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Intervista a Jenny (Jung-Ae Lee), una volontaria coreana per la pace

Intervista a Jenny (Jung-Ae Lee), una volontaria coreana per la pace
Ottobre 12
16:32 2017

Intervista a Jenny (Jung-Ae Lee), una volontaria coreana per la pace

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Il mondo guarda con sempre maggiore paura alle tensioni tra la Korea del Nord e gli Stati Uniti eppure, a Seoul, Korea del Sud, apparentemente, sembra tutto normale. Forse, le due parti della Korea, che sognano di essere un unico paese, sono abituate a continue crisi, conflitti, aggressioni.
Cosi, la gente va e viene con auto di grossa cilindrata (non si vedono utilitarie), quasi tutte delle marche locali come Hyundai e Kia, che scorrono ordinatamente sulle strade a 5-6 corsie.

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In settembre, a sfidare la paura della guerra e a manifestare per la pace, come ogni anno, ma con più forza data la situazione attuale, HWPL (Heavenly Culture, World Peace, Restoration of Light) un’Associazione coreana non governativa, senza scopo di lucro, affiliata all’Onu, aveva tenuto la terza commemorazione dell’Alleanza mondiale delle religioni per la pace. Circa 1200 ospiti erano arrivati da quasi tutti i paesi del mondo, ma soprattutto da Africa e Asia, a testimoniare le sofferenze dei popoli

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oppressi da dittature, inquinamento, fame, malattie, privazione dei diritti. Colori di pelle ma anche di abiti, fogge, tradizioni differenti si erano mescolati negli hotel lussuosi in cui tutti erano stati alloggiati in modo principesco. Si trattava di leader religiosi, ministri, professionisti, donne, giovani, ma anche persone comuni, commercianti, semplici lavoratori. Il comune denominatore era che stavano operando per la pace nel loro paese e, dopo i quattro giorni fertili di conferenze, lavori, discorsi, sarebbero tornati a divulgare le idee del summit: dobbiamo bandire ogni guerra e conquistare la pace.

