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LA CINTURA DI SCIPIONE L’ASIATICO ARRIVA AL MUSEO LUIGI MAGNI E LUCIA MIRISOLA

LA CINTURA DI SCIPIONE L’ASIATICO ARRIVA AL MUSEO LUIGI MAGNI E LUCIA MIRISOLA
Giugno 21
07:54 2023

Donata da Federica Mastroianni alla Fondazione Museo Luigi Magni e Lucia Mirisola

LA CINTURA DI SCIPIONE L’ASIATICO ARRIVA AL MUSEO LUIGI MAGNI E LUCIA MIRISOLA

Al termine della cerimonia di consegna del SamPietrino D’ORO Marguttiano 2023, Federica Mastroianni anche a nome della sorella Francesca, ha voluto donare pubblicamente alla collezione della Fondazione Museo Luigi Magni e Lucia Mirisola un importante ricordo di famiglia. Si tratta della cintura indossata dal padre Ruggero Mastroianni nel ruolo di Scipione l’Asiatico accanto allo zio Marcello nel film Scipione detto anche l’Africano del maestro Luigi Magni.

Si tratta di una importante testimonianza di un film che rappresenta una pagina determinante della filmografia di Magni sia per la sua genesi che per il tema trattato, prendiamo dalla tesi di Elisabetta Gustini sul cinema del maestro: “Dopo lo strepitoso successo di “Nell’anno del Signore”, Magni ci presenta, attraverso l’accusa che Catone, il Censore lancia agli Scipioni, il declino di un eroe incorruttibile messo in crisi senza pietà sia dal Senato che dalla sua famiglia. Anche in questo caso la sceneggiatura offre spunti per una regia leggera e divertente che racconta una vicenda tra la verità storica e la finzione giocando sulle figure dei due fratelli più acclamati del momento.

Ma attorno a Scipione l’Africano che si snoda l’intreccio il vincitore di Cartagine, schiacciato dalla disumanità del suo ruolo di eroe, dovrà distruggere la sua fama di onestà per ritornare ad essere un uomo. Ritroviamo nell’amara conclusione la coerenza del nostro regista per temi a lui cari sviluppati ed approfonditi anche nei suoi lavori successivi.

Arricchiti da nuovi spunti riscoperti fra i libri di storia e sorrette da minuziose ricerche, le ambientazioni dei film di Magni sono sempre diversi ma le vicende rimangono autentiche, storicamente radicate nella nostra realtà anche se risalgono al tempo dei romani. Il racconto poi deforma, esaspera fino al grottesco non per falsità di rappresentazione ma per comunicare direttamente ed in modo efficace con il grande pubblico, amante soprattutto della commedia.

Erano passati anni dall’altro film su Scipione di Carmine Gallone, un film di regime concepito nel momento in cui in l’Italia si preparava alla Campagna d’Africa. Quella stupefacente produzione, con grandiose scenografie ed affollate scene di massa avrebbe dovuto tradurre in immagini lo spirito che portava alla grande Roma a conquistare l’Etiopia.

L’intima ambientazione voluta e creata da Lucia Mirisola è già una scelta critica nei confronti della retorica di regime; ora, fra i ruderi, non si aggirava solo Faustina ma anche il grande Scipione, Catone e tutti gli altri principi del foro. Non ci sono folle osannanti a rispondere alle solenni rievocazioni delle prodigiose vittorie dell’africano, gli impetuosi incoraggiamenti a combattere per la libertà affogano in un pentolone di fagioli con lo zenzero e le cariche a cavallo nelle nuvole di polvere servono solo a sfogare la tensione di un pazzo nostalgico.

Per non parlare del magniloquente discorso di stampo mussoliniano pronunciato dal grande condottiero nel film di Carmine Gallone prima della battaglia di Zama. L’ironia di Magni si scaglia su queste sequenze di chiara matrice propagandistica fascista la sequenza è parodiata da Scipione che, dall’alto di un’erta risponde all’urlo delle legioni desiderose di combattere con un romanesco e ben poco trascinante “boni … boni”.

Anche in questo film Magni, presenta la storia in modo colloquiale e familiare: i personaggi della vicenda si esprimono ancora in romanesco pur evocando l’antica Roma e lo schema è quello del romanzo popolare che intreccia i temi di grande attualità, come le scelte personali della donna, la famiglia, il divorzio, la libertà del popolo, il senso della storia, con gag ironiche e divertenti.

