La costa di Sperlonga, Sabaudia e la sua duna dopo l’assalto del turismo di massa, la salvaguardia una battaglia persa?
(Serena Grizi) Chi ricorda la striscia di sabbia dorata fra il mare e il lago di Paola? le ville del litorale con le loro palizzate allora poco invasive, la duna pulita sulla quale si rinvenivano le ‘coccole’ del ginepro, pianta pioniera per eccellenza dell’ambiente costiero, una collana di conchiglie colorate sul bagnasciuga a testimonianza di brevi mareggiate o piccole ‘pescate’ fortunate…?
O il paese di Sperlonga con le sue spiagge ad ali di gabbiano, che si stagliava solitaria e candida nell’orizzonte laziale fatto perlopiù di litorali piatti, i profumi dei suoi pini e della produttiva campagna vicino al mare, (pur tra i mille problemi di signorotti locali e mire edilizie ormai, purtroppo realizzate oltre ogni aspettativa)?
La quasi distruzione delle bellezze del litorale laziale più vicino a Roma e ai Castelli Romani, (Ostia, territorio di Castel Porziano e dune (mal conservato), Torvajanica e Ardea con le sue marine), ad opera di eccessive costruzioni; sporcizia diffusa soprattutto dai bagnanti del fine settimana e anche male raccolta, con scarsa attenzione di chi dovrebbe svolgere un servizio pubblico (isole di bidoni mai pulite, litorale non spazzato); vento che amplifica l’areale sporco a causa di quel che si crede di gettare, magari, in un bidone mal chiuso, hanno spostato l’interesse dei vacanzieri romani da quei lidi a quelli di Sabaudia e Sperlonga certo ancora molto belli e meno interessati dal degrado (almeno fino a qualche anno fa). Risultato? Difficile trovare un posto in spiaggia se non lo si è prenotato, almeno a Sperlonga: le brevi cale, oltre le grandi spiagge che contornano il paese, sono state tutte affidate a stabilimenti balneari e ‘servono’ i proprietari di case messe a disposizione dalla paurosa edificazione che anche nel territorio di Sperlonga ha avuto luogo, arrivata al posto delle serre e dei campi coltivati. Ma questo sarebbe il meno, se così si può dire. La spiaggia vicino al paese è interessata da una erosione importante, a detta di molti dovuta alla costruzione del porticciolo turistico che per altro non sembra aver fatto impennare l’economia locale (alcuni servizi sono già abbandonati poiché se per molti, al tempo, sembrava essersi aperta una opportunità, per altri viaggiatori del mare Sperlonga era già diventata troppo frequentata o mal frequentata da chi non ha rispetto per l’ambiente). I ripascimenti con materiale locale avvengono di notte: la piattaforma pesca la sabbia in alto mare e poi ‘rifà’ la spiaggia portata via dalle onde nel loro sempre più forte impatto col bagnasciuga. Inoltre: l’operazione ‘liberi dalla plastica’ promossa dal municipio in provincia di Latina, ha fatto credere a molti avventori che è buona abitudine scolarsi decine di bottiglie di birra e bibite in vetro e alluminio e poi lasciare i recipienti depositati in enormi sacchetti di plastica, mai ritirati, vicino alla torre Truglia e dappertutto nel centro storico. I rifiuti se non si sta attenti insozzano anche la preziosa passeggiata d’acqua dolce che è possibile fare sotto al paese, frutto d’un bellissimo restauro di qualche anno fa… Questo non è più turismo, se assume i contorni di una calata di orda barbarica, ma intanto birra e bibite si vendono….
