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Karl Raimund Popper: il problema delle fonti della conoscenza

Karl Raimund Popper: il problema delle fonti della conoscenza
Giugno 30
23:00 2009

Karl Popper“Ogni qualvolta una teoria ti sembra essere l’unica possibile, prendilo come un segno che non hai capito né la teoria né il problema che si intendeva risolvere”. Così si esprime il filosofo Karl Raimund Popper nel suo scritto Conoscenza oggettiva: un punto di vista evoluzionistico. Nato a Vienna il 28 luglio 1902 da una famiglia di origini ebraiche, Popper è stato filosofo ed epistemologo ed è oggi considerato una delle figure più influenti nel panorama culturale del Novecento. Fondamentale per la sua formazione è l’incontro con il Marxismo, avvenuto nel 1919, e la sua adesione all’Associazione degli Studenti Socialisti e al Partito Socialdemocratico Austriaco che lo porterà successivamente, deluso dalle restrizioni filosofiche imposte dal materialismo storico di Marx, ad abbandonare l’ideologia comunista restando un sostenitore del liberalismo sociale per tutto il corso della propria vita. Dopo il Dottorato conseguito nel 1928, inizia per il pensatore un periodo di insegnamento presso alcune scuole secondarie che abbandona a causa dell’avvento del Nazismo che lo vede costretto ad emigrare in Nuova Zelanda dove diviene lecturer di filosofia presso l’Università di Canterbury a Christchurc. Nel 1946 si trasferisce in Inghilterra dove insegna logica e metodo scientifico alla London School of Economics. Si ritira dall’insegnamento nel 1969, pur restando intellettualmente attivo fino al 1994, anno della sua morte.
Popper ha coniato l’espressione razionalismo critico per descrivere il suo approccio filosofico alla scienza; tale espressione implica il rifiuto dell’empirismo logico, dell’induttivismo e del verificazionismo. La sua concezione del metodo scientifico si può riassumere in tre punti principali, ovvero: problemi-teorie-critiche; ci si trova davanti ad un problema, si tenta di risolverlo, proponendo nuove teorie e si impara dai nostri sbagli. Il metodo scientifico è unico, nel senso che la ricerca scientifica, in qualsiasi ambito venga praticata, si risolve in tentativi di soluzione dei problemi nei quali ci imbattiamo continuamente. Per Popper una teoria può essere definita scientifica – come da lui illustrato nel testo Le fonti della conoscenza e dell’ignoranza – soltanto nel caso in cui essa risulti falsificabile: per poter essere vera deve poter essere anche falsa. L’assurto principale su cui si basa la speculazione filosofica del filosofo austriaco è che noi non sappiamo nulla e, a motivo di ciò, la nostra condotta deve essere molto modesta. Il nostro compito è quello di cercare di fare le cose nel miglior modo possibile e di andare alla ricerca dei nostri errori al fine di correggerli. A suo parere, la pretesa di evitare l’errore è un ideale meschino poiché, quando ci si confronta con un problema complesso, la possibilità di sbagliare è alta; l’importante è che l’uomo impari dai propri errori e da quelli degli altri al fine di migliorare se stesso. Popper sostiene che sia l’Empirismo classico sia il Razionalismo sono delle correnti di pensiero fallibili: non esistono delle fonti di verità privilegiate e né l’osservazione né la ragione possono ritenersi fonte di conoscenza. Inoltre, egli propone di sostituire al problema delle fonti della conoscenza una questione del tutto diversa ma altrettanto importante, ossia: in che modo possiamo sperare di scoprire ed eliminare l’errore? Possiamo fare ciò, spiega il pensatore, criticando le teorie e le congetture elaborate dagli altri ma anche criticando le nostre stesse teorie e congetture. Questo è il compito che gli uomini devono realizzare.
Con il termine razionalità Popper si riferisce a un’attitudine critica verso i problemi e la capacità di ricercare in modo conscio i pregiudizi presenti nel nostro modo di pensare. Il razionalista è una persona alla quale importa più di imparare che di avere ragione, che è pronta ad imparare dal prossimo non soltanto criticando le idee altrui ma lasciando che gli altri critichino le proprie. Il vero razionalista non crede di essere in possesso di verità ultime e definitive ma pensa che solo per mezzo della discussione critica si possa giungere a delle soluzioni eque ed avvicinarsi alla verità mediante un compromesso (“io posso aver torto e tu ragione ma per mezzo di un impegno comune possiamo avvicinarci al vero”).
Il fallibilismo epistemologico, vale a dire la consapevolezza che le nostre conoscenze sono smentibili, costituisce per Popper il presupposto per una società aperta, un tipo di società aperta al maggior numero di idee ma chiusa nei confronti degli intolleranti e a chiunque si creda possessore di verità inconfutabili. Una società perfetta è di fatto la negazione della società aperta teorizzata da Popper.
Nell’opinione del filosofo, fu Platone ad inquinare l’intera teoria politica dell’Occidente ponendosi il quesito su chi dovesse detenere il comando all’interno dello Stato. A questa domanda sono state date svariate risposte: alcuni hanno sostenuto che a comandare dovessero essere i filosofi, altri gli scienziati, altri ancora i religiosi o un principe di origine divina. Questa domanda e le relative risposte risultano essere però insostenibili per il semplice fatto che l’impostazione platonica presuppone un popolo o una razza nata per dominare sulle altre. Secondo il parere di Popper, invece, è molto più saggio domandarsi – piuttosto che chi debba esercitare il comando – come si possono organizzare le istituzioni politiche in modo da impedire che governanti incompetenti possano causare dei danni? Il punto non è quindi chi debba comandare bensì come controllare chi comanda.
Il problema delle fonti della conoscenza è stato di recente riformulato in questi termini: se facciamo un’asserzione, dobbiamo giustificarla; ciò significa che dobbiamo essere in grado di rispondere alle seguenti domande: quali sono le fonti della mia affermazione? Popper trova però insoddisfacente questa domanda e spiega che la maggior parte delle nostre affermazioni non sono basate su osservazioni dirette- tranne che per i fatti storici – ma su altre fonti. Molto spesso non apprendiamo le cose per diretta osservazione ma per averlo letto, ad esempio, su una rivista o un’enciclopedia. In questo caso l’empirista, scrupoloso, si chiede come la rivista e l’enciclopedia abbiano ottenuto le informazioni e si sa che i libri sono in gran parte tratti da altri libri e che, in ultima analisi, tali libri attingono ai documenti storici, frutto di osservazioni dirette.
Popper, con il suo razionalismo critico – che si differenzia tanto dall’intellettualismo di Descartes quanto dall’epistemologia di Kant – asserisce che tutte le fonti della nostra conoscenza possono indurci in errore, prima o poi, e che l’unico modo per sperare di scoprire l’errore, e portarlo alla luce, è quello di esercitare una critica costante e sistematica sulle nostre asserzioni e su quelle altrui.

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