Intervista ad un esponente della cultura e sport nazionali
Intervista ad un pregevole esponente della cultura e sport nazionali, residente sul nostro territorio.
Roberto Buccione Architetto, atleta azzurro ed olimpico
La A è la prima lettera dell’alfabeto latino, greco, italiano, fenicio e cirillico. L’Alpha e l’Omega aprono e chiudono il vivere ed agire materiale, spirituale, alchemico, di un mondo, dei mondi, di un essere, degli esseri. Tutto respira nello scandire dell’inizio e del traguardo. L’Architettura e l’Atletica, qui nello specifico, sono ritmate dalla costruzione, dal passaggio, dal respirare in collegamento con la materialità e la spiritualità. Simbolo, entrambe, da millenni, di un procedere in verticale ed orizzontale, verso nuove prospettive o Colonne d’Ercole. L’andare nel tempo e con il tempo, con segni e materiali che si uniscono e fondono nell’evoluzione. Ponti, palazzi, strade, stadi, piste, giavellotti, chiodi, metri, rapiscono la mente e la fisicità dell’uomo nel sogni di un mito o del Mito che si può o potrebbe avverare, nel superamento di un ostacolo o di un’asticella, nell’attraversamento di lunghe distanze, nella messa in opera da una matita o cronometro all’Uomo Vitruviano che Leonardo concepisce nell’astrazione centrata dell’Universo. E così ci si imbatte in un volume volendo alchemico, una sorta di atanor, in cui si fondono le linee fisiche, mentali, spirituali, intellettuali di un vitruviano moderno che passa da scarpette da corsa a progetti di costruzione col cestello di un ago meticoloso che intesse i più svariati percorsi. Incontriamo così Roberto Buccione, atleta ed architetto, per toccare con parola questa strana fusione.
E di questo lo ringraziamo
Roberto Buccione, l’uomo delle A. Atleta ed Architetto. Come sono nate queste due passioni o attitudini?
Tutto ha inizio con la scuola, ho frequentato l’ITI Galileo Galilei di Roma negli anni caldi della protesta; il prof. Salvatore Leone di Educazione Fisica organizzò una leva di atletica per il gruppo giovanile della Guardia di Finanza all’interno della Caserma Piave di Roma. Parliamo dell’ottobre del 1966, dalle campestri si passò alla marcia in breve tempo con gare in tutta Italia sotto la guida dell’allenatore Giuseppe Lentini; un’attività agonistica costruita con equilibrio in rapporto con la crescita del fisico. Preso il diploma di perito edile mi iscrissi all’Università Sapienza di Roma e contemporaneamente, a inizio del 1972 mi arruolai nella Guardia di Finanza ed entrai nel Gruppo Sportivo delle Fiamme Gialle. Ricordo che con allenamenti quotidiani il livello dei risultati esplose in pochi mesi, al termine dell’anno ero in Nazionale Assoluta. I primi due anni furono completamente presi da allenamenti, trasferte e gare. Ad inizio ’74 andando ad Ostia ebbe un incidente con l’auto sulla Colombo; il naturale fermo sportivo mi ricordò che avevo superato pochi esami in facoltà e la riflessione mi aiutò in per un vero cambiamento, la mattina ad Ostia per gli allenamenti e il pomeriggio a Valle Giulia/Fontanella Borghese per superare i tanti esami … Nei tre anni successivi con tanta caparbietà misi in equilibrio il conto con l’Architettura studiata…
Nello sport, l’atletica viene considerata la regina assoluta. Come nello studio e nel lavoro, il “fascino” dell’architettura è da sempre molto forte. Per entrambe e soprattutto per la Sua specialità della Marcia, la strada dell’impegno è durissima. Quale è l’anello di congiunzione di questi due universi?
La mia disciplina è stata la 20 Km. di marcia e gli allenamenti richiedevano una quantità giornaliera di chilometri ed aggiungo ad un ritmo sostenuto, ai nostri tempi parlo degli anni settanta fino agli anni ottanti si percorrevano 5.500/6.000 Km. a piedi ogni 12 mesi; questo tanto tempo trascorso sulle piste degli stadi, sulle strade del mondo ti consente di conoscerti a fondo e di scoprire che sei e dove vuoi andare.
Un atleta cos’è? E un architetto?
L’atleta deve migliorare se stesso nei tempi sulle distanze da percorrere nelle varie discipline, si crea un equilibrio personale nei diversi impegni. Quando terminavo la seduta di allenamento nella pineta di Ostia, oggi irriconoscibile, con la mia Dyane velocemente andavo in facoltà per assistere alle lezioni dei vari corsi. Non vi erano soste il tempo andava programmato con molta attenzione; non c’era solo Ostia, avevamo raduni in Italia e all’estero, il tutto con le gare e qualche buona prestazione. Ho ricevuto la Medaglia d’Oro al Valore Atletico nel 1997 per i risultati agonistici ottenuti. L’architetto, nel mio caso deve tentare di offrire, ciò che ha recepito percorrendo le varie strade del mondo, nei progetti destinati alla formazione dei nuovi atleti….
Parliamo di Olimpiadi. Le Sue e quelle che le hanno dato più soddisfazioni, da partecipante, spettatore, nelle organizzazioni e nella presenza egli atleti?
