La cultura diffusa del BiblioUp festival
In tanti casi si son potute toccare con mano la difficoltà e la bellezza della creazione artistica, attraverso un percorso accidentato o perfino improvvisato, che d’incanto si illumina del sacro fuoco. Tutti gli angoli della cittadina incastonata tra lago e boschi sono stati riempiti di musica, poesia e immagini, nonché da Il senso estetico / del mangiare, come trasfigura il poeta. L’organizzazione è stata capillare e piacevole, con decine di operatori del Sistema Bibliotecario dei Castelli Romani che assistevano visitatori e partecipanti ai vari incontri.
Dobbiamo segnalare che chi ha pensato la manifestazione ha avuto però una ‘visione’ troppo ottimistica, fissando molti eventi in parallelo, sicché c’è stato un effetto dispersione penalizzante soprattutto per coloro che avrebbero voluto assistere alle performance e non hanno potuto, non godendo del dono dell’ubiquità, e poi per alcuni artisti compressi nei tempi e confortati da pochi spettatori proprio a causa delle ‘contemporanee’. In qualche caso si sono creati equivoci e contrasti su forzate ‘convivenze’. Sarebbe opportuno, per una prossima edizione, una riduzione o concentrazione di spazi ed eventi, con una scaletta temporale meglio studiata.
Fatta questa riflessione, in realtà già emersa all’interno dell’Organizzazione, si deve dire (genericamente, per non far torto ad alcuno) che molte sono state le esibizioni di pregio, con spettacoli raffinati, dibattiti interessanti e letture toccanti. Impegnati a fare da contrappunto o da protagonisti nelle varie attività sono stati i musicisti dell’AMRoC, Accademia di Alto Perfezionamento Musicale Roma Castelli. E qualche disguido logistico si è risolto ‘creativamente’, come quando il noto e nobile cantastorie Daniele Mutino ha scelto, in linea con la filosofia ispiratrice della sua preziosa missione e dell’intero festival, un angolo caratteristico del Corso per aggregare, sotto il sole e le prime punture di freddo, un pubblico divertito e commosso.
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