Sabaudia, avrebbe l’obbligo di tutelare una creatura in più sul suo prezioso territorio fatto di cittadina razionalista, storia lontana e più recente: la duna. Qualche anno fa lo stesso Parco del Circeo si spese affinché venissero rispettati i camminamenti di legno rialzati, e solo quelli, per l’accesso alle spiagge al fine di non calpestare le specie che popolano utilmente e graziosamente il territorio: ginepri, Smilax aspera o stracciabrache, lentisco, fillirea, elicriso Pancratium maritimum, giglio di mare, in splendide delicate e profumate fioriture. Ma nel frattempo questo interesse del turismo di massa, non è bastata nemmeno la ‘tassa’ giornaliera di 8 euro per il parcheggio sul lungomare, ha fatto sì che tra immondizia buttata via occasionalmente e quella mal raccolta (i territori di mare devono fare i conti con il vento che non aiuta a tenere i rifiuti assieme) la duna è ormai piena di rifiuti di ogni genere rafforzati dalla dispersione di mascherine negli anni del covid. Quest’anno i pezzi di spiaggia libera si presentano pieni zeppi di legna secca, grandi tronchi e rami. Gli stabilimenti che non riescono ad integrarli nel loro arredo, qualcuno lo fa magistralmente, li escludono dal loro arenile depositandoli sulla spiaggia libera: questi diventano alveo di raccolta di tutte le grandi e piccole plastiche delle mareggiate (se la spiaggia è piena di plastica il mare ingloberà e restituirà plastica). Sabaudia non ha ancora escluso la plastica dalla propria vendita presso bar e locali vari, anche se abbiamo visto che le campagne disgiunte da una vera educazione ambientale sono vane, e l’altro fenomeno in crescente aumento è quello dell’erosione costiera. Ci sono grosse fette di arenile e duna interessate da fortissime mareggiate: il mare risale la duna più e più volte fino a metà della sua altezza nei punti dove questa è più estesa, inghiotte sabbia e piante e la persistenza dell’acqua salata brucia le radici delle piante pioniere. A quel punto la duna rivestita di vegetazione diventa deserta, non cresce più nulla, vento e nuove mareggiate fanno il resto: questo mentre l’erosione ruba anche parti di spiaggia in basso dimezzandone la consistenza. Qualcuno, coraggiosamente, ha cominciato a costruire palizzate con i legni di recupero per arginare l’effetto dell’acqua e frenare quello della spazzatura in entrata e in uscita sulla duna ma non si è sicuri che il metodo abbia qualche fondamento scientifico. Quella magnifica lingua d’oro sotto il Monte Circeo e la torre Paola è in serio pericolo e, tra l’altro, continua a ‘camminare’ verso la strada d’asfalto che è stata costruita per attraversare il territorio, riprendendosela in qualche modo, e sembrando più prospera in alto che in basso verso il mare, e se il Comune di Sabaudia di concerto con il Parco non mantiene un monitoraggio d’esperti su quel territorio la situazione potrà solo peggiorare: il movimento della duna è certamente naturale, il passaggio estivo di masse di persone, però, non può non tenerne conto. Quella duna non è solo di Sabaudia, questo è chiaro, e forse oggi un contingentamento dell’assalto dei turisti, soprattutto dal venerdì alla domenica, non sarebbe un grande male. Per non perdere un bene che una volta distrutto non potrà essere ricostituito e che è l’unico che porta a Sabaudia turismo, seppure davvero poco consapevole: distrutto quell’ambiente le persone si cercheranno un altro posto dove andare con buona pace di alberghi, bar, ristoranti negozi, in una economia già catastroficamente difficile. Dire qualche no all’imprenditoria locale, ai turisti che vogliono fruire del territorio a modo loro, è una strada difficile da percorrere ma potrebbe fare la salvezza di un territorio, di un arenile, di una ricchezza biologica e paesaggistica che sono di tutti, non solo di chi risiede lì, e bene anche di chi non ne sa valutare l’importanza. Forse di ‘no’ in questi anni ne sono già stati detti, sia a Sperlonga che a Sabaudia, magari con un po’ di ritardo. Anzi: qualche anno fa si racconta d’una cacciata che Sperlonga fece d’un certo turismo ‘alternativo’, il quale però, probabilmente, rispettava di più i luoghi dei molti paganti odierni che passano e consumano sconsideratamente, scattano selfie e lasciano rifiuti, anche nei sacchi, pensando che poi qualcuno li raccoglierà; pretendono ritrovi e ristoranti gourmet e nella nuova imperante ignoranza ‘social’ non conoscono né gusto né cucina, disperdendo i già labili saperi, le possibili tradizioni locali; molti di questi intendono solo scimmiottare alcuni consumatori multimiliardari ‘di tendenza’ che credono anche loro di avere una possibilità infinita di spiagge pulite, di ambienti incontaminati. Modi di essere frutto di possibilità economiche diverse, certo, ma di stesse, identiche, ignoranti, illusioni. A tutto questo, chi può, chi possiede conoscenza, e chi gestisce la cosa pubblica deve poter dire un ‘NO’, con i suoi guadagni ed i suoi costi.
Immagini web: la duna costiera, coccole di ginepro
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