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L’angioletto

L’angioletto
Maggio 05
17:51 2015

L’angioletto (titolo originale Le Petit Saint)
Georges Simenon
Traduttrice: Marina Di Leo
9788845928192
Adelphi
€ 10,00 anno 2013 e-book disponibile € 4,99
Copertina:

L’angioletto è un libro che racconta la storia di Louis Cuchas che ci mise qualche decina d’anni per collezionare tutti i colori e tutte le immagini per divenire un artista alla maniera Nabis, simile a Pierre Bonnard per intenderci, avanguardia post-impressionista, di cui l’edizione Adelphi mette in copertina l’incantevole quadro La piccola lavandaia, nel quale da una macchia scura immaginiamo una donnina minuscola che trascina un gran cesto di biancheria ed un cane così randagio e quieto che non

riusciamo più a staccare gli occhi dalla scena…Invece L’angioletto è un racconto di tutte le meraviglie del mercato di Les Halles come dovette essere in quel magico passaggio tra ‘800 e ‘900, che attraversiamo dietro alla bellissima e forte Gabrielle dai lunghi capelli rossi, mentre s’avvia all’alba col carretto da verduraia e prende caffè e croissant per svegliarsi, proprio come si farebbe oggi, e conosce tutti presso la piazza d’aste dei mercati generali. No, L’angioletto è la storia sordida e ansiogena d’una donna, una verduraia bella che gira spesso per casa nuda, che riceve decine d’amanti dietro una scusa di lenzuolo nella stessa stanza che divide con i suoi sei figli di padri diversi, fra cui lo spericolato Vladimir, la quieta Alice, i gemelli fuggiaschi…ma è anche la foto d’epoca d’una famiglia piena di vita e di sogni che mamma e nonna crescono il più possibile lontana dai pericoli, forte, disincantata, capace, ansiosa d’andare incontro al mondo. L’angioletto è tutto questo e, increduli, leggendo, si torna ogni tanto a quella copertina magnetica e al prezzo, pochi euro per fare un viaggio dentro il mondo antico, eppure attuale, di rue Mouffetard, fra le sue case umili o eleganti, il rigagnolo nel quale durante i temporali scorrono acqua e immondizia assieme come se non stessimo parlando di Parigi. La critica blasonata ha riconosciuto nello sguardo di Louis quello di Simenon bambino e poi adulto, un rapporto difficile, come l’autore, con sua madre, che Louis risolve amandola in silenzio, come tutti e come tutto ciò che conosce, fino a poterle parlare da pari, un giorno, quando deciderà di dividerne per un po’ di tempo fatiche e timori…Simenon sembra mettere in questa romanzo carico di scene, oggetti, ottimismo, facce, amore fisico e tenero (scritto nel 1964, un periodo favorevole per l’autore), buona parte della storia della letteratura fra il ‘700 e il ‘900: il significato dell’essere cittadini, il rapporto con la campagna, lo scorrere del tempo nella sua accezione minimalista e storica, il rapporto costante col progresso, l’essenza stessa di una scrittura capace e ricca di meraviglia che non si ferma davanti a nessun sentimento, a nessuna soluzione per quanto possa sembrare impervia, con buona pace di alcuni miserrimi consigli dispensati, in questo triste tempo, da qualche manuale di ‘scrittura creativa’. Sarà pleonastico ma, grazie Georges! (Serena Grizi)

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