La bellezza del somaro, di Sergio Castellitto
Pellicola che può essere definita esclusivamente come una ‘soggettiva generazionale’, rispetto a quello che è il confronto irriverente e piuttosto scontato tra genitori e figli. La bellezza del somaro presenta uno scheletro palesemente ed ironicamente ‘destrutturato’, privo di quel centro, di quel nodo da dipanare; tipico dei film che puntano in alto, per poi ritrovarsi inesorabilmente alla deriva vittime loro malgrado di quelle che rappresentano le ambizioni registiche testuali di partenza. Un buono spunto iniziale, ossia il confronto tra mondi ed età estremamente diverse fra loro, finisce così per perdersi in una serie di scene pseudo-teatrali non propriamente coese al loro interno.
Marina e Marcello sono apparentemente la ‘classica coppia moderna’. Lei psicologa che si è arresa a un lavoro che ormai per certi versi non sente più suo, schiava dei sogni di gioventù, ma soprattutto delle manie dei suoi pazienti che di riflesso si ritrova poi a dover vivere con loro; lui architetto di mezza età con amante venticinquenne a carico, una figlia diciassettenne, Rosa, apparentemente brava a scuola, con cui è riuscito ad instaurare quello che ritiene un rapporto aperto, privo di menzogne e sotterfugi; insomma una famiglia i cui membri indossano una maschera (qui torna il discorso inerente l’impressione di un vero e proprio canovaccio teatrale alla base) più che per gli altri, per lo stesso loro quieto vivere. Intorno, quelli che sono i vecchi amici del liceo, alle prese chi più chi meno con stress lavorativi e familiari vari, nonché matrimoni sull’orlo del fallimento, contornati da strascichi e rancori amorosi; ed un’insieme di ‘pseudo-adolescenti’ che appaiono sempre più simili ai loro genitori, se non maggiormente equilibrati e comunque più preparati ad affrontare quella che si presenta come una società in continua evoluzione, palcoscenico del più banale ‘chi si ferma è perduto’. Rosa confesserà ai genitori di avere un nuovo fidanzatino, non rivelando però nulla di più, compresi i 50 anni di differenza che la dividono con lo stesso. Di qui, l’inizio di una serie di malintesi, fraintendimenti e finte approvazioni genitoriali che mascherano una mentalità non proprio cosi ‘moderna’ come si vuole far credere. Un casale in Toscana, rappresenterà il palco in cui si ritroveranno insieme amici, parenti e conoscenti; pedine di questo gioco teatrale che sembra puntare alla dimostrazione di una bravura recitativa da parte del Cast, piuttosto che ad un film con un senso logico e lineare. Un vero e proprio teatro dell’assurdo che si auto-maschera agli occhi dello spettatore e della logica narrativa stessa.
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