LA DOTE ALLE ZITELLE POVERE
Un racconto che far comprendere l’importanza del fondamento storico che ha ispirato Giulio Montagna nel fondare del 1989 il gruppo delle Zitelle Velletrane.
LA DOTE ALLE ZITELLE POVERE
Nella concezione contemporanea il termine Zitella, può suonare strano, magari mala interpretato come qualcosa che denigra la donna o la pone su un piano negativo nei confronti del ragazzo di oggi. Qualcosa di cui vergognarsi insomma. Con queste brevi note, lo spazio che ci può essere concesso da un giornale, cerchiamo di raccontare invece il fondamento storico su cui è basato il gruppo delle Zitelle Velletrane.
Questo lo riteniamo importante per aiutare a capire le nostre ragazze di oggi che indossare i costumi che Giulio Montagna ha fatto realizzare con grande sacrificio deve essere un vanto, no motivo di vergogna o di bullismo da parte dei loro amici o amiche.
Torniamo per un attimo nella società del XVIII – XIX secolo, in quegli anni la condizione della donna, non per nulla quella di oggi. Anche la condizione di vita per molti aspetti non era affatto quella di oggi, molte famiglie vivevano in uno stato di povertà estrema, al povero padre artigiano, che faticava ogni giorno nelle tante botteghe disseminate tra i vicoli di Velletri non bastava quello che guadagnava per assicurare alla figlia o alle figlie la possibilità di un matrimonio dignitoso.
In quegli anni per un padre non nobile avere più di una o più figlie femmine non era affatto una gioia, provvedere alle loro doti era una necessità sociale e spesso per farlo il povero genitore doveva cercare di fare miracoli. La strada che si prospettava a quelle ragazze la cui famiglia non poteva assicurare loro una dote era o quella del convento (la dote per una monaca era minore) oppure la strada della prostituzione.
Per cercare di migliorare questa condizione sociale e salvare più ragazze possibile nacque anche a Velletri come a Roma l’istituto del maritaggio. Consuetudine presa dalle Arciconfraternite e Confraternite locali e dal Capitolo della Cattedrale. Le prime erano e sono delle associazioni laiche di fedeli, il secondo all’epoca era il collegio dei sacerdoti più vicino al Vescovo, quasi una sorta di senato.
Cosa facevano queste nobili istituzioni. La prima ad avere il merito di cercare di salvare alcune ragazze è stato dell’Arciconfraternita del Gonfalone che prima nella Chiesa di San Giovanni in Plagis, forte di lasciti e legati testamentari estraeva un numero imprecisato che la storia con ci ha tramandato di doti l’anno. Secondo Giulio Montagna tutto questo iniziò all’alba del 1400 ed ebbe termine quando nel 1449 quando i confratelli dovettero riedificare dalle fondamenta la Chiesa di San Giovanni in Plagis dove avevano sede.
L’estrazione della dote, non va intesa del mero significato materiale, ovvero che venivano date alle ragazze lenzuola o altro, ma si trattava di una cospicua somma con la quale si poteva provvedere all’acquisto della dote e mandare dignitosamente la giovane all’altare. Altre confraternite a Velletri facevano la stessa pratica una era quella del Suffragio che aveva sede in Cattedrale che il 12 Marzo giorno della sua festa maritava quattro zitelle e una quella della Pietà che aveva sede a Santa Maria in Trivio.
Ovviamente le ragazze prescelte a godere di questo privilegio avevano anche degli oneri, principalmente quello di prendere parte alle processioni che all’epoca si svolgevano in città. Il capitolo della cattedrale invece forte del cospicuo lascito del canonico Salvatore Scandelloni ammontante a 7.500 scudi estraeva otto doti da dare ogni anno a otto povere fanciulle assegnando ad ognuna fra veste e denaro.
Il termine veste si identifica in una stoffa rossa che veniva data alle ragazze estratte con la quale si potessero preparare il vestito per partecipare alla processione del SS.mo Salvatore che si svolgeva nella Festa dell’Assunta, visto che l’estrazione era a fine Luglio.
Mi limitò a queste brevi note. Convinto che ci avrà la bontà di leggerle possa capire appieno l’importanza del fondamento storico di cui parlavo all’inizio e convintamente si avvicini al gruppo e contribuisca fattivamente alla sua rinascita consentendo al “sogno” di Giulio Montagna di proseguire.
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