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Gli ospiti venivano accompagnati, alle varie conferenze o in giro per la città nei momenti liberi, da ragazze e ragazzi, rigorosamente in completo nero e camicia bianca, gonne per le femmine e pantaloni per i maschi, volontari dell’Associazione, chiamati “protocols”. La parola protocollo suscita curiosità per i tanti significati che siamo abituati ad attribuirle. Forse, ricordare che, nel film “Guerre stellari”, D-3BO era un droide protocollare, cioè era capace di comunicare secondo i diversissimi protocolli di milioni di razze o computer, è quanto più si avvicina ai ragazzi coreani. Essi, infatti, cercavano di favorire in tutto l’ospite che era, generalmente, di un’altra cultura, mettendolo a suo agio, dalla mattina alla sera, sempre con il sorriso e la tipica gentilezza.
I giovani volontari si impegnano per la pace perché sono consapevoli che una guerra tra la Korea del Nord e altri paesi non solo distruggerebbe la Korea del Sud e la loro vita stessa, ma anche il più fertile e bel pianeta dell’universo.
Jenny è stata una di loro e volentieri ha risposto ad alcune domande per farci comprendere meglio, nonostante siamo molto lontani, la vita in Korea e i sentimenti delle giovani donne.
– Jenny è il tuo vero nome?
– No. Il mio nome coreano è Jung-Ae Lee ma, per accogliere voi occidentali che non conoscete il coreano, tutti noi volontari ci siamo dati dei nomi europei, per non crearvi difficoltà a ricordare.
– Sì, avevo notato la vostra capacità di mettervi al completo servizio dell’ospite, la vostra gentilezza e dolcezza. Quando ero arrivata in albergo, il personale si inchinava con tutto il busto e mi aveva molto sorpreso… Parlami un po’ di te.
– Ho 24 anni, sto per laurearmi in ingegneria chimica. Mi mancano pochi mesi alla conclusione degli studi.
– Poi lavorerai. Avrai le stesse opportunità di un maschio?
– Io lavorerò in laboratorio, è un lavoro pericoloso dove non c’è differenza tra uomo e donna. Anche se le donne, in Korea, non hanno ancora le stesse opportunità degli uomini, faticano di più a fare carriera. Ma le cose stanno cambiando. In casa, ad esempio, l’uomo ha cominciato a condividere le faccende domestiche. E quanto a preferenze, la madre, di solito, preferisce il maschio, il padre la femmina ma, in famiglia, danno le stesse opportunità a entrambi.
– In Italia, ogni due giorni, purtroppo, viene uccisa una donna dal marito, dal fidanzato, dall’ex compagno. Alcuni uomini, infatti, non hanno accettato l’emancipazione femminile. Succede anche qui?
– No, qui non c’è tanta violenza. Le persone rispettano la legalità, non c’è molto uso di droga, ad esempio, se non in rari casi, la maggioranza delle persone non fuma neppure tabacco.
– Infatti, non si vedono persone fumare per la strada. Non succede mai che portino via la borsa o il borsellino sulla metropolitana, ad esempio? Non ho notato polizia in giro per la città e neppure durante le manifestazioni del summit, nonostante ci fossero migliaia e migliaia di persone.
– No, non capita di essere derubati in metropolitana o altrove. Come ho detto, è difficile che si esca dalla legalità. E poi, ci sono telecamere dappertutto.
– Mi sono accorta che non ci sono sbarre nella metropolitana. Praticamente, si può entrare anche senza biglietto. La gente, invece, lo paga?
– Ma certo! Inoltre, quando si fa il biglietto, viene trattenuta una cifra, 500 won sudcoreani (circa 40 centesimi), che si può recuperare all’uscita, a un’apposita macchina, riconsegnando il biglietto stesso.
– Ho sentito dire che i giovani coreani, nella maggioranza, non sono religiosi. È vero?
– La mia famiglia era di tradizione buddista, mia sorella è diventata cristiana. Mio fratello, invece, non è religioso. Io credo in Dio ma in Korea ci sono tante diverse religioni e non so scegliere quale potrebbe essere quella giusta per me.
– Come mai sei diventata volontaria di HWPL?
– Ci sono stati molti momenti di tensione tra la Korea del Nord e quella del Sud, in particolare riguardanti i confini marittimi e alcune isole raggruppate con il nome di Yeonpyeong, presso le quali ci sono state varie battaglie e persino un bombardamento. – Mentre ricorda questo fatto a Jung-Ae vengono le lacrime agli occhi. – Un giorno, ero contenta perché era il mio compleanno ma, quando ho visto le persone uccise, ferite, sofferenti, per quei combattimenti, ho deciso che voglio fermare la guerra e che voglio la pace. In seguito, ho sentito parlare di questa Associazione e mi sono piaciuti gli obiettivi che persegue. Sono volontaria da 15 mesi.
– Che impressione ti ha fatto HWPL dall’interno?
– Apprezzo le loro iniziative nelle scuole per educare i bambini alla pace. Oppure quelle con i politici e con i media perché facciano conoscere e firmare nei loro paesi la Dichiarazione contro la guerra. Non meno importanti sono i giovani o le donne, più di tre miliardi nel mondo, che possono avere un ruolo determinante. Ma seguo molto anche l’Alleanza tra le religioni per la pace che vuole eliminare i conflitti tra le religioni.
– In questo momento, storicamente molto pericoloso tra esperimenti nucleari e minacce, il popolo coreano ha paura?
– I coreani sono abituati a continue minacce ma ora la situazione è davvero pericolosa. Credo che HWPL, che ha contatti e progetti in quasi tutti i paesi del mondo, possa davvero fermare le guerre.
– Cosa vuoi dire agli italiani?
– Aiutateci. Vogliamo la pace, tutti insieme! Mi auguro che tutti quelli che leggono queste parole, diventino messaggeri di pace.
Jung-Ae è una tipica ragazza coreana. Semplice, dolce, molto carina, sempre sorridente. Come la stragrande parte dell’umanità sogna un futuro di pace non solo per sé ma per tutti i popoli della terra.

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HWPL è un’Associazione non governativa, senza scopo di lucro, senza orientamento religioso, associata ufficialmente all’ONU, fondata nel 2013 da Man Hee Lee che ne è il Chairman (presidente portavoce) insieme con Nam Hee Kim, Chairwoman, del gruppo internazionale donne per la pace. Organizza attività per la pace in quasi tutti i paesi del mondo. Lee afferma che non serve lasciare denaro alle generazioni future ma che dobbiamo donare la pace. Sarà una luce che rimarrà per sempre.

