Italiani all’estero: ombroso il futuro degli expat laureati
È freschissima la proposta di riforma del programma riguardante il rientro dei cervelli italiani dall’estero. Le modifiche avanzate da Maurizio Leo avranno sicuramente un impatto sulla decisione di rientro di molti di essi. Tutto ciò a fronte di un tasso d’immigrazione ai massimi storici, nonostante il governo vigente continui a dichiarare di voler incentivare l’occupazione e il rientro degli italiani.
Come cambia il rientro dei cervelli per il lavoratori impatriati
Il rientro dei cervelli, il programma volto a incentivare il rimpatrio di lavoratori italiani residenti all’estero, ha subito delle importanti modifiche a seguito della riunione del Consiglio dei Ministri, il 16 ottobre 2023.
Tali modifiche si inseriscono all’interno del programma di fiscalità internazionale della riforma Leo. Il viceministro dell’Economia autore della proposta di riforma sostiene che l’obiettivo sia quello di limitare le pratiche elusive connesse agli sgravi fiscali di alcuni beneficiari del medesimo programma, verificatesi negli ultimi anni.
Tra le proposte di modifica, la più rilevante riguarda il cambiamento dell’abbattimento dell’imponibile, o reddito d’imposta, che passerà dal 30% al 50%.
Inoltre, tale sgravio fiscale è riservato ai lavoratori ad elevata qualificazione o specializzazione, ossia lavoratori ad alta qualificazione o specializzazione che rientrino nei livelli
- 1 (legislatori, imprenditori e alta dirigenza),
- 2 (professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione),
- e 3 (professioni tecniche)
della classificazione istat delle professioni cp 2011.
La proposta, inoltre, introduce il tetto di reddito a 600 mila euro all’anno. Di conseguenza, chi percepisce redditi più elevati sarà soggetto a tassazione ordinaria e non potrà beneficiare dello sconto fiscale.
Da ultimo, il richiedente deve aver trascorso tre periodi di imposta all’estero, al posto dei due anni previsti dal programma prima della riforma.
Italiani impatriati ed espatriati a confronto
Analizzando il seguente grafico, che mostra l’andamento degli espatri e dei rimpatri degli italiani dal 2012 al 2020, si può notare come, a fronte di un crescente numero di rimpatri, corrisponda un aumento degli espatri più che proporzionale. A seguito di una flessione nel 2020 dovuta al Covid-19, nel 2021 75.000 italiani in più rispetto al 2020 sono rimpatriati. Tuttavia, sempre nello stesso anno 94.000 hanno lasciato l’Italia. Di questi, oltre la metà parte da regioni del Nord Italia.
Relativamente ai laureati, di età compresa tra i 25 e i 35 anni, gli espatriati dal 2012 al 2021 sono stati 120.000
Dall’altra parte, i coetanei rimpatriati nello stesso periodo sono stati 41.000; ciò vuol dire che l’Italia ha perso 80.000 laureati in 10 anni.
Per quel che concerne la differenza tra Nord Italia, Mezzogiorno e Centro Italia, il Nord ha azzerato le perdite di laureati grazie a quelli che si sono trasferiti dal Centro e dal Mezzogiorno. Di questi il numero che si è trasferito a Milano negli ultimi effettuando un cambio di residenza è di 73.000
Il Centro, da lato suo, ha azzerato le perdite, mentre chi ha risentito maggiormente del flusso migratorio in uscita è stato il Mezzogiorno.
Questo scenario getta luci inquietanti sul futuro dei giovani lavoratori italiani, in quanto nonostante una buona percentuale continui a rientrare ogni anno, un numero maggiore compie il percorso inverso. I giovani laureati preferiscono quindi espatriare in ricerca di migliori condizioni di lavoro, in un contesto dove l’inflazione e il carovita la fanno da padrone, con i prezzi della bolletta della luce e della bolletta del gas alle stelle, oltre agli affitti, alimenti, indumenti…
Trend immigrazione e incidenza sul PIL
La popolazione straniera residente in Italia ad inizio 2023 è di 5 milioni, pari all’8,6% del totale.
Nel 2022 sono stati rilasciati 338.000 permessi di soggiorno in Italia. Ció è dovuto principalmente al fatto che gli ingressi per lavoro siano cresciuti. In particolare, questo aumento è frutto del Decreto Flussi 2021, approvato e implementato dal governo Draghi. Gli ingressi per il lavoro sono destinati ad aumentare nei prossimi anni a seguito dei decreti del governo Meloni, che a dispetto di una politica elettorale costruita sullo stop all’immigrazione, prevede 120.000 ingressi per lavoro nel 2023 e 452.000 nel periodo 2024-2026.
Il tasso di occupati stranieri è del 60,6%, di poco maggiore a quello degli italiani, pari al 60,1%. Per quel che riguarda gli immigrati, gli occupati si concentrano nei lavori manuali, che rappresentano il 10,3% sul totale.
Da ultimo, i lavoratori immigrati producono 144,3 miliardi di valore aggiunto in Italia, che corrisponde a un contributo al PIL del 9%. Tale motivazione è rappresentata dal fatto che il saldo tra gettito fiscale e contributivo (29,2 miliardi) e spesa pubblica per i servizi di welfare (27,4 miliardi) rimane positivo, pari a 1,8 miliardi di euro in attivo, dato che gli immigrati hanno un basso impatto sulle voci di spesa pubblica come sanità e pensioni.
Quale futuro aspetta gli expat laureati?
È lecito, per gli italiani che possiedono un’alta qualificazione professionale e si sono trasferiti all’estero, chiedersi quale sia il futuro che li aspetta. Le recenti proposte di riforma del rientro dei cervelli discusse nell’ultimo Consiglio dei Ministri non incentivano gli emigrati italiani a tornare nel Bel Paese, mentre incoraggiano la tendenza all’espatrio, come visibile dagli ultimi dati rilasciati dall’Istat. A fronte di ciò, si assiste ad un incoraggiamento della politica immigratoria, con ingressi per lavoro in costante aumento dalla ripresa post-pandemia. Ora spetta al governo riuscire a trovare un equilibrio tra flussi in entrata e uscita di entrambi i gruppi, con l’obiettivo di favorire lo sviluppo del paese senza la dispersione di talenti.
Non ci sono commenti, vuoi farlo tu?
Scrivi un commento