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Infanzia: Save the Children, nel mondo 1 bambino su 6 vive in zone colpite dai conflitti

Febbraio 21
15:39 2018

Infanzia: Save the Children, nel mondo 1 bambino su 6 vive in zone colpite dai conflitti, un numero cresciuto del 75% rispetto all’inizio degli anni ’90. La Siria è il paese dove le conseguenze della guerra sono più gravi per i minori.

Mentre proseguono i bombardamenti dell’area di Ghouta in Siria, l’Organizzazione lancia il nuovo rapporto “Guerra ai bambini”: tra il 2005 e il 2016, oltre 73.000 minori uccisi o mutilati; circa 50.000 costretti a unirsi a gruppi o forze armate; 17.500 casi verificati di stupri e violenze sessuali contro i bambini; oltre 14.000 casi di rapimenti e sequestri e più di 15.000 attacchi contro scuole e ospedali. Nel mondo, 27 milioni di minori tagliati fuori dall’educazione a causa dei conflitti

Più di 357 milioni di bambini – 1 su 6 al mondo – vivono attualmente in zone colpite dai conflitti, un numero cresciuto di oltre il 75% rispetto all’inizio degli anni ’90, quando i minori in tali contesti erano 200 milioni[1]. Circa 165 milioni– quasi la metà del totale – si trovano in aree caratterizzate da guerre ad alta intensità, costretti a fare i conti con sofferenze inimmaginabili.
La Siria è il paese in cui è più difficile vivere per i bambini che si trovano in aree di conflitto, come testimoniato dall’ennesimo attacco che in queste ore si sta svolgendo nell’area di Ghouta, dove stanno perdendo la vita centinaia di civili, tra cui molti bambini.
Bambini e bambine che vengono uccisi, mutilati, rapiti, stuprati, che vedono le loro scuole e le loro case distrutte dai bombardamenti, che vengono reclutati forzatamente nei gruppi e nelle forze armate e che sono tagliati fuori dall’educazione e dall’accesso a cure mediche. Questa la denuncia del nuovo rapporto di Save the Children “Guerra ai bambini”, lanciato dall’Organizzazione che dal 1919 lotta per salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro, in collaborazione con il Peace Research Institute di Oslo.
La crescente urbanizzazione delle guerre, l’utilizzo di armi esplosive in aree popolate e la natura più complessa e protratta dei conflitti moderni, che hanno messo civili e in particolare i bambini in prima linea, rappresentano le cause principali del peggioramento delle condizioni dei bambini nei conflitti. In particolare, vengono utilizzate tattiche sempre più brutali per colpire i più piccoli, come i bombardamenti diretti alle scuole o sugli ospedali, o l’utilizzo sempre più intenso di bombe a grappolo, a barile o ordigni esplosivi improvvisati, che vedono i bambini essere le prime vittime. Siria, Afghanistan e Somalia – emerge dal rapporto – si trovano in cima alla classifica dei 10 paesi segnati dalla guerra dove è più difficile essere bambini e dove le conseguenze sulla loro vita sono ancora più gravi. A seguire Yemen, Nigeria, Sud Sudan, Iraq, Repubblica Democratica del Congo, Sudan e Repubblica Centrafricana[2], mentre Medio Oriente e Africa risultano le macro-regioni che registrano i tassi più alti al mondo di minori che vivono in aree colpite da conflitti (più di 1 su 3 – 39% – nella regione mediorientale, 2 su 5 – 21% – nel continente africano)[3].
“Stiamo assistendo a un aumento scioccante del numero di bambini cresciuti nelle aree colpite da conflitti e alla loro esposizione a forme di violenza immaginabili. I bambini stanno subendo sofferenze che non dovrebbero mai vivere sulla propria pelle, dagli stupri all’essere utilizzati come kamikaze. Le loro case, scuole e campi da gioco sono diventati veri e propri campi di battaglia. Crimini come questi rappresentano abusi intollerabili e sono una flagrante violazione del diritto internazionale – ha dichiarato Daniela Fatarella, Vice Direttore Generale di Save the Children Italia. “I leader mondiali devono fare di più per assicurare alla giustizia i responsabili di questi abusi. L’incapacità di proteggere i bambini nei conflitti, infatti, non soltanto ha come conseguenza quella di negare il futuro agli stessi minori, ma anche ai loro paesi. Occorre fare una scelta decisa. Vogliamo continuare a guardare mentre altri bambini muoiono sui banchi di scuola o nei letti d’ospedale, non ricevono aiuti salvavita e vengono reclutati nei gruppi armati? Oppure decideremo finalmente di affrontare la cultura dell’impunità e mettere fine una volta per tutte alla guerra ai bambini?”.
Le 6 gravi violazioni contro i bambini nei conflitti
1.Uccisioni e mutilazioni
Dal 2010, i casi verificati dalle Nazioni Unite di bambini uccisi e mutilati è aumentato di quasi il 300%, un incremento particolarmente significativo dovuto anche al fatto che negli ultimi anni i minori sono sempre più diventati un bersaglio intenzionale per infliggere un forte danno emozionale alle comunità o estirpare alla radice le future generazioni appartenenti a un determinato gruppo etnico o religioso. In particolare, sottolinea il rapporto, tra il 2005 e il 2016 oltre 73.000 bambini sono stati uccisi o hanno subito mutilazioni nell’ambito di 25 conflitti, con oltre 10.000 casi registrati nel solo 2016. In Afghanistan, per esempio, dove il conflitto si protrae da quasi 17 anni, il 2016 ha visto il più alto numero di casi verificati di uccisioni e mutilazioni tra i minori, con oltre 3.500 bambini vittime, il 24% in più rispetto all’anno precedente[4]. Circa 700 bambini, inoltre, hanno perso la vita nel paese nei primi nove mesi del 2017[5].