Un cast di spessore Silvana Mangano, Ruggero e Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman divi amati dal pubblico si trovano a dover affrontare una situazione quanto mai realistica parlando il loro dialetto ed esprimendosi con totale aderenza alle loro origini.

La narrazione filmica non evidenzia un proprio codice di comunicazione si ha l’impressione che il regista venga trascinato dalla vicenda senza che questi possa imporre alcuna scelta stilistica al materializzarsi spontaneo della realtà davanti alla cinepresa. E lo spettatore ritrova questa sensazione nelle inquadrature, gli ambienti vengono mostrati da un punto di vista frontale o laterale che dà l’idea precisa della spazialità ma richiamano una prospettiva tradizionalmente teatrale.

La continuità del racconto è sostenuta da frequenti carrelli che dal primo piano indietreggiano fino a farci vedere tutta l’ambientazione: il film si apre proprio con un travelling indietro che, dal particolare dell’elmo di Scipione si allarga presentandoci Cornelia, il giovanissimo Scipione l’Emiliano, la fontana e tutto il cortile della casa di Emilia moglie di Scipione l’Arfricano.

La vicenda si presenta come un processo alla disumana perfezione: Gassaman è sudbolo e aggredisce il suo avversario attaccandolo nel suo punto più debole; il fratello, Scipione l’Asiatico, compagno sui campi di battaglia più che nella vita privata. Interpretato da un insolito Ruggero Mastroianni, l’Asiatico è il vero alter rego dell’insolito protagonista: codardo ladro, attaccato ai materiali piaceri della vita incapace di qualsiasi atto dignitoso: ci viene presentato con un primo piano soggettivo che arriva in conseguenza al dito accusatore dell’imperterrito Catone.

Remissivo e pronto a buttare a mare anche il fratello innocente per salvarsi dalle accuse del Censore. Ruggero Mastroianni offre una ps assolutamente unica recitando magistralmente accanto a Marcello. L’atmosfera giocosa molto deve ai due Mastroianni che riescono a colorire le due situazioni con un umorismo credibile e una comicità mai fine a se stessa lasciando il fondo amaro di una verità riconducibile a frequenti esperienze personali.

Ruggero, è stato uno dei maggiori montatori della storia del cinema italiano ed oltre offrire la sua totale disponibilità a portare sullo schermo un personaggio chiave della storia, supervisiona il lavoro di Amedeo Salfa e collaborerà con Magni in altri capolavori come In nome del Papa Re, Arrivano i Bersaglieri, State Buoni se potete nel quale recita anche sua figlia Federica nel ruolo di Leonetta.

Scipione (Marcello Mastroianni) come gli altri protagonisti dei film di Magni, esprime la sua preoccupazione percorrendo a grandi passi le vie di Roma; queste passeggiate ora in piena notte, ora di giorno, o ancora sul far della sera ritmate  dal rumore dei passi e dal rintocco del bastone che lo sorregge, sono seguite da carrelli che rendono fluidi questi spostamenti e danno allo spettatore la sensazione che in pochi secondi di pellicola il personaggio abbia camminato per delle ore in compagnia dei suoi pensieri.

La struttura lineare del racconto rivela l’esperienza di Magni sceneggiatore e scrittore i movimenti di macchina sono semplici, scoperti e non scompongono l’unità d’azione, il lessico non si avvale di espedienti artificiosi e in molti casi e in molti casi e già un universo autosufficiente di senso.

Zoom e teleobbiettivi servono esclusivamente ad avvicinare il più possibile allo spettatore ai volti e ai dettagli delle cose, i primi piani sono superfici che si dilatano per entrare nell’interiorità del personaggio in una progressiva scoperta della verità della condizione umana o di una realtà contraddittoria e spesso drammatica.

 

Ingegnosi nella scrittura ambigua ed incalzante, i film di Magni sono l’opera artigianale di un autore capace di commuovere lo spettatore rendendolo partecipe delle sue passioni, delle sue indignazioni, della sua schietta solidarietà verso lo spirito laico di un popolo che difende la propria identità e la propria vitalità.

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