IN RICORDO DI LUCIA MAMMUCARI
L’avevo conosciuta a distanza tanto tempo fa con il suo libro Discorso antico: in copertina l’immagine del matrimonio dei miei nonni materni, celebrato nel 1927.
Ho avuto poi il grande privilegio di conoscerla invitandola alle diverse Rassegne dialettali organizzate ogni anno a Rocca di Papa: bastava telefonarle, lei era disponibile, affettuosa e ben felice di partecipare declamando i suoi versi in velletrano, un dialetto, una lingua del cuore e dell’anima che lei amava profondamente.
Sei anni fa, di maggio, nella Sala Tersicore a Velletri, Lucia grande poetessa e scrittrice veliterna presentava il suo ottavo libro: Lasciatemi raccontare (La guerra – la scuola), una raccolta di testimonianze, ricordi, immagini fotografiche che l’autrice aveva selezionato negli anni e dedicato alle giovani generazioni.
Mi par di vederla nella mia memoria, con la sua bella età, ma sempre vivace e pronta a dimostrare il suo temperamento e la sua bravura: era stata un’insegnante per trentanove anni ed era da tempo in pensione… ma chi è stato vero maestro – e che maestra è stata Lucia! – nelle piccole scuole rurali del territorio, con gli animali della fattoria che a volte varcavano la soglia dell’aula, in ricoveri di fortuna, a volte stalle…, in pensione non sarebbe mai andato!
E lei lo dimostrava ogni volta, fino in fondo, portando avanti le presentazioni delle sue poesie, dei suoi libri corredati con immagini di un passato che stava scomparendo, opere nelle quali da insegnante dimostrava che non si finisce mai d’imparare e i suoi studi, le sue conoscenze, le sue competenze spaziavano da un argomento all’altro.
Instancabile, in quell’occasione era una fiera cittadina di Velletri, ma nell’interagire con il pubblico aveva la dolcezza e la pazienza di una nonna, ma non una tenera vecchiarella che siamo abituati a immaginare davanti al focolare: era stata – ripeto – docente d’altri tempi e tale restava, con una grande curiosità e un’infinita conoscenza del territorio nel quale era nata, con un grande amore del suo dialetto, della sua terra, del folclore…
Durante quell’incontro letterario erano palesi la sua conoscenza e confidenza che abbracciavano numerose generazioni di cittadini veliterni; alunni che negli anni l’avevano seguita, ascoltata, amata, a volte un po’ temuta forse, per la sua serietà professionale, ma eternamente grati a quella piccola donna, grazie alla quale potevano vantare una preparazione e un percorso di studi successivo, realizzato con tutti i crismi, grazie alle solide basi scolastiche ricevute.
Quel giorno dimostrò come l’esperienza, di fatto, si tramutasse in sintesi storica, amalgamandosi alla memoria collettiva attraverso lo scritto: e io scrivo, diceva, perché i giovani non hanno tempo per l’ascolto… così resta. E mai mancavano l’ottimismo e il sorriso, l’ironia, l’entusiasmo e la naturalezza…
Ricordo, concluse quell’incontro – ispirata dalla famosa raccomandazione di Papa Giovanni Paolo II – congedandosi da noi dicendo: – Accarezzate i figli, i nipoti e teneteli vicini così, questi giovani… fatelo ricordando che stiamo sempre dalla parte giusta… – .
Un testamento spirituale il suo, che non mancheremo di ricordare, pensando a lei e ai suoi familiari con tanto affetto.
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