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Impasti di luce 2 di G. Corazza e D. Marcheggiani

Gennaio 10
20:20 2012

I paesaggi di Corazza sono quelli della sua amata Frascati, in “Le luci del Tuscolo”, la luminosità è immortalata in un tempo indefinibile, né alba né tramonto, ma è luce che illumina l’indaco dai riflessi verdastri che rimandano ai quadri affollati di personaggi di Renoir, all’azzurro oltremare chiaro misto al giallo paglierino de “L’altalena”. Il bosco, in “Paesaggio autunnale”, non è un luogo tetro, ma s’illumina in un esplosione di giallo, spazzando via le ombre minacciose che incupiscono il sentiero. Immortalare il raggio di sole, l’istante di bagliore improvviso, in “Luce a Via dell’Olmo”, che rischiara una strada già di per sé scarsamente illuminata, è l’intenzione di Corazza che riesce a cogliere le variazioni della luminosità, per esaminarne quasi gli effetti che produce sulle facciate degli edifici fatiscenti. Se Monet era ossessionato dalla ricerca della luce perfetta per i suoi dipinti, tanto da confessare tutta la difficoltà dell’impresa nella sua corrispondenza, con parole accorate dall’amarezza: «M’intestardisco a tutta una serie di effetti diversi, ma a quest’epoca il sole declina talmente presto che non posso seguirlo (…) più vado avanti e più mi rendo conto che bisogna lavorare molto per rendere quel che cerco: ‘l’istantaneità’, soprattutto l’involucro, la stessa luce diffusa dappertutto», Corazza supera l’impasse usufruendo del chiarore, per porre in rilievo anche un particolare del suo dipinto, come in “Edicola dei Cappuccini”, in cui il raggio di sole sembra quasi posarsi lievemente sulla Sacra Famiglia. Si ravvivano le vie di Frascati anche di notte, in “Al Grappolo d’oro”, rischiarate dai lampioni e sembrano animarsi le figure degli avventori dell’osteria davanti a un bicchiere di vino o al gioco delle carte. Se Frascati è nel cuore dell’artista, questi non disdegna di immortalare altri panorami e usa colori sfumati per raffigurare il paesaggio di Bruges, quasi a voler sottolineare l’atmosfera nordica più fredda, distaccata, quasi irreale delle case e dell’acqua che sembrano appartenere ad uno scenario fiabesco. Le opere di Corazza, tuttavia, si affrancano dagli impressionisti come Monet, Pissarro, Renoir, Sisley, per la pennellata decisa eppure impalpabile e, in “Giardini di Ninfa”, l’atmosfera non è più ovattata, racchiusa tra contrasti cromatici diffusi, ma il valore aggiunto si deve proprio a quell’impasto eburneo di luce che focalizza il frammento dell’opera umana ben inglobata tra la natura selvaggia. Una mostra di grande successo che ha registrato ben oltre seicento visite.

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MONOLITE e “Frammenti di visioni”

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