terzo articolo. Ecco le loro precise parole:

 

Si possono avanzare le seguenti ipotesi, dato che la mancanza di verifiche sperimentali preclude ogni tipo di asserzione categorica. Applicando tecniche appropriate, si può creare una grande massa di uranio metallico sia miscelando l’uranio naturale con sostanze che possiedono una ridotta sezione d’urto di cattura (per esempio, acqua pesante) sia arricchendo l’uranio naturale con l’addizione del suo isotopo U-235. A quel punto sarà possibile stabilire condizioni operative in cui processi di ramificazione di catene neutroniche innescheranno reazioni esotermiche 5 milioni di volte più energetiche di quelle ottenibili attraverso il bruciamento di una comparabile massa di carbone. La abbondanza e il costo dell’uranio permetterà sicuramente la realizzazione di molte e interessanti applicazioni pratiche di questa enorme quantità di energia termica. Quindi, a dispetto delle difficoltà tecnologiche e di taluni aspetti di scarsa affidabilità delle direzioni indicate, noi contiamo, in un prossimo futuro, su impegnativi tentativi di realizzazione del processo descritto.

(Richard Rhodes, Dark Sun, The Making of the Hydrogen Bomb, Simon & Schuster, 1995)

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