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INTERVISTA AL PRESIDENTE DEL SINDACATO CRONISTI ROMANI DOTT. PERONACI

Agosto 16
14:03 2024

Dott. Fabrizio Peronaci, lei è giornalista professionista, autore di libri inchiesta, capo del sito del Corriere della Sera a Roma e da un anno anche presidente del Sindacato cronisti romani (Scr). Chi è oggi il cronista e come è tutelato?

“Seppure indebolito dall’avvento dei social network e dall’imperio della Rete, il cronista resta una figura fondamentale del mondo dell’informazione e quindi di una democrazia nel suo complesso. Raccontare la contemporaneità con tutte le sue problematiche e le numerose ingiustizie rappresenta infatti una garanzia assoluta di controllo dell’operato dei pubblici poteri. E da questo punto di vista il cronista, per il suo contatto diretto con i fatti, per il suo recarsi sul posto e verificare le notizie, è figura centrale e insostituibile, in un panorama dei media spesso offuscato da opportunismi, piccolo cabotaggio e pigrizia. Come tutelarsi? Facendo bene il proprio mestiere, senza autocensure o bisogno di compiacere”.

Nella Parte I su “diritti e doveri dei cittadini”, Titolo I “Rapporti civili” della Costituzione, l’art. 15 stabilisce che la “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili” e che solo l’autorità giudiziaria, rispettando le garanzie di legge, può limitarle, con atto motivato. Inoltre, l’art. 21 Cost. afferma che “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero” e la stampa non è soggetta ad “autorizzazioni o censure”. Questi due articoli sono sempre rispettati?

“Domanda molto stimolante e di attualità. In qualunque professione, ma ancor più in quella giornalistica, va tenuto conto del dettato costituzionale, autentica architrave del nostro sistema democratico. Quanto affermato con riferimento al rispetto della riservatezza nelle comunicazioni è sacrosanto, ma va bilanciato con quanto dispone l’articolo 21 della Costituzione, fonte e cardine del giornalismo: la libertà di espressione senza se e senza ma. Nel mio lavoro, sia al giornale sia nella realizzazione dei libri, seguo questa traccia, tenendo in considerazione anche un altro aspetto, il rispetto della privacy e della dignità delle persone, ove i dettagli resi pubblici siano accessori e non abbiano reale incidenza sulla notizia”. 

In generale, qual è il rapporto tra politica, prestigio della testata, proprietà della stessa, direzione del giornale e coscienza del giornalista-cronista?

“La coscienza, unitamente alla professionalità e al rigore con cui si esercita il mestiere di giornalista, rappresenta una guida imprescindibile. Nei confronti della politica non deve esserci nessun timore reverenziale. Ai colleghi più giovani ripeto spesso una massima che mi ha ispirato fin da quand’ero giornalista praticante, tantissimi anni fa: il nostro riferimento e unico padrone, vera e propria stella polare nel lavoro di ogni giorno, deve essere è sempre resterà il lettore. Ciò non significa che non ci si possa confrontare con le posizioni altrui. I rapporti con l’editore e la direzione vanno improntati al massimo rispetto e correttezza, tenendo presente la fisiologica distinzione dei ruoli. E’ vero che negli ultimi tempi le distanze tra proprietà e direzioni si sono accorciate, ma continuo a ritenere sia corretto e auspicabile che restino ambiti separati: il direttore primus inter pares dei suoi giornalisti, e non longa manus dell’editore sulla redazione”.

Il mestiere del cronista è il “cultore della notizia” che deve essere di interesse pubblico, verificata e ponderata nel contesto, elaborata e arricchita dall’attività creativa, seguendo una “istruttoria” completa che implica valutazione e analisi? 

“Il buon cronista è colui che ‘annusa’ la notizia prima degli altri, percependo con spirito quasi rabdomantico ciò che possa interessare all’opinione pubblica, o comunque vada raccontato. In ogni caso, per orientarsi in questo difficile mestiere, basta tenere presente la sentenza-decalogo del 1984, in base alla quale un fatto merita di essere raccontato qualora sussistano i presupposti di verità della notizia e del suo acclarato interesse pubblico. Forti di questi principi, i cronisti non si devono mai fare intimidire da pressioni o altro.  Un fenomeno odioso e in crescita è quello delle querele temerarie, presentate senza alcun fondamento, allo scopo di indurre i giornalisti a evitare certi argomenti, per scansare la seccatura di un procedimento giudiziario a loro carico. È una trappola nella quale non dobbiamo cadere: se si rispettano i criteri con i quali dare le notizie, non c’è intimidazione che tenga”.

