Italia: la storia di Andrea e Senad
Andrea e Senad sono due fratelli di origine bosniaca di 23 e 24 anni, nati e cresciuti a Sassuolo, in provincia di Modena. Hanno studiato in una scuola di Sassuolo e tifano la squadra locale.
Fino a qualche tempo fa erano dei regolari residenti in Italia. Poi i genitori perdono il lavoro e insieme il permesso di soggiorno. Da quel momento, per il nostro ordinamento, i due ragazzi sono meno che apolidi, non avendo un chiaro status giuridico. A seguito di un controllo, il 10 febbraio c.a. vengono rinchiusi nel CIE (Centri di identificazione ed espulsione) di Modena in attesa d’identificazione ed espulsione. L’assurdità (tutta italiana) della loro storia, è che pur provvisti di un documento di identità, non hanno né un passaporto (non sono cittadini italiani) né una patria dove possano fare ritorno (non essendo stati “registrati” entro la maggiore età all’ambasciata bosniaca, la Bosnia ignora la loro esistenza). Quindi non si sa dove espellerli.
I due si sono appellati alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo; in attesa di un pronunciamento da parte della Corte, un giudice di pace di Modena ha stabilito che chi nasce in Italia anche se da genitori stranieri, non può essere trattenuto nei CIE, annullando il decreto di espulsione a loro carico in quanto nati in Italia.
Sentenza importantissima anche per il buon fine delle proposte di legge sulla cittadinanza e sul diritto di voto: “L’Italia sono anch’io”, campagna alle quale hanno aderito circa 200.000 persone che chiedono “Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91 nuove norme sulla cittadinanza”. Nel dettaglio come ha spiegato Lorenzo Trucco dell’Asgi, bisogna “rimettere in primo piano lo ius soli”, cioè che coloro che nascono sul territorio italiano diventino cittadini italiani. “Si richiede solamente che uno dei genitori abbia un permesso di soggiorno di almeno un anno. Ci vuole un rapporto col territorio, che non deve essere un ostacolo insormontabile”. Il testo riconosce inoltre ai minori stranieri nati in Italia da genitori privi di titolo di soggiorno e in Italia entro il decimo anno di età di richiedere la cittadinanza italiana se richiesta entro due anni o su richiesta dei genitori, di diventare cittadini italiani frequentando un corso di istruzione. Per gli adulti, il testo propone di impegnare i sindaci nel ruolo di presentazione al Presidente della Repubblica dell’istanza di cittadinanza di uno straniero residente legalmente in Italia da 5 anni e non più da 10. La proposta di legge “Norme per la partecipazione politica ed amministrativa e per il diritto di elettorato senza discriminazioni di cittadinanza e di nazionalità”, invece chiede di dare agli stranieri in possesso del titolo di soggiorno da 5 anni il diritto di voto in città, province e regioni per il suffragio universale nelle comunità locali.
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