L’omosessualità non determina automaticamente l’addebito della separazione
La sentenza in questione riporta un caso di separazione determinato dall’abbandono del tetto coniugale da parte della donna a causa di un periodo di forte instabilità psicologica che la porta a staccarsi affettivamente dalla famiglia, a trascurare i figli e persino a frequentare altre donne.
In virtù di ciò il marito chiede la separazione con addebito alla moglie, addebito prima accordato, ma poi negato in appello. Il ribaltamento della decisione si può giustificare facendo riferimento all’articolo 151 del codice civile che, in tema di separazione giudiziale, stabilisce che la separazione può essere chiesta quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all’educazione della prole. È evidente che l’intollerabilità della convivenza per la donna c’è sicuramente stata, trovandosi a non poter più condividere quello status affettivo fondamentale del rapporto coniugale a causa della sua scoperta omesessualità, seppur in considerazione del fatto che ciò non dipendeva da qualche colpa del marito. Omosessualità che evidentemente non dipende da un atto di volontà della donna, da una sua scelta cosciente. L’addebito viene quindi negato poiché non è sufficiente valutare i fatti da un punto di vista oggettivo, ma bisogna anche far riferimento agli elementi di carattere soggettivo, per cui il concetto di intollerabilità può variare a seconda della formazione culturale, della sensibilità degli individui, oltre che dal contesto della vita coniugale. Da ciò si deduce certamente che, rispetto alla donna, l’intollerabilità della convivenza matrimoniale c’è stata non trovandosi più, a causa del nuovo orientamento sessuale, a condividere quell’affezione spirituale ed anche fisica fondamentale nel rapporto coniugale. Si potrebbe d’altra parte sostenere che l’addebito della separazione a carico della moglie andrebbe comunque riconosciuto, poiché quest’ultima ha commesso adulterio e quindi ha violato il dovere di fedeltà. Rispetto a ciò la giurisprudenza è abbastanza oscillante, perchè se sussiste da una parte l’impostazione sopra accennata, d’altra parte si ritiene che l’addebito non sussiste nel caso in cui si accerta che, essendo il rapporto già in crisi, la scoperta dell’omosessualità non avrebbe più consentito di portare avanti il matrimonio. In conclusione si stabilisce quindi che l’intollerabilità della convivenza matrimoniale è maggiore per una persona omosessuale e che quindi l’addebito della separazione non può essere riconosciuto a carico della moglie, come anche non viene stabilito a carico del marito non avendo quest’ultimo assunto alcun tipo di comportamento lesivo dei doveri matrimoniali.
Cassazione civile, sent. 8713/2015
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