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“C’è stata una mobilitazione straordinaria, le adesioni sono state più di un milione e 200.000″” dice alla MISNA Paolo Carsetti del “Forum italiano dei movimenti per l’acqua”, poche ore prima che le firme per il referendum contro la cosiddetta legge Ronchi, per la privatizzazione dell’acqua, siano depositate presso la Corte di Cassazione.

L’obiettivo è difendere l’acqua come bene comune, da sottrarre a logiche di mercato e profitto. Le norme approvate dal parlamento nel novembre scorso stabiliscono che dal 1° Gennaio 2011 gli enti locali affidino la gestione del servizio idrico a società interamente private o nelle quali la presenza privata superi il 40%. La legge Ronchi accelera in sostanza un processo cominciato anni fa e che, secondo il “Forum italiano dei movimenti per l’acqua”, tra il 1995 e il 2005 ha già provocato un crollo degli investimenti nel settore da due miliardi a 700 milioni di euro l’anno. Incuria e degrado delle reti di distribuzione non hanno però impedito aumenti significativi delle bollette, addirittura del 300% in otto anni come nell’esemplare caso della città laziale di Aprilia. Alla consegna delle firme in Cassazione, questa mattina alle 10, dovrebbe seguire entro febbraio il parere della Corte costituzionale sull’ammissibilità dei quesiti referendari. Poi, forse già nel Giugno 2011, il voto per abrogare la legge. Un cammino ancora lungo e difficile, che si avvale però di un sostegno radicato nell’intero territorio italiano e partecipa di una nuova coscienza diffusa a livello internazionale. “A riaffidare la gestione del servizio idrico agli enti locali – sottolinea Carsetti – è stata persino Parigi, cuore dell’impero delle più grandi multinazionali dell’acqua, Suez e Veolia”. I partiti, i sindacati e le associazioni che da aprile hanno coordinato la raccolta delle firme per il referendum non guardano però solo all’Europa ma anche al Sud del mondo. “La rete internazionale che si batte per l’acqua come diritto umano fondamentale – dicono alla MISNA – si è consolidata a partire dal 2000, l’anno della guerra del agua di Cochabamba. Il pensiero corre alle valli ai piedi dell’altipiano boliviano, ai cortei contro i rincari delle bollette e i servizi inesistenti, all’esercito nelle strade e – finalmente – alla rescissione del contratto della multinazionale statunitense Bechtel.