La banda Sacco
La banda Sacco
Andrea Camilleri
ISBN: 9788838931079
Sellerio € 13 e-book disponibile € 8,99
«Armati e assistimati come sono, potrebbero pariri ‘na pattuglia di soldati in avanscoperta e invece sunno pacifici citatini di uno Stato che non li sapi addifinniri dalla malavita organizzata». Probabilmente, in Italia, non saranno mai troppi i libri sull’argomento mafie. Quest’ultimo titolo in ordine di tempo firmato Andrea Camilleri, sembrerebbe non aggiungere nuove verità ad una storia ‘cognita’ come quella della ‘famosa banda Sacco’ che prende le sue mosse negli anni venti del ‘900, già raccontata da Alfonso Sacco, giornalista e membro di questa sfortunata famiglia, nell’omonimo libro.
Il racconto prende il via nell’ambito d’una stimata povera famiglia di Raffadali che col duro lavoro della terra e con la convinzione di reinvestirne i proventi, prima nel miglioramento delle proprie condizioni e poi per costruire qualcosa per il territorio in un’ampia visione socialista, riesce a realizzare gran parte di questi intendimenti. La mafia non li ama, da subito, perché rifiutano di pagare il pizzo sulle nuove imprese e tenta di renderli colpevoli, davanti allo Stato e all’opinione pubblica, di alcuni omicidi. La gente, per contro, comincia ad amarli credendoli gli esecutori di ‘ammazzatine’ provvidenziali di campieri prepotenti e in odore di mafia. I Sacco si trovano in mezzo: dovranno accettare la latitanza, le accuse, i tradimenti all’ordine del giorno, la persecuzione del Prefetto Mori che in epoca fascista rivoltò la Sicilia per combattere le mafie, ma anche i Sacco tentando di tramutarli in briganti. Affronteranno i processi e le sentenze d’ergastolo per tre fratelli su quattro. Sarà Alfonso, autore del libro, a narrarne la storia anche a Camilleri. In questa opera ben scritta, nulla resta della sottile sagacia dell’autore che conosciamo: non è l’ambito delle indagini di Montalbano né quello degli intelligenti romanzi storici. L’autore lascia la leggerezza sotto il peso di qualche certezza riguardo la mafia, la sua ineffabilità e il ripetersi delle sue gesta. Anche le incertezze hanno il loro peso fra letture di atti processuali, la versione dei Sacco, la proverbiale lentezza di una giustizia che per non condannare usa la formula ‘per mancanza di prove’. Lo scrittore sente la necessità di affermare, una volta di più, che non c’è una mafia simpatica: una mafia del prima ‘più ligia ai valori’ e una del dopo, moderna, più scaltra e feroce. Il ‘cunto’ è scritto in dialetto, in appendice, invece, scrive le ‘Considerazioni sui capitoli’ in italiano: anche se i fatti appaiono lontani rispetto alle storie di mafia dei nostri giorni, potremmo considerare questo ulteriore narrato un vocabolario dell’interazione fra i poteri e del danno che, manzonianamente, S. Silvano Nigro stigmatizza in terza di copertina:«(…) i soverchiatori, tutti coloro che, in qualunque modo, fanno torto altrui, sono rei, non solo del male che commettono, ma del pervertimento ancora a cui portano gli animi degli offesi». (Serena Grizi)
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