In un tempo andato con biglietto di ritorno, di Enrico Pietrangeli
Romanzo d’esordio e dunque formativo, o favolistico-formativo, ma anche realistico e neo-realistico, surreale e psichedelico, ironico e spietato, che si nutre di una visione del mondo articolata e ricca di punti di vista sulla storia e sulla lingua.
In un tempo andato con biglietto di ritorno di Enrico Pietrangeli (Kult Virtual Press, 9 euro) è un pellegrinaggio iniziatico nel caotico omphalos della generazione del ’77 o, più precisamente, di quel gruppo di adolescenti o poco più che contestava l’apparente tenuta di un assetto politico già disgregato, da tempo in declino. Erano giovani coinvolti in una politica engagé della piazza, che rivendicavano diritti e giustizia sociale e utilizzavano l’arte in modo spontaneo: quella musicale, ma anche quella visiva e letteraria. La musica, in questo caso, è struttura portante, realisticamente e simbolicamente, ed è colta in tutti i suoi aspetti più variegati e contraddittori.
Argomento scarsamente rappresentato nell’olimpo letterario, il movimento di contestazione del ’77, in questo romanzo la fa da padrone con tutti i suoi cliché, a tratti volutamente stereotipati o sgranati, che si tratti della droga o della fascinazione per l’India, del noto raduno di poeti e musicisti a Castel Porziano, fino a Massenzio, alla musica rock, pop e alla Domenica Sportiva. Grazie a questi stereotipi, i personaggi potranno conoscersi e riconoscersi in un circuito esistenziale tragicomico e trasmettere una fotografia dell’epoca eroica e trasgressiva: interpreti di vite “normali” oltre che di confine, animati da un profondo desiderio di riscatto. Per Lorenzo, indiscusso protagonista, è dunque sperimentabile la scoperta, a tratti anche distruttiva, di un sé ancora acerbo.
La strutturazione in capitoli-racconti scandisce una ripartizione a episodi da serial televisivo, con short-stories tematicamente autonome sebbene inserite in una più ampia cornice di trama e supportate da una scrittura densa e cinetica.
Ma come per la definizione di “genere”, così per quella di “stile” e “lingua”, è necessario soffermarsi sui contrasti prima di arrivare ad una percezione d’insieme. La sfida è tra lingua colta e linguaggio popolare, cruda immediatezza e spigliata dialogicità (i dialoghi sono in buona parte in gergo dialettale), prosa d’arte e poesia. Tra le numerose investiture ricevute da Lorenzo, infatti, c’è anche quella di “poeta”. Un angelo gli apparirà più volte, sia nel sonno che nella veglia, per eleggerlo a cantore, spronandolo a fare buon uso delle ispirazioni attraverso illuminazioni creative. Angelo custode, visione allucinata, icona cristologica o pura intuizione? Forse, più semplicemente, un alter ego di fantasia caduto sulla terra.
Miti e archetipi delle origini sono evocati di continuo ma sfuggono dall’autoreferenzialità, contemplata semmai nella messa in scena di macchiette esilaranti. La loro lucida definizione arriverà a distanza e sarà scandita da un’ellissi temporale di circa vent’anni, corrispondente alla seconda parte, il “biglietto di ritorno” dalla storia, appunto, ovvero gli ultimi tre capitoli del romanzo. Ora lo slancio vitale della conoscenza è diventato coscienza, evoluzione in senso “bergsoniano”. Lorenzo può finalmente attestarsi quale exemplum del suo tempo, come anello di congiunzione tra passato e presente in bilico tra il “bianco e nero” e il technicolor.
Tempo musicale, flusso interiore e tempo narrativo procedono di pari passo e con armonia in un complesso gioco di rimandi, anticipazioni, flashback, parallelismi cronologici e giochi anacronistici, come la citazione di Chi l’ha visto ante-litteram o la breve descrizione dell’144 (servizio erotico telefonico apparso alla fine del secolo scorso).
E poi c’è il tempo del disincanto. Sono state superate tante prove e scoperti molti enigmi. Le occulte alchimie degli eventi premieranno Lorenzo, ormai adulto, trasformandolo in un personaggio-narratore, cantore della memoria e inventeranno, come testimone della narrazione, un autore-personaggio che fatalmente scrive romanzi e vende al mercatino di modernariato reperti sacrali di musica non riproducibile: – i vinili – già nostalgicamente soppiantati non solo dai CD, ma anche dai più impalpabili MP3. Sacrale, a questo punto, diviene anche il risvolto del racconto che tramanda esperienze e salva dalla morte.
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