La depressione nei tempi antichi
Nel 1999 il nostro collaboratore che ha sempre firmato con lo pseudonimo “Valmont” propose di pubblicare nelle pagine dello storico periodico cartaceo “Controluce” una serie di articoli mirati a descrivere la sindrome depressiva legata alle leggende e alla cultura europea medievale.
La descrizione si è dimostrata verosimile ed ha evidenziato come molte delle convinzioni di allora, errate o corrette, siano considerate nello stesso modo anche ai nostri giorni.
Questo progetto fu accolto dalla redazione e proseguì con quattro articoli nell’arco di sei mesi (la nostra rivista culturale aveva una cadenza di pubblicazione bimestrale).
Ora, a distanza di oltre venti anni, abbiamo raccolto quel lavoro, in una veste editoriale classica, nella nostra collana editoriale “Saggistica”.
Il testo originario è stato corredato di numerose immagini storiche per rendere la lettura più scorrevole e più ricca di particolari.
Armando Guidoni
I Greci la chiamavano melanconia
Se si volesse scrivere una pur breve storia della depressione psichica occorrerebbero almeno un centinaio di pagine; è perciò opportuno limitarsi per ora a un breve cenno introduttivo e rimandare al futuro qualche esempio più specifico. I medici greci della scuola di Ippocrate (460 a.C. circa – 377 a.C. circa), facevano dipendere lo stato di benessere dell’individuo dall’equilibrio di quattro fluidi, detti umori: sangue, bile, atrabile o bile nera e flegma. Essi attribuivano i mali dell’anima ad un eccesso di atrabile e per questo motivo adottarono il termine melanconia, derivandolo da due parole della loro lingua: mélaina (nera) e cholé (bile) [melaina cole = melancolia].
Una conferma dell’esistenza materiale di questo umore nero era data dalle risultanze relative all’uso dell’elleboro nella cura delle turbe psichiche. Si trattava in effetti di una pianta dai devastanti effetti purgativi ed emetici, che portava inoltre spesso alla rottura dei vasi sanguigni, con conseguente colorazione rosso-nerastra delle feci; succedeva quindi quasi sempre che i medici e, soprattutto, i parenti degli ammalati si convincessero che fosse stata imboccata la via terapeutica giusta, proprio perché sotto i loro occhi avveniva, attraverso la via più naturale, la sospirata evacuazione del nero vettore melanconico. […]
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