2. Reclutamento forzato nei gruppi e nelle forze armate
Quasi 50.000 minori sono stati forzatamente reclutati nei gruppi o nelle forze armate tra il 2005 e il 2016[6]. Bambini e bambine, in alcuni casi con meno di 8 anni di età, costretti a combattere mettendo gravemente a rischio la propria vita, a trasportare pesanti provviste e forniture militari, spesso anche a uccidere o a compiere gravi atti di violenze e, nel caso delle ragazze, a diventare le mogli e le compagne di soldati e combattenti. Solo nel 2016, sono stati quasi 8.000 i casi verificati di reclutamento forzato, con la Nigeria a detenere il triste primato con più di 2.000 bambini costretti a unirsi ai gruppi o alle forze armate. Seguono la Somalia e la Siria dove nel 2016 il numero è più che raddoppiato rispetto al 2015[7]. In Somalia, in particolare, la situazione è ulteriormente peggiorata nel 2017, con 3.335 casi registrati rispetto ai circa 900 del 2015[8]. Anche i bambini particolarmente vulnerabili non sono esenti dal reclutamento forzato nei gruppi armati, come dimostra il caso del reparto giovanile creato da Al-Qaeda in Iraq, chiamato “Uccelli del paradiso”, per annoverare tra i propri ranghi orfani, disabili mentali e bambini di strada da utilizzare in attacchi suicidi contro obiettivi governativi o civili.
3. Violenze sessuali
Anche lo stupro e le violenze sessuali sono una delle principali e più gravi violazioni commesse ai danni dei bambini nei conflitti, ma lo stigma sociale purtroppo non consente di quantificarne esattamente l’impatto. Tra il 1989 e il 2009 si calcola che nel 35% dei conflitti si sia fatto ricorso a forme di violenze sessuali contro i minori, che oltre allo stupro comprendono la schiavitù sessuale, la prostituzione, le gravidanze, la sterilizzazione e l’aborto forzati, le mutilazioni e le torture sessuali[9]. In particolare, i casi documentati ammontano a oltre 17.500 tra il 2005 e il 2016, con più di 850 casi solo nel 2016. Di questi, più di un terzo sono associati alla Somalia mentre tra il 2007 e il 2008 nella Repubblica Democratica del Congo è stato riportato oltre il 70% dei casi totali[10].
4.Rapimenti
Dal 2005 al 2016, emerge dal rapporto, ci sono stati oltre 14.300 casi di minori rapiti e sequestrati, con il picco registrato nel 2015 quando i casi ammontavano a oltre 3.400, con il numero più alto in Sud Sudan[11]. Bambini e bambine sono sottratti con la forza ai propri villaggi e alle proprie famiglie per differenti ragioni, dal reclutamento forzato nei gruppi e nelle forze armate allo sfruttamento sessuale ai lavori domestici, con un impatto devastante sulla loro vita e sulle loro stesse famiglie. In alcuni casi, quando i minori riescono a tornare nelle proprie comunità di appartenenze, si trovano peraltro a dover fare i conti con le terribili conseguenze della guerra e l’impossibilità di ricevere il necessario supporto psicosociale per recuperare dal trauma subito.
5. Attacchi a scuole e ospedali
I bambini che vivono nelle aree di conflitto sono sempre più a rischio anche quando si trovano a scuola o in ospedale, luoghi che dovrebbero essere per loro assoluta garanzia di protezione. Oggi, nel mondo, 27 milioni di bambini sono tagliati fuori dall’educazione a causa dei conflitti[12], perché sono stati costretti ad abbandonare le proprie abitazioni, perché le loro scuole sono state distrutte o danneggiate oppure perché i loro insegnanti sono fuggiti.
