L’ Arte, la Scienza e il Gran Vecchio
Non sono credente nel senso tradizionale perché, già da ragazzo, non seguo nessuna religione “storica”, rivelata o non rivelata. In maniera spontanea, mi sono sempre riconosciuto come un umile seguace di quella forma di religione (se così si può chiamare) che quasi tutti gli uomini di scienza hanno abbracciato, più o meno consapevolmente, fin dai tempi del grande Leonardo da Vinci, prima ancora che un grande filosofo, Baruch Spinoza, le desse un nome: Deus sive Natura. È la stessa religione “cosmica” di cui parlava Albert Einstein, quando gli chiedevano di quale religione fosse. Ma proprio il più grande fisico del XX secolo, nel momento stesso in cui rifiutava l’idea di un Dio provvidenziale attento ai comportamenti dell’uomo, dedicava tutta la sua vita alla scoperta dei “pensieri del Gran Vecchio”: le leggi da Lui scritte per governare l’Universo.
Da umile cultore di cose scientifiche e da convinto assertore che l’ineffabile Dio (del quale però con estrema arroganza pretendiamo parlarne) non è altro che la Natura, prendo tuttavia in prestito dal sommo Fisico tedesco la sua affettuosa espressione, Gran Vecchio, al posto di Natura, cedendo consapevolmente alla millenaria tentazione dell’uomo di estendere in forma cosmica la sua innata idea di genitorialità.
Ma cosa c’entra tutto questo con l’Associazione da me presieduta, che vuole affermare l’unità della cultura, pur nelle sue necessarie differenziazioni, con una denominazione che sembra un ossimoro: “Arte e Scienza”?
La risposta è immediata: il connubio fra Arte e Scienza non è una invenzione intellettualoide di chi voglia farsi notare con qualcosa che va controcorrente, ma è una invenzione del Gran Vecchio. Per comprenderla, chiedo soltanto qualche minuto di attenzione
Il tramonto è uno dei grandiosi spettacoli che il Gran Vecchio, per dirla con Einstein, ci offre gratuitamente ogni giorno, con una impressionante puntualità matematica. Ma noi umani, abituati e viziati alle meraviglie del Creato, ne siamo quasi sempre spettatori distratti e annoiati. Il poeta ne subisce il fascino, ma ignora la scienza che è la regia di questo grandioso spettacolo. Lo scienziato mediocre, privo di respiro filosofico, lo considera invece soltanto un normale fenomeno naturale. E invece pochi sanno leggerlo come la più grande sintesi di arte e scienza.
Soltanto conoscendo la scienza che assieme all’arte ne è il grande regista, si può apprezzare la eccezionale bellezza di questo spettacolo quotidiano.
Tutto ciò che osserviamo in cielo non è là dove adesso lo vediamo e molto di esso, le stelle, le galassie, in realtà non sappiamo nemmeno con certezza se ancora esiste realmente, per una ragione semplicissima: la finitezza della velocità della luce. Aveva ragione Einstein a coltivare il suo più grande sogno: cavalcare l’onda della luce, per scoprire i segreti del Gran Vecchio. Questo sogno visionario è stato la spinta di tutta la sua opera di scienziato, e il primo grande risultato dell’averlo seguito è stato proprio la Teoria della Relatività Speciale. Tutto ciò che noi sappiamo (o crediamo di sapere) dell’Universo è fondato sulle informazioni che riusciamo ad ottenere dall’analisi della luce che proviene dai corpi celesti.
Noi guardiamo il cielo e non sappiamo che in realtà compiamo un viaggio nel tempo. Il misterioso spazio-tempo di Minkowskj-Einstein è sempre dinanzi a noi e non ce ne accorgiamo. Tutto quello che vediamo in cielo non è là dove adesso lo vediamo e forse nemmeno esiste più, per quel piccolo enorme dettaglio: la velocità della luce, per quanto grandissima, è finita: circa 300 mila kilometri al secondo nel vuoto.
La luce della stella più vicina alla Terra, Proxima Centauri, impiega 4,22 anni per giungere a noi.
Osserviamo il cielo, ma in realtà vediamo un passato di anni e anche di milioni di anni fa.
