L’Universo in embrione
Guardiamo il cielo credendo di vederlo così com’è ora ma in realtà compiamo un viaggio sorprendente nel passato. Le immagini dell’Universo che fissiamo sulla nostra retina sono quelle di un passato che è tanto più remoto quanto più distanti sono i corpi celesti da cui provengono, e tutto questo perchè la velocità della luce non è infinita, è enorme ma pur sempre finita: 300000 Km/sec. La stella a noi più vicina, il Sole, è ad una distanza tale (mediamente 149 milioni di km) per cui la luce da essa emessa impiega circa otto minuti per giungere alla Terra, e così l’immagine del Sole che in un certo istante osserviamo è in realtà quella di otto minuti prima. Forse in nessun altro caso si manifesta in maniera più sorprendente il legame fra spazio e tempo, come nel caso dell’osservazione dei corpi celesti. Più guardiamo lontano negli spazi cosmici e più ci allontaniamo nel passato. E’ fantastico, vero? Basandosi su questa semplice idea, gli astronomi si sono messi al lavoro, per vedere com’era l’Universo ‘poco dopo’ il Big Bang, ovvero 300000- 400000 anni dopo, quando l’Universo, la cui età è di circa 13,7 miliardi di anni, corrispondeva all’embrione di un uomo poche ore dopo il suo concepimento. Per avere immagini dell’Universo primordiale, però, non è possibile usare i normali telescopi ottici, qualunque sia la loro potenza. Vediamo perchè. Ormai è universalmente accettata dagli scienziati l’idea che l’Universo abbia avuto origine da una immensa deflagrazione (Big Bang) in seguito alla quale la materia fu proiettata in tutte le direzioni espandendosi in ugual maniera in tutte le direzioni e quindi progressivamente raffreddandosi. Le indagini teoriche consentono di ricostruire l’evoluzione dell’Universo a partire da 10-43 secondi[1] dopo il Big Bang, poichè quello che è avvenuto prima non è interpretabile con le attuali leggi della fisica: tale periodo è chiamato tempo di Planck Semplificando, possiamo dire che fino a circa 380000 anni dopo il Big Bang l’universo era costituito da un gas molto caldo di materia ed energia, ovvero di particelle elementari neutre e con carica elettrica, fra cui elettroni, e di fotoni, cioè era allo stato di plasma, così come lo è tuttora nella parte centrale del Sole e delle stelle. I fotoni sono i quanti d’energia elettromagnetica, ovvero le quantità elementari discrete di energia elettromagnetica di cui è multipla una qualunque quantità d’energia considerata. La loro energia è direttamente proporzionale alla frequenza della radiazione elettromagnetica associata, e quindi i fotoni più energetici sono quelli ai quali corrisponde una radiazione di grande frequenza e piccola lunghezza d’onda, essendo i due parametri l’uno l’inverso dell’altro. La luce è costituita di fotoni con lunghezze d’onda comprese fra 0,7 e 0,4 micron. La temperatura da mille miliardi di gradi Kelvin (0 °K = -273,15 °C) scende a un miliardo di gradi 10 secondi dopo il Big Bang e a 100 milioni di gradi dopo tre ore, consentendo l’inizio del processo di nucleosintesi, cioè di combinazione delle particelle elementari nei nuclei più leggeri degli elementi. Ma è ancora troppo alta e tali ricombinazioni sono instabili e si disintegrano, per cui gli elettroni sono ancora essenzialmente liberi e interagiscono con i fotoni impedendo loro di allontanarsi nello spazio e giungere fino a noi, rendendo l’Universo opaco, cioè non visibile. Dopo 400000 anni circa, l’ulteriore espansione ha portato la temperatura a 3000 °K, diminuendo l’energia cinetica degli elettroni liberi e quindi favorendo definitivamente la nucleosintesi. Inizia l’era del disaccoppiamento fra energia e materia, cioè energia e materia iniziano vite separate. L’Universo diventa trasparente, perchè cominciano a formarsi i primi atomi neutri di idrogeno e i fotoni, non più catturati dagli elettroni, possono viaggiare liberamente nello spazio cosmico raffreddandosi sino a 2,7 °K, e quindi perdendo energia. Giungono a noi non come luce visibile ma come microonde, perchè l’energia che hanno così dissipato ha ridotto la loro frequenza e conseguentemente ha fatto aumentare la loro lunghezza d’onda facendola rientrare nella banda dello spettro elettromagnetico identificata come microonde: fra 0,01 e 10 cm. Allora per ‘fotografare’ le immagini dell’Universo primordiale di 380000 anni dopo il Big Bang, non è possibile utilizare i telescopi ottici, che lavorano nella porzione visibile dello spettro elettromagnetico, ma è necessario utilizzare telescopi che lavorano nella banda delle microonde.
Paolo de Bernardis, fiorentino, 47 anni, professore di Astrofisica e Cosmologia presso il Dipartimento di Fisica dell’Università ‘La Sapienza’ di Roma è riuscito in questa storica impresa, per mezzo di uno di tali telescopi interamente costruito in Italia dall’equipe da lui diretta assieme alla moglie Silvia Masi nell’ambito delle missioni BOOMERanG. Il telescopio è stato installato su una ‘gondola’ portata a quota 40 km da un pallone aerostatico della grandezza del Colosseo, che nell’ultima missione, l’8 gennaio 2003, ha sorvolato per 15 giorni l’Antartide. Per i notevoli contributi dati allo sviluppo della cosmologia, il 24 novembre 2006 il presidente della Repubblica Italiana ha assegnato a Paolo de Bernardis il premio internazionale Balzan 2006 per l’Astronomia e l’Astrofisica Osservative. Il 14 dicembre a Palazzo Corsini a Roma, sede dell’Accademia Nazionale dei Lincei, de Bernardis ha intrattenuto un folto pubblico di studiosi (fra i presenti anche il fisico Giorgio Salvini) con un’affascinante e piacevole conferenza dal titolo Immagini dell’Universo in embrione, ove ha illustrato i risultati, i metodi fisici e la strumentazione degli esperimenti BOOMERanG effettuati negli anni 1998, 2002 e 2003, che gli hanno permesso di ottenere una mappa ad alta risoluzione dell’universo primordiale, la più precisa e ampia finora realizzata. Tali osservazioni forniscono risultati di grande importanza in base ai quali è possibile affermare con una precisione prima mai raggiunta che l’Universo segue la geometria euclidea, cioè non è curvo come ipotizzato da precedenti teorie cosmologiche. Inoltre è stato possibile rilevare fluttuazioni primordiali della densità di materia-energia che confermano l’inflazione dell’Universo primordiale, cioè il periodo di espansione accelerata databile fra 10-36 e 10-32secondi dopo il Big Bang e che nella sostanziale omogeneità dell’Universo possono spiegare la formazione delle galassie e degli ammassi. Infine, le missioni BOOMERanG hanno fornito importanti risultati sulla natura della strana composizione del nostro Universo, così come lo stesso de Bernardis dichiara:‘La materia di cui siamo fatti noi e le stelle occupa appena il 4%. Poi c’è la materia oscura, e già questa è un’ipotesi: occuperebbe un altro 25-30%. Ma manca ancora il 60-70% ed è un rebus enorme. Non abbiamo nessuna entità, né particella, né forma di energia, misurate in laboratorio, che possano spiegare il 96% mancante. È abbastanza imbarazzante: cerchiamo di spiegare l’universo e ce ne manca il 96%’.
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[1] Si ricorda che è 10-n = 1/10n.
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