L’interesse pubblico come seleziona le notizie di cronaca?

“L’interesse pubblico è un concetto sfuggente, che però il buon giornalista sa interpretare. Esso ricomprende in prima battuta le priorità della contemporaneità e del vivere civile, a cominciare dalle problematiche irrisolte o deficitarie che riguardano la vita dei cittadini”.

Il cronista si focalizza sulla notizia fattuale veritiera oppure accede ad altre professioni, come la psicologia etc, nella sua attività?

“Il cronista, in quanto storico dell’istante, deve innanzitutto saper raccontare in modo approfondito e preciso la notizia di cui si occupa. Per far questo, è necessario un approccio non superficiale, che tenga presenti il contesto, i precedenti, le modalità con cui in passato sono state affrontate situazioni analoghe. Tanto per fare un esempio, nel mio lavoro investigativo sul caso Orlandi, che ha trovato estensione nei libri “Il ganglio“ e “Il crimine del secolo“, ho avuto contatti con docenti universitari, storici e criminologi. Ma anche un approccio sensibile alla psicologia può rivelarsi utile per inquadrare bene i personaggi”. 

Quanto incidono l’etica, la morale e il Codice deontologico nella professione? La notizia deve rispettare comunque la personalità morale in identità personale (es. diritto all’immagine), integrità morale (es. reputazione) e riservatezza (es. privacy) per una rappresentazione attuale e reale della narrazione basata su verità, forma civile e utilità sociale? 

”L’attenzione al rispetto e alla dignità delle persone deve essere intrinseca al nostro lavoro, l’ho già detto. D’altra parte essere corretti dà buoni frutti. Le fonti si fidano di te solo quando percepiscono che non sei interessato al sensazionalismo o a obiettivi personali, ma allo scavo dei fatti per far emergere vicende e verità destinate a restare nell’ombra. In questo senso il giornalismo investigativo si sposa con una forte passione civile, al servizio di tutti i cittadini, per contribuire allo sviluppo del sistema democratico”.

Pulitzer, ne “Il bravo giornalista”, afferma che il suo unico obiettivo fu “la ricerca della verità” (no parzialità e no attività illegale), dove “un giornalista privo di moralità è privo di tutto”, dove il coraggio morale evita “la tentazione, il pregiudizio, la diffamazione e la persecuzione”, ed è istruito, scrive in maniera accurata e chiara, parla d’interesse comune ed è al servizio del bene pubblico. Condizioni sempre attuali? 

“Parole da sottoscrivere in pieno, impossibile non essere d’accordo! Oggi, rispetto all’epoca in cui lavorò il grande Pulitzer, i giornalisti scrupolosi e responsabili hanno un ulteriore dovere, di portata storica: battersi per mantenere l’informazione su un livello qualitativo alto, ancorato all’interesse pubblico e alla lotta contro ogni genere di malaffare, contrastando il livellamento imperante nella Rete causato dalle fake news, dal conformismo nella scelta dei temi e dal deprecabile fenomeno del “taglia e incolla“, in base al quale, ad esempio, io mi ritrovo servizi ai quali ho lavorato per giorni o settimane copiati integralmente da decine di siti e testate, senza neanche la citazione. Uno scandalo, quello del furto sistematico di contenuti giornalistici, che presto dovremo affrontare con i nostri organismi di rappresentanza, in modo severo e risolutivo”.

Nello scrivere un articolo di cronaca – forma civile e stile a parte – è meglio utilizzare tutto il vocabolario italiano, dando valore alla ricchezza della lingua, o utilizzare un numero limitato di parole, anche a rischio di impoverire l’espressione linguistica?

“La risposta è in parte già anticipata: no all’appiattimento e a un’informazione conformista e banalizzante, sì a un lavoro giornalistico basato sull’autonomia di pensiero, sul coraggio della denuncia e sulla non sudditanza ai poteri costituiti. Se poi a tutto questo si aggiunge la ricchezza del linguaggio, restando in standard comprensibili al grande pubblico, la qualità del prodotto non può che beneficiarne. Resta un dato di fatto: ai cronisti non si può e non si deve rinunciare. Le nuove forme di IA mai li potranno sostituire. Farne a meno significherebbe svilire drammaticamente l’informazione ed è per questo che l’intera categoria, a difesa del ruolo dei cronisti, deve mantenere la guardia sempre alta”.

 

 

 

 

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