“IMMONDEZZAJO IN PIAZZA”
Nato a Roma (1839-1919), Costantino Maes insegnò anche in zona Castelli Romani (Velletri) e realizzò un progetto per il recupero delle navi nel lago di Nemi. Appassionato di storia romana, nel 1885 pubblica presso lo stabilimento tipografico E. Perino le <<Curiosità Romane>>, che poi saranno ristampate per le Edizioni del Pasquino nel 1983. L’opera consta di tre volumi e ripercorre vicende storiche della Città Eterna (Antica, Medioevale/Rinascimentale, Stato Pontificio dell’ottocento). L’articolo IV, contenuto nel libro terzo, intitolato <<IMMONDEZZAJO IN PIAZZA>>, fornisce una “panoramica monnezzara” della Roma papalina dell’ottocento. Infatti, ci dice che <<Venti o venticinque anni or sono (perché, conviene esser giusti, le condizioni della città nostra per tale riguardo avevano di molto migliorato negli ultimi anni di Pio IX) le strade di Roma erano un vero e sudicissimo letamaio. >> Addirittura, nell’articolo è specificato, nel dettaglio, tale lordume: <<Un 15 centimetri di fango, di sterco, di polvere e di ogni altra lordura era l’altezza normale dello strato sudicio da per tutto; una tinta giallognola di escrementi equini smaltava poi perpetuamente e dovunque il suolo pubblico. >> In quel tempo, le vie venivano spazzate ogni otto giorni dai galeotti, <<col piede stretto da catena rialzata al fianco>>, il cui rumore all’alba svegliava i cittadini romani. Il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, non avveniva porta a porta, come oggi, ma ci dice il Maes che una volta arrivata <<la mondiglia>> all’altezza del ginocchio, nei cortili o nelle case, verso sera <<la fantesca>>, con il <<canestro della immondezza, che si reggeva in mano per una sola ansa>> e ricolmo, lo andava a rovesciare al primo cantone o alla piazza più vicina. Si formavano così i <<mucchi di immondizia>>, che il sole imputridiva e l’acqua rendeva fradicia, con l’aggiunta di vermi, animali morti ammazzati (i cani dagli ammazzacani con <<la pizzetta>> e i gatti dai <<ragazzacci>> a sassate), cani razzolanti e, a tutto ciò, il carretto dell’immondizia che si affacciava solo quando si era formato un monticello. Non dovunque si poteva buttare l’immondizia: in strade e vicoli romani sono presenti le <<iscrizioni lapidarie>> che riportano atti governativi di astenersi dal <<gettare lordure>>. Generalmente, tali lapidi marmoree erano poste in <<strade nobili>>, sulle facciate o angoli degli immobili, per evitare di respirare il fetore. Poi si cambiò logica: non s’indicò più il luogo eccezione dall’immondizia, ma s’indicò il luogo dove poteva essere portata, indicato con l’iscrizione <<Immondezzaro o Immondezzaio in piazza>>. Qualche anno fa, si portava l’immondizia ai “secchioni”, da dove il camion raccoglieva e destinava alle discariche e, oggi, la logica è cambiata: raccolta porta a porta e differenziata. La raccolta e lo smaltimento dei rifiuti nel tempo…
Foto: Targa marmorea risalente al MDCCLXIII, posta in Vicolo della Luce, Rione Trastevere, Roma, murato sulla facciata di un edificio tipico medievale.
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