La fissione nucleare compie 70 anni – 13
Le molteplici caratteristiche della fissione nucleare (prima parte)
Il percorso teorico dalla fissione nucleare alla bomba atomica. Riprendiamo dall’inizio la descrizione della fissione nucleare, per esempio dell’uranio-235 da parte di un neutrone lento incidente, dotato cioè di una energia cinetica dell’ordine di qualche frazione di elettron-volt (eV). Torniamo così, a fini puramente narrativi alla conversazione tra Otto Frisch e la zia Lise Meitner, nella antiquata sala di soggiorno della pensione sulla costa svedese vicino Goteborg. Sostiene Frisch: A poco a poco, apparve chiaro che la scissione del nucleo di uranio in due parti quasi uguali doveva essere concepita da diversi punti di vista strettamente fisici. Ci si doveva raffigurare, dopo l’assorbimento del neutrone incidente, una graduale deformazione del nucleo originale, il quale si allunga. Assistiamo poi alla formazione di una strozzatura e finalmente la separazione delle due metà. La affinità che balza agli occhi è quello con il processo di scissione delle cellule di batteri o bacilli che si moltiplicano, attraverso il proprio dimezzamento, ci indusse ad adottare nella nostra prima pubblicazione l’espressione fissione nucleare. Quell’articolo fu composto assai faticosamente, per telefono, data che la professoressa Lise Meitner si trovava a Stoccolma, mentre io ero tornato a lavorare a Copenhagen.
Il suggerimento di un biologo. Fu il biologo americano James Arnold, il quale lavorava anche egli presso l’Istituto di Fisica di Copenhagen presso Niels Bohr, a proporre a Frisch, in base alle descrizioni che questi gli fece, il termine tecnico attinto dalla propria disciplina. Per la cronaca, Otto Hahn, chimico, usava per quel processo il termine esplodere (in tedesco, “zerplatzen”).
I processi coinvolti nella fissione nucleare. Evidentemente, esistono almeno cinque implicazioni nel fenomeno della fissione nucleare:
(i) la spaccatura del nucleo di uranio-235, da parte del neutrone incidente, in due frammenti pesanti quasi la metà del nucleo di uranio, elettricamente carichi;
(ii) data la velocità quasi nulla del neutrone, il baricentro del sistema complessivo prima dell’urto è fermo, e tale sarà dopo l’urto: se ne deduce che i due prodotti di fissione si allontanano in versi opposti con energia cinetiche uguali;
(iii) la energia derivante dal fatto che la somma delle masse dei frammenti à minore della massa del nucleo originario di uranio mette a disposizione circa 200 Mev di energia, una grossa percentuale della quale viene suddivisa tra i due frammenti;
(iv) questa energia cinetica dei due frammenti elettricamente carichi viene rilasciata sotto forma di calore nel mezzo in cui i frammenti si propagano; questa circostanza rende possibile, sotto il profilo squisitamente teorico, tale calore sia per la realizzazione di un reattore di produzione di energia elettrica sia per una eventuale bomba;
(v) oltre al bonus energetico, la reazione di fissione dell’uranio-235 provoca il rilascio di uno, due o tre neutroni liberi di fissione che sono quindi disponibili per continuare e fissionare il resto dell’uranio a disposizione e indurre in tal modo una reazione a catena in grado di autosostenersi.
Una difficoltà quasi insormontabile. Nelle innumerevoli discussioni dei primi mesi del 1939, tra Bohr e Fermi, ma anche tra tutti coloro che sono inevitabilmente coinvolti nella più grande impresa del secolo, aleggia però come un minaccioso fantasma un dubbio di concrete dimensioni problematiche. Appare infatti chiaro che soltanto una ridottissima parte dell’uranio naturale possa subire fissione. La frazione percentuale è così ridotta da sconcertare e intimorire qualsiasi rosea previsione. Più del 99 % dell’uranio naturale è costituito dall’isotopo U-238 non fissionabile: soltanto lo 0.7 % risulta costituito dall’isotopo U-235 fissionabile. Non è tutto. L’isotopo U-238 fagocita neutroni senza essere sottoposto alla produzione di reazioni di fissione nucleare e, quindi, se non altro come quantità materiale inerte, si pone come serio antagonista alla reazione di fissione. La difficoltà potrebbe essere aggirata se esistesse un metodo di separazione tra i due isotopi U-238 e U-235: ma questa separazione costituisce un compito molto ingrato da risolvere. E rimarrà tale ancora per qualche anno. Sono infatti noti alcuni processi di separazione dei due isotopi: ma in quantitativi assai ridotti e per esigenze di laboratorio. Pensare di separare gli isotopi su scale commerciale appare ai fisici, agli ingeneri delle ditte coinvolte nell’eventuale progetto, ai militari che ambiscono la leadership nella gestione dell’intero e, finalmente, ai politici che intendono manovrare l’intera operazione dai segni di Parlamento e Senato, di stanza a Washington appare per tutti un sogno irrealizzabile.
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