Infanzia in guerra: Save the Children, oltre 93.200 bambini uccisi o feriti nei conflitti
Infanzia in guerra: Save the Children, oltre 93.200 bambini uccisi o feriti nei conflitti negli ultimi 10 anni, la media di 25 al giorno. Più che decuplicato in un anno il numero dei minori arruolati dalle forze armate. Tre milioni di bambini al mondo sono arrivati a 18 anni senza aver mai vissuto in pace
L’Organizzazione – per la Giornata Mondiale Infanzia – chiede agli Stati di sostenere la dichiarazione volta a evitare l’uso di armi esplosive nelle aree popolate e, per sensibilizzare sulla condizione dei bambini in guerra, rilancia la serie di podcast “Children of war” che ha già raggiunto oltre 1,5 milioni di persone nelle scorse settimane
Un totale di 93.236 minori[1] sono stati uccisi o mutilati nei conflitti negli ultimi 10 anni. Ciò significa che ogni giorno in media sono morti o rimasti feriti 25 bambini, l’equivalente di un’aula piena di alunni. Molti sono stati vittime di attacchi aerei, bombardamenti, mine antiuomo e altre armi esplosive usate in aree popolate dove le famiglie sono state fatte a pezzi e decine di migliaia di bambini sono stati uccisi o hanno riportato cicatrici indelebili per il resto della loro vita. Solo l’anno scorso, più di un terzo delle morti accertate tra i minori, sono state causate da armi esplosive, con un numero molto alto in Afghanistan, Iraq e Siria.
Lo rivela il rapporto “Killed and Maimed: A Generation Of Violations Against Children In Conflict”, diffuso oggi da Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro, in occasione della Giornata Mondiale dell’Infanzia, per ricordare in particolare i bambini che vivono nelle aree di conflitto.
Sono 426 milioni[2] i bambini che vivono in un’area colpita dal conflitto, in leggero aumento rispetto all’anno precedente. Circa 160 milioni di bambini vivono in una zona ad alta intensità di conflitto[3], anche questo dato è in aumento rispetto all’anno precedente.
Siria, Somalia, Afghanistan, Yemen, Nigeria, RDC, Mali, Repubblica centrafricana, Iraq, Sud Sudan e Sudan sono i paesi più pericolosi[4] per i bambini in conflitto; più di 3 milioni di bambini sono cresciuti senza conoscere la pace in un’area in cui la violenza infuriava da almeno 18 anni; il numero di minori reclutati dalle forze armate è aumentato dai 639 nel 2018 ai 7.845 nel 2019. Sono stati trovati oltre 3.100 bambini reclutati nella sola Repubblica Democratica del Congo; più di 4.400 volte alle organizzazioni umanitarie è stato negato l’accesso ai bambini, sei volte più spesso rispetto al 2018.
Mohammad * di 15 anni vive nella provincia afghana di Mazar con suo nonno. Ha trovato un oggetto esplosivo davanti alla sua scuola e l’ha portato a casa. Quando ha provato ad aprirlo, l’oggetto è esploso, ferendo lui e suo cugino. Dopo giorni in una clinica, ha scoperto di aver perso la mano. “Quando mi sono reso conto che la mia mano era stata amputata, mi sono arrabbiato. Sono diventato triste, ho desiderato non aver preso quell’oggetto e averlo portato a casa così da avere ancora la mia mano. In ospedale ho visto molte persone a cui erano state amputate le gambe o che avevano perso gli occhi. Dopo l’incidente, ero terrorizzato. A volte avevo degli incubi e dicevo a mio fratello di venire. Non riuscivo a dormire da solo in una stanza. Quando esco, vorrei avere tanta fiducia in modo da non ricordare mentre parlo di non avere una mano”.
Il rapporto lanciato oggi da Save the Children, in occasione della Giornata mondiale dell’infanzia, è il quarto della serie dal titolo Stop the War on Children. Punta i riflettori sulle sei gravi violazioni[5] commesse contro i bambini nelle zone di conflitto. Nell’ultimo decennio si sono verificate più di 200.000 violazioni di questo tipo. Il record è stato tristemente battuto nel 2019, durante il quale sono state commesse 26.233 gravi violazioni. È probabile che il numero effettivo sia ancora più alto poiché alcune, in particolare l’abuso sessuale, sono gravemente sottostimate.