Sicuramente l’esperienza canadese 1976 mi ha dato un’ottima spinta verso la professione; essere della comitiva Italiana non è stato semplice …. È storia passata e posso dire a distanza di tanti anni di aver aperto l’orizzonte domestico; terminata la gara con un discreto risultato, quell’anno avevano escluso la 50 Km. e pertanto la nostra gara la 20 Km. era la sola a Montreal, sono letteralmente scappato dal Villaggio degli atleti per conoscere un Paese molto diverso dal nostro. Il vero spirito Olimpico dovrebbe essere fatto conoscere ai giovani di tutto il mondo. Il termine della mia attività sportiva è coincisa con le olimpiadi di Mosca 1980, mentre salivo sull’aereo mi hanno detto che essendo militare non potevo andare alla mia seconda esperienza olimpica… Ho voltato pagina rapidamente e mi sono tuffato nella mia professione. l lavoro mi ha dato la possibilità di dedicare del tempo alla formazione sportiva degli atleti, con il grande Stefano Simoncelli abbiamo per tre lustri rilanciato il Frascati Scherma ad alti livelli, l’esperienza professionale acquisita nella Federazione Italiana di Atletica Leggera è stata utile per programmare la crescita dei giovani schermitori del nostro territorio.
Come architetto, Lei è legato, tra i tanti progetti, alla realizzazione di impianti sportivi. Cosa serve allo sport per legarsi perfettamente ad una struttura, appunto, sportiva? Ovvero la riuscita di un matrimonio tra un impianto e le discipline?
Per progettare impianti sportivi con le attenzioni che richiedono è necessario averli frequentati e vissuti, le aree di attività hanno delle normative legate alle diverse discipline sportive e questo diventa il vangelo per far quadrare il tutto. Nella nostra attività non ci siamo fermati all’atletica del sempre giro di pista, abbiamo sperimentato tante discipline sportive che hanno allargato il campo d’azione. Devo dire che questa specializzazione può creare qualche barriera psicologica da parte dei nostri clienti/interlocutori che spesso reputano semplice risolvere i percorsi degli atleti, i servizi di supporto, le dimensioni degli spazi sportivi, questo aspetto si presenta spesso con i referenti privati che investono e giustamente devono offrire il loro contributo non solo economico ma anche intellettuale.
Quale è stato il suo progetto che le ha dato più soddisfazioni?
Ne abbiamo realizzati diversi, insieme a me a studio opera mio figlio Matteo, mio nipote Alessio e tanti colleghi professionisti esterni con cui abbiamo costruito una bella squadra. Il primo in classifica è il Palaindoor di Ancona, il tutto è partito negli anni novanta con Il Campo Scuola di Atletica Leggera ad otto corsie, un pistino di riscaldamento, una tribuna spettatori con il completamento di un campo di rugby ed infine la struttura per l’atletica con una pista indoor per l’atletica con sistema idraulico. La lungimiranza della Città di Ancona nel destinare quell’area ad impianti sportivi ed unire l’atletica leggera outdoor con quella indoor; quando incontri una sensibilità diversa e attenta da parte delle Amministrazioni Locali il rapporto diventa più costruttivo.
Lo Stato, come entità superiore, come potrebbe intervenire cosa dovrebbe fare per migliorare la diffusione della “res” sportiva sul territorio?
Il tema non è semplice, come ho accennato al Palaindoor di Ancona dove il percorso è risultato vincente dal momento che gli interlocutori erano nel corso dei vari anni sempre gli stessi e mi riferisco ai dirigenti, funzionari ed assessori per finire al Sindaco Fabio Sturani che ha chiuso il cerchio. Questo esempio di equilibrio gestionale è fondamentale, nel Palaindoor vi è la sede del Comitato Regionale FIDAL, la superficie del parterre unico consente infinite manifestazioni. Il nostro Paese è difficile da leggere, qui vicino a noi abbiamo un esempio di come è possibile non giungere a dama, mi riferisco a Tor Vergata; avendo vissuto quell’esperienza da vicino avendo fatto parte di un gruppo di professionisti che doveva supportare il tecnico incaricato. Le criticità dell’operazione erano chiare fin dall’inizio ed erano state presentate in maniera evidente nelle sedi opportune. Il territorio può essere aiutato con una grande opera di recupero dell’esistente dove ci sono le condizioni; l’altro aspetto di fondo per strutture complesse è la polivalenza della struttura sportiva senza dimenticare il tema della gestione e manutenzione del plesso sportivo; perché tante piscine nel corso degli anni hanno chiuso?
Parliamo del Suo volume “Roberto Buccione architetto ed atleta azzurro”
Devo dire grazie all’amico Vanni Loriga che due lustri fa mi ha supportato nella realizzazione del volume e che è anche superato, in questo lo sport si unisce alla professione, la ricerca del risultato agonistico ti porta ad esplorare te stesso, nella professione non ti puoi fermare e realizzare punti d’incontro per i giovani è motivo di carica per andare avanti.
A conclusione: se Buccione potesse tornare indietro, sempre atleta ed architetto?
Oltre all’ex atleta ed attuale architetto c’è il “Camminare Sempre” che accompagna i fine settimana per dimenticare e smaltire la ruggine che tenta di rallentare il nostro viaggio.
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