Nel 2014, HWPL ha costituito l’Alleanza tra le religioni per la pace (WARP) perché le religioni devono dialogare tra loro e conoscersi per eliminare eventuali conflitti.
I leader religiosi, insieme, cercano le parole giuste della religione, di ogni religione. Perché ogni religione ha parole giuste, parole di pace, ogni religione ritiene sacra la vita che Dio ci ha dato e non potrebbe mai chiedere di ammazzare le creature di Dio.
In tempi di presunte guerre di religione, di conflitti tra culture e tradizioni, cercare le parole giuste è cercare la Verità come faceva Diogene con la sua lanterna.
(Diogene, che si riteneva cittadino del mondo, una volta uscì con una lanterna di giorno, e, alla domanda su che cosa stesse facendo, rispose: “Cerco l’uomo!”, cioè, qualcuno che avesse le qualità che ci si aspetterebbe di trovare nell’uomo… Diogene cercava, appunto, l’uomo che vive secondo la sua più autentica natura, l’uomo che, aldilà di tutte le esteriorità e le convenzioni imposte dalla società, nonostante il probabile capriccio della sorte, ritrova la sua genuina natura, vive conformemente a essa e così è felice.)
Le religioni, attraverso i loro leader, se veramente giusti e religiosi, possono fare molto per la pace.
Dal 2014, ogni anno si celebra questa alleanza tra le religioni. Ulteriori notizie al link:

Manifestazione internazionale a Seoul per la pace

HWPL ha proclamato, nel 2016, una Dichiarazione di pace e Cessazione della guerra in 10 articoli che dovrebbe essere firmata da tutti i capi di stato.
Infatti, secondo HWPL, esistono già la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e molti accordi internazionali per garantire la pace. Oggi, però, conflitti nazionali, religiosi, odio etnico ecc. ostacolano il movimento per la pace.
Un quadro giuridico sotto forma di un accordo internazionale (legge) aprirà la strada ai processi di pace in via di sviluppo nel nostro mondo.
La Dichiarazione di Pace e Cessazione della guerra consta di 10 articoli.
Il primo proibisce di minacciare e usare la forza; il secondo chiede di ridurre la produzione di armamenti e di reimpiegare quei fondi a beneficio dell’umanità; il terzo sollecita lo sviluppo di relazioni amichevoli e la proibizione di atti di aggressione; il quarto proibisce le aggressioni entro i confini di altri paesi; il quinto garantisce l’autodeterminazione dei popoli; il sesto invita a risolvere i conflitti internazionali in modo pacifico; il settimo riconosce che ognuno ha diritto di difesa; l’ottavo decreta la libertà religiosa; il nono promuove la coesistenza pacifica tra le religioni e i gruppi etnici; il decimo invita a divulgare la cultura della pace

