Immigrazione: le ordinanze dei comuni leghisti sono anticostituzionali
Immigrazione: le ordinanze dei comuni leghisti sono anticostituzionali e prive di fondamento giuridico
Con un’ordinanza dell’8 aprile c.a., sul ricorso promosso dall’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi) e dalla Fondazione Guido Piccini per i diritti dell’Uomo, il Tribunale di Brescia ha accertato di fatto il «carattere discriminatorio» della famosa, anzi famigerata, circolare del Comune di Montichiari (Bs) diramata per regolamentare la concessione della residenza agli immigrati regolari. L’accoglimento del ricorso presentato da uno straniero residente dal paese della Bassa, potrebbe fare giurisprudenza e costringere molti enti pubblici guidati dal Carroccio a rivedere le norme di accesso alle liste dell’anagrafe. Il sistema di Montichiari è infatti diventato un modello per altri Comuni. Il dispositivo della sentenza è già stato reso pubblico, mentre la sentenza per intero è disponibile da oggi. Come riferisce l’Asgi sul suo sito (www.asgi.it), il caso era scoppiato ai primi di marzo, quando la Fondazione Piccini e Asgi avevano puntato il dito contro un’ordinanza comunale nella quale venivano elencati i documenti da esibire da parte dei cittadini stranieri per la richiesta di iscrizione all’anagrafe, tra i quali l’ultima busta paga, il Cud e una copia del contratto di lavoro. Poco più di un mese dopo il tribunale di Brescia, ha dato ragione ai ricorrenti, ordinando al comune di non tenere conto di quell’ordinanza «ai fini delle richieste di iscrizione all’anagrafe della popolazione residente» poiché la medesima «contempla dei requisiti non previsti dalla legge». Il tutto richiamandosi alla «parità di trattamento tra straniero e cittadino italiano in materia di diritti civili». Inoltre il tribunale ha ordinato al comune «di iscrivere alla suddetta anagrafe il ricorrente a partire dal 30 giugno 2009», vale a dire con effetto retroattivo di quasi un anno, condannando infine l’amministrazione al pagamento delle spese processuali per un ammontare complessivo di 4.500 euro. Come dice chiaramente la legge, il permesso di soggiorno è documento necessario e sufficiente per l’iscrizione all’anagrafe. Qualsiasi ulteriore imposizione, oltre a violare la dignità degli immigrati, è da ritenersi discriminatoria. Tra l’altro non si capisce come possa giovare alla sicurezza osteggiare la concessione della residenza ai cittadini stranieri. In questo modo si creano dei fantasmi che pur essendo regolarmente soggiornanti non risultano registrati presso alcun Comune italiano e quindi sfuggono a ogni tipo di controllo.
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