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LA BUROCRAZIA E I MILIARDI DEL RECOVERY FUND

LA BUROCRAZIA E I MILIARDI DEL RECOVERY FUND
Gennaio 03
21:53 2021

 

Uno dei vincoli posti dall’Unione europea per erogare il prestito di 209 miliardi di euro all’Italia nel quadro del Next Generation EU è una radicale riforma della pubblica amministrazione. Il tema dell’efficienza della burocrazia accompagna il dibattito pubblico sin dall’unificazione del paese nel 1861; sono stati fatti molti passi avanti, ma ancora non siamo ai livelli necessari per garantire un adeguato sviluppo del paese.

Come si spiega questo stato di cose? Le ragioni sono molteplici. La pubblica amministrazione è stata, specialmente nel secondo dopoguerra, usata per riassorbire la disoccupazione senza particolare attenzione alle capacità professionali; al contempo l’investimento nelle risorse umane e nelle infrastrutture non è stato pari alle sfide che una moderna ed efficiente macchina amministrativa aveva di fronte. Poi è scoppiato, con Mani Pulite negli anni Settanta, il fenomeno della corruzione. Ma la corruzione di chi? Degli impiegati pubblici felloni o di tanti altri?

In realtà in Italia il mancato rispetto delle regole è un fenomeno strutturale, un tratto caratteristico dell’identità nazionale legato, tra l’altro, alla cultura cattolica – a differenza dei paesi protestanti. La corruzione la tolleriamo, almeno fino a un certo punto. La prova? In Italia la quota di reclusi nelle patrie galere per reati finanziari è trascurabile, mentre in Germania è molto alto. La nostra legislazione è alquanto flessibile di fronte al mancato rispetto delle regole – vedi la sequela di condoni edilizi e fiscali. E allora come si difende lo Stato di fronte a questo fenomeno che in altri paesi è certamente meno diffuso e che viene contrastato più efficacemente? Si difende imponendo tutta una serie di vincoli, di controlli, di verifiche, che, inevitabilmente, rende la burocrazia una soffocante costruzione barocca. Si è arrivati al punto che, per realizzare l’Expo di Milano e per costruire il nuovo ponte di Genova, si è dovuto fare ricorso al commissariamento, al di fuori delle regole dell’amministrazione ordinaria. Si può criticare il sistema della burocrazia che, non va dimenticato, al proprio interno annovera tantissimi validi e competenti dipendenti, a cominciare dal personale medico che ci sta assistendo in questa terribile prova della pandemia, ma bisogna volgere lo sguardo anche alle imprese che, a loro volta, mostrano molte luci ma non poche ombre. Prendiamo due esempi. Primo. Durante la pandemia è stato varato un provvedimento per sostenere le imprese in difficoltà attraverso un finanziamento di 25.000 euro: ai controlli è risultato che oltre un quarto non ne aveva diritto. Secondo. Nella sola provincia di Roma si calcola che, nel periodo 2016-2020, oltre la metà delle 3.000 imprese che hanno fatto ricorso al credito automatico di imposta per ricerca e sviluppo hanno sfruttato il sistema per evadere le tasse, non per svolgere studi e introdurre innovazioni – ma il fenomeno si estende a tutto il territorio nazionale. Insomma, pecunia non olet.

Dobbiamo renderci conto che il tessuto etico, morale, civile del nostro paese è ancora troppo fragile e che, di conseguenza, la pubblica amministrazione si trova nella morsa tra inefficienza, endogena e indotta da una legislazione barocca, e corruzione. Ora non c’è scampo: o adottiamo un nuovo patto sociale (più virtù e meno furbizia stracciona) che sotto la “minaccia-opportunità” dei vincoli europei consentirà di migliorare la nostra burocrazia – e ci emenderemo dai nostri “peccati capitali” – o saremo destinati ad un rapido declino. E, se non ci metteremo rapidamente in riga, i 209 miliardi di euro non arriveranno o, se arriveranno, verranno sprecati.

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