STORIA DELLA KOREA IN BREVE

La Korea ha una storia antichissima, e già all’8000 a.c. risalgono esempi di ceramica e testimonianze della cultura mesolitica della ceramica a pettine o ceramica di Yungimun.
Re Sejong il Grande (1418-1450) promulgò l’hangul, l’alfabeto coreano.
Nel 1910, la Korea fu annessa all’Impero giapponese con un cosiddetto governatore generale di Corea (fino alla resa incondizionata dello stesso Giappone alle forze Alleate, il 15 agosto 1945).
Furono istituite reti di trasporto e di comunicazione in tutta la nazione ma solo per servire i bisogni commerciali dei giapponesi. La dominazione nipponica fu molto dura: i giapponesi distrussero il palazzo reale di Gyeongbokgung, modificarono il sistema di tassazione coreano per scacciare i fittavoli ed esportare le colture di riso coreane in Giappone, causando così una penuria del principale alimento del paese. Inoltre, coloro che rifiutavano di pagare le tasse nelle province venivano uccisi e fu imposto lo schiavismo nei lavori stradali, nelle miniere e nelle prime fabbriche sfruttatrici in Corea.
Manifestazioni per la liberazione contro gli invasori giapponesi ebbero luogo su scala nazionale il 1º marzo 1919 (Samil) da parte di due milioni di persone. Questo movimento fu soppresso con la forza e circa 7.000 persone furono uccise dai soldati e dalla polizia giapponesi. Molti cristiani coreani furono crocifissi o bruciati vivi mentre combattevano per la liberazione coreana. Il movimento di liberazione era in parte ispirato dal discorso del 1919 del presidente statunitense Woodrow Wilson, che dichiarava il sostegno al diritto di autodeterminazione dei popoli, ma egli non sostenne mai la Korea perché anche il suo paese aveva là interessi economici.
Dal 1937, il Giappone tentò di cancellare l’identità della Korea come nazione, obbligando al culto presso i santuari scintoisti giapponesi mentre il programma scolastico fu modificato per eliminare l’insegnamento della lingua e della storia coreane. La gente fu obbligata ad adottare nomi giapponesi mentre i manufatti culturali locali venivano distrutti o portati in Giappone. Durante la seconda guerra mondiale, i coreani furono costretti a sostenere lo sforzo bellico giapponese: decine di migliaia di uomini furono arruolati nelle forze armate giapponesi. Circa 200.000 ragazze e donne furono arruolate come schiave sessuali, dette “donne di conforto”.
Nel 1948, furono istituiti nuovi governi, quello democratico della Korea del Sud e quello comunista della Korea del Nord, divisi a tavolino dalle potenze al 38º parallelo.
Il 25 giugno 1950, con la risoluzione n. 82, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite riconobbe la Repubblica di Korea (Korea del Sud) come il solo governo legale della Korea.
Proprio allora scoppiò la guerra di Korea, quando la Korea del Nord violò la linea del 38º parallelo per invadere il Sud, ponendo fine, per quel tempo, a qualsiasi speranza di una riunificazione pacifica.
A causa del dominio statunitense, la Korea del Sud è divenuta una democrazia capitalista, mentre la Korea del Nord, a causa dell’occupazione sovietica, ha istituito un governo di ispirazione comunista.
Da allora, i rapporti tra le due Korea hanno conosciuto alti e bassi, oscillando sempre fra momenti di aperta ostilità e tentativi di dialogo e riavvicinamento.
Ci sono, però, notevoli problemi che riguardano l’uso di armi nucleari. Nel 2006, infatti, la Korea del Nord condusse il suo primo test nucleare, che provocò un terremoto di 4.3 gradi della Scala Richter diventando il nono Paese al mondo a disporre della bomba atomica.
Nel 2007, però, attraverso negoziati internazionali, la Korea del Nord si impegnò a disattivare il sito nucleare principale. Una volta spento in modo permanente il piccolo reattore, la nazione avrebbe ricevuto l’equivalente di 950 000 tonnellate di petrolio. Infatti, il 27 giugno 2008, venne disabilitata una torre di raffreddamento ad acqua nel sito nucleare di Yongbyon.
Eppure, il 25 maggio 2009, la Korea del Nord ha effettuato un secondo test nucleare sotterraneo che ha creato un sisma di 4,79 gradi di magnitudo.
Il 12 febbraio 2013, il governo della Korea del Nord ha dichiarato di aver effettuato un terzo test nucleare sotterraneo, che ha provocato un terremoto di 4,9 gradi della Scala Richter.
Il 1º aprile 2013 è stata annunciata la riapertura del reattore nucleare di Yongbyon.
Il 10 dicembre 2015, Kim Jong-un ha fatto capire che il suo Paese, che ha già a disposizione l’atomica, avrebbe messo a punto anche una bomba a idrogeno e sarebbe pronto a farla esplodere, cosa che ha fatto il 6 gennaio 2016.
Nel settembre 2016, il Governo di Pyongyan annuncia un nuovo test nucleare, il quinto, evidenziato da una forte scossa di magnitudo 5.3 della Scala Richter.
Il 4 settembre 2017, avviene il sesto test nucleare con un potentissimo terremoto di magnitudo 6.3, seguito da un altro di magnitudo 4.6.

Seoul

La Conferenza tra i rappresentanti delle religioni 

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In copertina I rappresentanti religiosi nello stadio

 

 

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