Tra il 2005 e il 2016, si sono infatti registrati oltre 15.300 attacchi che hanno avuto come obiettivo scuole e strutture sanitarie, con un incremento del 100% in un decennio[13]. In particolare, il 2017 si è rivelato uno degli anni peggiori per quanto riguarda gli attacchi verso le strutture educative, con almeno 2.000 attacchi verificatisi in Yemen e in Repubblica Democratica del Congo, il 400% in più rispetto al 2015. Colombia, Siria, Afghanistan, Pakistan e Sudan sono i paesi maggiormente colpiti, tra il 2009 e il 2012, da attacchi nei confronti delle scuole[14], mentre nel 2016 nei Territori palestinesi occupati Save the Children ha documentato 256 violazioni collegate all’educazione che hanno riguardato più di 29.000 bambini[15]. Oltre ad essere bersagli di attacchi e bombardamenti, in molti casi le strutture scolastiche vengono fatte preda di gruppi e forze armate, che le utilizzano per scopi militari, come è accaduto tra il 2013 e il 2017 in almeno 29 paesi al mondo[16]. Quanto agli ospedali, in Siria, dal 2011, ci sono stati oltre 1.000 attacchi che hanno colpito cliniche e strutture sanitarie[17] e solo ieri nell’area del Ghouta orientale sono stati colpiti quattro ospedali. In Yemen, da marzo 2015 a marzo 2017, ci sono stati più di 160 casi, che hanno contribuito ad accelerare il collasso del sistema sanitario del paese e la diffusione dell’epidemia di colera[18].
6. Negazione dell’accesso umanitario
Dal 2010, si è verificato un incremento del 1500% dei casi in cui è stato negato l’accesso umanitario per raggiungere i bambini coinvolti nei conflitti[19], attraverso il blocco degli aiuti o attacchi deliberati nei confronti degli operatori umanitari. Solo nel 2016, si legge nel rapporto, vi sono stati oltre 1.000 casi, con più di 250.000 bambini che vivevano nelle aree sotto assedio in Siria, ad esempio, che sono stati regolarmente privati dell’assistenza umanitaria di cui avevano urgente bisogno[20]. Allo stesso modo, in Yemen, tutte le parti in conflitto si sono rese regolarmente responsabili del mancato accesso nel paese di beni e aiuti salva-vita, come i vaccini contro la difterite – che nel 90% dei casi annovera bambini tra le vittime– e le forniture alimentari particolarmente indispensabili in un paese dove 8,4 milioni di persone stanno soffrendo la fame.
Save the Children chiede agli Stati, alle forze militari e a tutti gli attori coinvolti di impegnarsi urgentemente a mettere in pratica azioni concrete in quattro aree chiave per proteggere tutti i bambini che vivono in aree di conflitto. In particolare, l’Organizzazione chiede l’attuazione di misure per prevenire che i bambini siano messi a rischio, per garantire il rispetto delle leggi e degli standard internazionali, per assicurare alla giustizia i responsabili delle violazioni e per offrire ai minori il necessario supporto perché possano recuperare dai traumi subiti e ricostruire le loro vite.

Il rapporto “Guerra ai bambini” è disponibile al link: https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/pubblicazioni/war-children

Per ulteriori informazioni:
Tel 06-48070023/63/81/82
ufficiostampa@savethechildren.org
www.savethechildren.it

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