Il Sole che vediamo in cielo è quello di circa 8 minuti prima, perché la sua luce impiega tale tempo per giungere sulla Terra. Quando il Sole al tramonto lo vediamo prossimo all’orizzonte, in realtà è già tramontato sia per tale motivo sia per un altro fenomeno cui è soggetta la luce, come qualunque altra forma di onda: la rifrazione. Il disco rosso che vediamo nell’atto di tuffarsi sotto l’orizzonte è soltanto l’immagine rifratta del Sole e non quella diretta. Anche per questo motivo, lo possiamo guardare ad occhio nudo, senza alcuna protezione.
La luce quando attraversa strati dell’atmosfera con diversa densità viene deviata dal suo percorso rettilineo, per il fenomeno della rifrazione.
Così pur essendo il Sole già al disotto dell’orizzonte i suoi raggi, poiché attraversano strati di atmosfera a densità maggiore, vengono curvati raggiungendo ancora la Terra per qualche minuto. Ma in realtà, poiché la sua luce impiega 8 minuti per giungere sulla Terra, il Sole è già tramontato fisicamente più di 8 minuti prima.
Già questo sarebbe sufficiente per parlare di una vera messa in scena, da parte del Gran Vecchio. Ma ora il Gran Vecchio ci vuole stupire con qualcosa di più scenografico, degno del finale di un grande spettacolo: inventa i colori, che sono la materia prima dell’arte pittorica.
Ma dobbiamo di nuovo tornare per un attimo alla scienza.
La luce che noi consideriamo bianca è in realtà una mescolanza di colori: perché? La luce dal punto di vista fisico è una oscillazione del campo elettromagnetico che si propaga per onde: è una radiazione elettromagnetica, composta però da tante radiazioni di diversa frequenza di oscillazione. E anche questa non è un’altra “magia” del Gran Vecchio, che l’umanità è riuscita a capire soltanto in tempi recenti, grazie al grande Maxwell? Elettricità e magnetismo, due fenomeni ritenuti separati e distinti per tanto tempo, si sono rivelati invece essere attori parimenti protagonisti di un unico fenomeno: il campo elettromagnetico. Elettricità e magnetismo danzano a braccetto nello spazio, con la grazia e leggerezza di un’onda, trasferendo energia da un punto all’altro.
E qui il Gran Vecchio ci ha voluto regalare la materia prima della pittura, senza la quale questa non esisterebbe: il colore, Ha fatto si, prima di tutto, che i nostri fotorecettori (le cellule sensibili alla luce, coni e bastoncelli) fossero sensibili soltanto a una piccolissima parte dell’ampio intervallo di componenti della radiazione elettromagnetica, quelle che chiamiamo luce e ci consentono di vedere soltanto le forme esterne delle cose.
Pensate quanto diversa sarebbe la nostra idea di bellezza, se invece noi potessimo essere in grado di essere sensibili ai raggi X: vedremmo anche tutto ciò che è all’interno di cose ed esseri viventi! In secondo luogo il Gran Vecchio ci ha voluto regalare oltre che la bellezza delle forme esterne anche quella del colore, con uno stratagemma veramente geniale: far si che le componenti di diversa frequenza di oscillazione della luce bianca fossero percepite dal nostro cervello come diversi colori.
E il tramonto cosa c’entra con tutto questo?
Eccoci alla conclusione. Le componenti della luce con frequenza più bassa, e quindi lunghezza d’onda maggiore, sono percepite dal nostro cervello come colore rosso, mentre quelle con frequenza maggiore, e lunghezza d’onda minore, sono percepite come colore blu.
Al tramonto, quando il Sole è prossimo all’orizzonte i suoi raggi devono attraversare una atmosfera molto ricca di particelle sospese di dimensioni tali da filtrare (per un fenomeno fisico detto diffrazione) le radiazioni di piccola lunghezza d’onda lasciando invece passare quelle di maggiore lunghezza d’onda, cioè quelle percepite da noi come colore rosso, che così colorano il cielo di quelle straordinarie sfumature di rosso che sembrano incendiarlo.
Ora lo spettacolo è completo: non solo vediamo il Sole che in realtà non dovremmo più vedere da più di 8 minuti, ma vediamo tingersi il cielo di rosso, per meccanismi fisici e loro trasduzioni in sensazioni che non hanno alcuna necessità per il normale corso dei fenomeni naturali. Il Gran Vecchio ha voluto trasformare ai nostri occhi semplici fenomeni fisici (finitezza della velocità della luce, rifrazione e diffrazione) in uno straordinario spettacolo illusionista e colorato. Il Gran Vecchio è il più grande ambasciatore di Arte e Scienza.
E poi c’è ancora chi si ostina a dire che Dio gioca a dadi!
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