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Iqbal Masih e i suoi milioni di fratelli *

Iqbal Masih e i suoi milioni di fratelli *
Settembre 11
14:03 2010

In tutto il Terzo Mondo i bambini che riescono a sopravvivere sono una ricchezza, anche economica; quando sono fortunati a 6 anni si curano dei bambini più piccoli; a 8 accudiscono il bestiame; a 10 possono coltivare il riso; a 12 lavorano sotto padrone, nei casi migliori per una misera paga. Bella la seta.

 

Ora arriva nei nostri grandi magazzini a prezzi stracciati. Qual è il segreto? Il segreto si chiama Biren, 8 anni, che come tanti altri ragazzini indiani per poche rupie lavora dalle 7 di mattina alle 9 di sera a bollire i bachi ancora vivi e a filare la seta. Biren si scotta sovente. La sete non si addice alle sue braccia, così ruvide e rovinate. L’Asia è il continente dove il lavoro infantile non solo è più diffuso, ma rappresenta un vero e proprio modello produttivo. Senza considerare il lavoro agricolo svolto dai bambini nell’ambito di un’economia familiare di sussistenza, i bambini asiatici sono addetti ad ogni tipo di produzione, in genere nel settore cosiddetto informale, cioè del lavoro nero e di subappalto: piantagioni, concerie, cave, miniere, laboratori tessili e di giocattoli, fornaci, edilizia, commercio, lavoro domestico e selezione dei rifiuti. Contribuisce non poco a questo fenomeno la delocalizzazione operata dalle multinazionali occidentali in vari settori produttivi, in particolare nel settore tessile. L’esposizione continua a polveri, prodotti chimici, alte temperature e magari scarsa luce (o troppa) danneggia gli organi respiratori, gli occhi, il fegato, i reni. Portare pesi o assumere posture forzate a lungo può pregiudicare lo sviluppo osseo e la crescita. I rumori eccessivi causano sordità parziali. L’assenza di gioco e riposo, l’eventuale lontananza dalla famiglia comportano ripercussioni negative sulla psiche infantile. Devastanti e senza ritorno sono poi gli effetti fisico-psicologici della prostituzione infantile. In Africa lavora un bambino su tre, prevalentemente nell’agricoltura familiare, nell’approvvigionamento di beni essenziali e nel piccolissimo commercio. Ma in Africa, sopratutto nelle regioni centrali, Congo e nella Repubblica Centro Africana per esempio, le orde del Lord’s Resistance Army (Lra) guidati dal messianico comandante Joseph Kony, mettono a ferro e fuoco interi villaggi per saccheggiare tutto ma sopratutto per rapire bambini e bambine: i primi verranno impiegati nella lotta armata, le seconde diverranno schiave del sesso. Le cifre fanno rabbrividire, si parla di diverse centinaia di minori anche al di sotto dei 10 anni. Questo avviene anche nelle regioni dove 19 mila caschi blu dell’ONU dovrebbero proteggere la popolazione. In America Latina, più di 2.000.000 di bambini sono oggetto di sfruttamento sessuale: in particolare, il numero di turisti del sesso che si dirige verso il Centroamerica è in aumento, a causa delle restrizioni e dei provvedimenti contro lo sfruttamento sessuale dei minori intrapresi in alcuni Paesi asiatici. In Brasile, il giro della prostituzione infantile si nutre di meninos da rua, i bambini di strada che a migliaia si aggirano senza fissa dimora nelle metropoli del paese. Qui è facile trovare bambine di otto anni che si prostituiscono sotto il controllo di “protettrici” dodicenni. Questi bambini, che spesso non sono censiti all’anagrafe, vivono una breve vita d’inferno presto consumata da malattia e violenze, e la loro scomparsa non viene nemmeno registrata. A Cartagena, in Colombia, l’industria più fiorente è il turismo sessuale; sin dall’aeroporto i tassisti indicano ai clienti il vasto campionario di bambini e bambine, di tutte le età e colori, che possono fornire. In città, i bar notturni sono pieni di ragazzine seminude, spesso minorenni, messe a servire ai tavoli. Le transazioni si fanno direttamente sul posto e i clienti americani o europei possono consumare in alberghi a buon mercato aperti 24 ore su 24. È notizia recente del primo straniero, italiano per la cronaca, condannato a 15 anni per pedofilia. Il turismo sessuale, che ha per oggetto bambini o adulti, è una delle tante facce dello squilibrio economico mondiale che divide le persone tra “compratori” e “venditori”, anche della dignità e della vita umana.

 

In Italia invece? L’associazione Save the children ha presentato il suo dossier Nuove schiavitù: sono almeno 50 mila le vittime di tratta e sfruttamento in Italia che hanno ricevuto protezione, assistenza ed almeno un primo aiuto fra il 2000 e il 2008; quasi mille le vittime con meno di 18 anni. Nigeria, Romania, Moldavia, Albania, Ucraina le nazionalità prevalenti delle vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale. Oltre 5 mila gli indagati per riduzione o mantenimento in schiavitù e per il reato di tratta di persone. Il rapporto sottolinea poi che sono 4.466 i minori stranieri non accompagnati in Italia; 2.500 quelli seguiti dalla stessa Save the children tra il 2009 e il 2010; i minori sfruttati più a rischio sono afgani, egiziani. bengalesi e romeni. Nel rapporto si pone l’accento sul fatto che nel caso di minori stranieri non accompagnati, si tratta di ragazzi che si lasciano alle spalle situazioni così difficili da essere disposti a qualsiasi cosa pur di non tornare indietro.

«Sguardi di bambini sorpresi nell’incubo. Senza riso nella gola, senza canzoni canticchiate, senza riposo. Senza niente. Solo il sangue che batte sulle tempie. Per portare il corpo che rimane. Sollevare i pesi, tagliare le pelli, segare il metallo, soffiare il vetro, filare il tappeto, mangiare e dormire. (…) Per la miseria di una famiglia, le richieste criminali di un usuraio locale, la crudeltà di un potente di villaggio, la vigliaccheria di un subalterno, le complicità di un funzionario, l’indifferenza di una strada, i silenzi di uno stato, le tirannie di un debito estero… Un’infanzia immersa nel carbone, nella polvere, in schegge di vetro…»

(Sorj Chalandon, dal libro fotografico Enfants de l’ombre, 1993)

* Iqbal Masih nasce nel 1983 vicino a Lahore in Pakistan; a 4 anni viene venduto dalla famiglia; lavora in condizioni di schiavitù, incatenato ad un telaio per 14 ore al giorno e per l’equivalente di 3 centesimi di euro. Riesce a fuggire e a raccontare la sua storia agli avvocati del Fronte di Liberazione dal Lavoro Schiavizzato (BLLF in inglese). Studia e diviene un attivista in difesa dei diritti dei bambini. Grazie a lui tremila piccoli schiavi riacquistano dignità umana e a seguito delle pressioni internazionali il governo pakistano chiuse decine di fabbriche di tappeti. Il 16 aprile del 1995 viene assassinato: aveva 12 anni.

 

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