“Inception”, di Christopher Nolan
Stai aspettando un treno, un treno che ti porterà lontano. Sai dove speri ti porterà, ma non puoi esserne sicura. Ma non importa: perché saremo insieme.
Quattro premi Oscar 2011 e altrettante nomination. Questi solo alcuni dei riconoscimenti per il film di Christopher Nolan.
Il lavoro di Dominic Cobb (Leonardo Di Caprio) è quello di entrare nelle menti della persone infiltrandosi nei loro sogni: tramite la tecnica del sogno condiviso è possibile rubarne i segreti. Sfortunatamente, Dom deve fare spesso i conti con un passato alle spalle che lo insegue in questo mondo onirico. Questo passato porta il nome di Mal (Marion Cotillard), la moglie defunta, la cui proiezione sarà la presenza più vera per tutta la durata del film . È lei a disturbare l’operazione che doveva essere compiuta nella mente di Saito (Ken Watanabe), un potente uomo d’affari giapponese, e a far uscire il segreto allo scoperto. Saito è troppo furbo per non capire che da un’invenzione del genere potrebbe trarre enormi vantaggi. Intuisce che se è possibile rubare qualcosa attraverso i sogni è possibile anche fare il procedimento inverso.
Inception è infatti l’innesto, l’inserimento di un’idea nella mente di una persona. Dom e il suo socio Arthur (Joseph Gordon- Levitt) vengono incaricati di addentrarsi nella testa di Robert Fisher (Cillian Murphy), figlio del rivale d’affari di Saito. Lo scopo è di convincerlo a dividere l’impero economico appena ereditato dal padre. In cambio per Cobb non c’è gloria, non c’è denaro ma una promessa. Il magnate giapponese farà in modo che egli possa tornare in America dai suoi figli, Philippa e James, che aveva dovuto abbandonare perché accusato di essere colpevole della morte della moglie.
Il protagonista metterà in piedi un team di cui fa parte una studentessa di architettura che ha il compito di costruire diversi livelli di sogni che serviranno allo scopo finale; Arianna (Ellen Page) è un chiaro riferimento alla mitologica figura che aiutò Teseo ad uscire dal labirinto.
Il rischio è quello di rimanere intrappolati nei sogni; per questo ognuno dei personaggi possiede un totem, un piccolo oggetto personale che rende possibile la distinzione tra finzione e realtà.
Chiari i riferimenti al “sogno lucido”, tema affrontato in vari film nel corso della storia cinematografica (Vanilla Sky di Cameron Crowe, per esempio, già remake di Apri gli occhi) ed elogio della psicanalisi freudiana attraverso l’attività onirica.
Magnifici gli effetti speciali: scene d’azione mozzafiato sulla scia degli 007 (o di Call of Duty: Modern Warfare 2?), oggetti che esplodono, una Parigi che si piega su sé stessa e stanze di alberghi senza un centro di gravità che ricordano i quadri di M.C. Escher, illusioni ottiche come la scala di Penrose (detta anche scala infinita). Un film ricco di allusioni da saper cogliere. Leitmotiv, la canzone di Edith Piaf Non, je ne regrette rien (protagonista della pellicola del 2007, La vie en rose, la stessa Marion Cotillard) specchio del risveglio, del ritorno alla realtà e, per Cobb, dell’abbandono (definitivo?) dei ricordi e del passato.
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