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‘Le muse inquietanti’, oltre a essere uno dei quadri più famosi di Giorgio de Chirico, è anche l’opera simbolo della pittura metafisica. In questa tela, realizzata nel 1917, compaiono gli elementi più utilizzati da De Chirico metafisico: piazze vuote in prospettive deformate e manichini al posto di persone. Forme prese dalla vita, che ricordano la vita, ma che non vivono assolutamente. Su di una piazza costruita come fosse un palcoscenico teatrale, tre manichini cercano di muovere la propria immobilità: il primo da sinistra ricorda, per il panneggio delle vesti, le kore attiche. Il secondo si è staccato la testa e l’ha appoggiata ai suoi piedi: una testa che ricorda le maschere africane che tanto ispirarono Picasso e che qui è utilizzata da De Chirico come segno di quella modernità stilistica, come il cubismo ‘in primis’, che l’artista ha sempre rifiutato. Il terzo manichino invece ricorda, per la postura, le statue degli oratori dell’antica Grecia. Sullo sfondo della scena ecco due riferimenti più ‘moderni’: le ciminiere sulla sinistra, espressione della realtà contemporanea e, accanto a queste, il castello di Ferrara, espressione dell’epoca rinascimentale. Tre mondi apparentemente diversi tra loro vengono messi in comunicazione attraverso un collegamento metafisico: presente solamente nella mente dell’artista. Le muse, figure mitologiche che venivano invocate dagli artisti per ricevere l’ispirazione, diventano in De Chirico ‘inquietanti’, perché devono indicare quella strada che va oltre le apparenze, alla ricerca di un senso superiore delle cose: il metafisico .