Invecchiare sui mezzi pubblici e ringiovanire di rabbia
Sono quindici anni che viaggio sui mezzi pubblici di Roma e provincia e ne ho viste di tutti i colori. Si dice che “il tempo cura ogni male” eppure, dopo quindici anni, quando ancora mi capita di assistere a ingiustizie, neanche il tempo può placare la rabbia che a distanza di anni ritorna come se fosse la prima volta. Le multe sui cotral, udite udite, sono arrivate a cento euro ormai (dai cinquanta euro di dieci anni fa). Il comune ha bisogno di soldi, evidentemente, ma ormai si ha la reale percezione che lo Stato ci consideri soltanto quando c’è da spillare soldi, non importa se in maniera giusta oppure no, mentre quando c’è da considerare i giovani per offrire una buona formazione scolastica e universitaria e dei posti di lavoro purtroppo in molti casi ci si lava le mani. Le categorie che ci rimettono di più per le multe salate – e sconsiderate – quasi sempre sono le categorie più deboli, immigrati e studenti “lavoratori senza lavoro” che non hanno diritto a una tessera di abbonamento ridotta.
Multe. Un esempio tra tanti: è domenica e le biglietterie sono chiuse, se sali sul treno il controllore ti fa il biglietto direttamente sul treno facendotelo pagare di più, se sali sul bus invece il controllore neanche ti dice che c’è la possibilità di fare il biglietto sul bus ma ti multa direttamente, fanno due multe e poi hanno finito la giornata di lavoro con duecento euro pari pari che tu guadagni – magari e purtroppo – in nero dopo tre giornate di lavoro al ristorante. Ma questo è solo uno di tanti esempi.
Un altro esempio. Indovinello: secondo voi quale fermata della metro durante i miei cinque anni di università era quella dove più incontravo i controllori? La fermata di Vittorio Emanuele ovviamente, ci sono gli stranieri no? E quanti di loro hanno l’opportunità di pagare davvero il biglietto? Ho lavorato in un centro immigrati dove c’erano ragazzi che pur di non rischiare di prendere la multa sui mezzi di trasporto preferivano non andare alla ricerca di un lavoro e rimanere chiusi nel centro di accoglienza. Quanto aiuto siamo capaci di dare loro in un paese in cui vengono perché scappano da guerre, fame e in cui vorrebbero cercare un lavoro per mantenere i loro cari da lontano?
Per non parlare poi dei ritardi dei mezzi di trasporto e delle corse degli autobus saltate! I ritardi dei treni anch’essi sono solo degli esempi. Ritardi infiniti che i pendolari sopportano a fine giornata di lavoro soprattutto per il treno che da Roma va a Cassino – quello per Frascati per fortuna un po’ di meno – per non parlare di altri, ma uno si chiede se non sarebbe meglio fare a gara sulla puntualità invece di fare a gara a chi fa più ritardo. E la gente la sera prima di tornare a casa tira la monetina sul treno da dover scegliere e che farà meno ritardo. Ma tanto il tempo perso sui mezzi di trasporto quello non conta. E anche se sei un’anziana signora che aspetta l’autobus del cotral alla fermata per due ore e sei pure sotto il sole, in quel caso anche il tempo non conta. Quel che conta sono sempre i conti che sanno farsi loro, i controllori e chi per loro, conti di soldi. Ma chi controlla i controllori? Il sistema di controllo sui trasporti di Roma e provincia purtroppo è una caccia che avviene ogni tanto contro i profughi della democrazia… possono definirsi così le categorie non abbastanza tutelate per quelli che sono i diritti che rivendicano i giovani precari, gli immigrati, gli anziani (per quanto riguarda i giovani si parla di diritto alla casa, al lavoro, all’istruzione e alla possibilità di poter stare fuori casa mentre studiano. In altri paesi è possibile qui no). Ne vediamo veramente di tutti i colori… provando e riprovando sdegno.
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