Intervista a Sarha una volontaria e cooperante italiana in Argentina e Palestina
D – Come mai hai scelto il Sud America ed in particolare l’Argentina per operare come volontaria e cooperante per lo sviluppo?
R – L’idea é nata da molte letture e da un’innata attrazione verso il Sud America. Ho una laurea in storia e ho approfondito i temi del dissenso e delle rivoluzioni popolari ed armate.
D – Quali sono le motivazioni più o meno importanti che ti hanno portato a fare quest’esperienza in Sud America? Cosa fai di preciso?
R – L’idea é stata semplicemente quella di compiere un viaggio. Poi “per caso” mi é capitato di progettare un laboratorio di fotografia per i bambini della comunità aborigena della Quebrada di Humahuaca (Jujuy, al nord dell’Argentina). Ero con un’amica fotografa di Buenos Aires, un giorno lei ha messo in mano ad un bambino di 4 anni la sua macchina fotografica da diecimila dollari e gli ha chiesto di andarsene in giro per il suo paese (pressoché desertico, costituito solo da una chiesa ed una taverna) a scattare qualche foto. Risultato: la macchinetta era sudicia, piena della polvere rossa del Canyon in cui ci trovavamo, ma le foto erano geniali. Il punto di vista di Georgito ci ha conquistate. É bastata un’occhiata, abbiamo bussato a un bel po’ di porte, ci siamo districate tra gli interessi politici e quelli della comunità ed io ho scritto il progetto. La mia amica lo metterà in atto a partire da giugno 2013. Sarebbe bello se quelle foto arrivassero in Italia per una mostra.
D – Come sei riuscita ad organizzare questo viaggio, dove hai ottenuto i finanziamenti e la preparazione giusta per partire?
R – Ho vissuto e lavorato 3 anni in Inghilterra, lì gli stipendi sono il doppio che in Italia e la vita non costa il doppio come comunemente ed erroneamente si pensa nel nostro Paese. Così mi sono permessa un anno sabatico e ho potuto seguire l’istinto e fare quello che sognavo.
D – Eri già stata in Sud America? In quali altri paesi hai operato come volontaria ed operatrice di pace? Cosa facevi di preciso? Hai ricevuto una formazione prima di partire?
R – No, era la prima volta che partivo per il Sud America. Sono tuttora un’attivista per i diritti umani dell’International Solidarity Movement per cui ho operato in Palestina oltre che in Inghilterra. L’ISM prepara i futuri cooperanti con diversi giorni di training che, nel mio caso, sono stati accompagnati da una mia previa conoscenza della situazione palestinese, grazie anche al mio corso di laurea. Sono poi stata attiva sul territorio italiano ed inglese come trainer per gli attivisti che volevano andare in Palestina. Gli impegni come attivista dell’ISM riguardano la redazione di report stilati sui fatti accaduti quotidianamente sul territorio (io facevo riferimento soprattutto ad Hebron) e la presenza sul territorio che contribuisce a diminuire la violenza dei soldati e dei coloni Israeliani sul popolo Palestinese.
D – Come sono state le tue esperienze all’estero come volontaria e o cooperante? Come ti senti nello svolgere questo compito.
R – Nel mio caso non si tratta di un “compito” quanto di forza di volontà e mancanza di alternative. É la coscienza che decide e difficilmente si può resistere ad essa. I benefici sono tutti per me. Per esempio mi ha permesso di stare al lato di un popolo eroico come quello Palestinese, dalla gigante caratura morale, pieno di affetto e di rispetto verso chi sacrifica il proprio tempo ed i propri soldi per andare a vivere e cercare di capire una situazione drammatica, assurda, inaccettabile per chiunque. In quel popolo ci sono giganti morali che non hanno nessuna presunzione di insegnarti qualcosa, ma che inevitabilmente ti lasciano, col solo esempio di vita, una forza incredibile. Andare lì per capire e supportare, non per aiutare, questo è fondamentale.
D – Cosa cambieresti e cosa secondo te è importante davvero richiedere per il miglioramento delle situazioni in cui ti trovi a vivere ed operare, anche nell’ambito della cooperazione internazionale (per ciò che concerne gli aiuti umanitari, i rapporti con la politica, la visibilità di alcune situazioni attraverso i media…).
R – Dipende da caso a caso. Non nutro purtroppo alcuna speranza rispetto alle capacità ed alla volontà della Cooperazione e dell’Onu, peraltro mai visti sul campo, se non mentre sfrecciano nelle loro auto blindate con i vetri oscurati. In genere a loro mi sono rivolta per avere qualche mappa del territorio, altro non si può chiedere. É pertanto fondamentale invece la rete tra le diverse associazioni che operano sul territorio. Non dimentichiamoci che se la situazione Palestina è importante nell’agenda ONU, è solo perché migliaia di attivisti scrivono report ogni giorno, caricano video su youtube, tornano nei propri Paesi e diffondono quello che hanno visto e documentato. Abbiamo molta più credibilità noi sul nostro territorio, noi che ci spesiamo da soli, che scegliamo di andare lì per dovere di coscienza, che il funzionario Onu o il cooperante della Cooperazione Internazionale che ha fatto un Master a Pavia da migliaia di euro per essere lì.
Non ho avuto modo personalmente di poter guardare da vicino all’operato di queste organizzazioni internazionali, anche se ormai è noto a tutti di come l’Onu abbia ormai perso credibilità di fronte alle ultime guerre americane che aveva cercato di impedire (ma anche molto prima) e di fronte ad altre violazioni dei diritti umani imprescindibili da parte dei vari stati nel mondo. Spero che comunque la tua preziosa esperienza possa servire ai molti che lavorano in questo campo per riflettere ed anche per migliorare questo sistema. Per questo ti ringrazio infinitamente e ti auguro un buon proseguimento.
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