“Dietro a questi numeri ci sono innumerevoli storie di bambini vittime della guerra. Molti sono vittime di persone che ignorano palesemente le leggi e gli standard internazionali e i governi chiudono un occhio. Eppure diversi Paesi hanno preso la decisione consapevole di continuare a vendere armi alle parti in guerra anche dove era chiaro che venivano usate contro i bambini. Ciò non può andare avanti. Questo fine settimana i leader dei paesi più ricchi e potenti del mondo si riuniscono a Riyadh, in Arabia Saudita, per il vertice del G20. A poca distanza, milioni di bambini vulnerabili nello Yemen non sanno da dove proverrà il loro prossimo pasto o se sopravviveranno al prossimo attacco aereo o bombardamento. Questa è l’opportunità per i leader mondiali di usare la loro influenza e la loro voce per fare la scelta giusta e fermare la guerra ai bambini” ha dichiarato Inger Ashing, Direttore Generale di Save the Children.
Anche durante la pandemia di COVID-19, quando l’obiettivo dovrebbe essere quello di combattere il virus, le parti in guerra continuano a uccidere e mutilare i bambini. Le Nazioni Unite hanno chiesto un cessate il fuoco globale a luglio, approvato da 170 paesi, ma da allora 177 minori sono stati uccisi e mutilati nello Yemen[6], dozzine sono stati uccisi o gravemente feriti in Afghanistan, la violenza nella Repubblica Democratica del Congo è aumentata e in Myanmar i bambini sono spesso vittime.
All’inizio di quest’anno, la coalizione guidata da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti è stata tolta dalla “lista della vergogna” delle Nazioni Unite, che elenca gli autori di gravi violazioni contro i minori. La coalizione è stata cancellata anche se i bambini nello Yemen sono ancora bombardati quasi ogni giorno. “Mai nella storia umana siamo stati più consapevoli delle violazioni dei diritti dei minori, gli attentati vengono verificati, il reclutamento è documentato e vediamo bambini morire di fame in TV mentre vengono negati gli aiuti. Abbiamo i mezzi per impedire che i bambini vengano danneggiati, ma continuiamo a vedere violazioni incredibili, anno dopo anno. È come se il mondo avesse smesso di preoccuparsene” spiega ancora Inge Ashing.
Per ridurre gli impatti disastrosi delle armi sui bambini, Save the Children chiede urgentemente agli Stati di evitare l’uso delle armi esplosive in aree densamente popolate, impedire la vendita delle armi nel caso in cui possano essere utilizzate per commettere o facilitare gravi violazioni e perseguire coloro che non rispettano le leggi e gli standard internazionali. Save the Children chiede inoltre agli stati di sostenere la dichiarazione politica a guida irlandese volta a frenare l’uso di armi esplosive nelle aree popolate. Inoltre, l’Organizzazione esorta i governi a garantire che la protezione dei bambini sia completamente finanziata nelle risposte umanitarie, compreso il sostegno alla salute mentale per i bambini e le loro famiglie.
In particolare in Italia Save the Children si è attivata, insieme a molte altre organizzazioni della società civile, per evidenziare le conseguenze disastrose che il commercio di armamenti sta avendo sui minori. Per fare un esempio: dal marzo 2015, data di inizio del conflitto in Yemen, i paesi del G20 hanno esportato armamenti per 17 miliardi di dollari verso l’Arabia Saudita, coinvolta nel conflitto in corso. Una cifra tre volte superiore agli aiuti umanitari stanziati dalle stesse nazioni del G20, per alleviare le sofferenze indicibili dei bambini e delle loro famiglie.
I podcast “Children of war”
In occasione del lancio del rapporto, Save the Children rilancia la serie di Podcast “Children of War” un podcast che racconta le guerre più tristemente famose della storia attraverso gli occhi dei bambini che le vivono o le hanno vissute. Germania, Nigeria, Rwanda, Siria, Yemen. Un filo rosso collega i conflitti passati con quelli ancora in corso: le terribili sofferenze dei bambini coinvolti. Mutilati, rapiti, abusati o costretti ad abbandonare le proprie case, chiedono a gran voce – ieri come oggi – un futuro migliore. Una serie che ha raggiunto già quasi 1,5 milioni di persone che hanno conosciuto le cinque storie di sopravvissuti di alcuni dei più noti conflitti della storia, raccontati anche attraverso le voci di due giornalisti Rai, Maria Concetta Mattei e Giorgio Zanchini.
Un successo per un podcast originale, che affronta un argomento difficile, che è stato reso possibile anche grazie alla collaborazione con Spreaker, la prima piattaforma in Italia per la creazione e distribuzione di podcast, che rilancerà in home page della propria piattaforma i contenuti di “Children of War”
La versione integrale del rapporto è disponibile alla pagina: https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/pubblicazioni/killed-and-maimed
* nomi modificati per proteggere l’identità
Per ulteriori informazioni:
Tel. 06-48070023/63/81/82
ufficiostampa@savethechildren.org
www.savethechildren.it
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