Immigrazione e il rapporto “Amnesty”: reazioni dopo bocciatura del governo
“Che l’Italia in passato abbia salvato migliaia di vite umane in mare è sicuramente vero e questo fa onore al paese.
Altrettanto vero, però, è che con la pratica dei respingimenti dal 6 Maggio del 2009 l’Italia ha rimandato in Libia senza aver svolto alcuna identificazione anche richiedenti asilo provenienti dalla Somalia e dall’Eritrea bisognosi di protezione”: Laura Boldrini ha risposto con queste parole alle critiche rivolte dal ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, al rapporto 2010 di Amnesty International. Presentato ieri, il rapporto – che fa il punto sullo stato dei diritti umani in tutti i paesi del mondo – ha denunciato sgomberi forzati illegali delle comunità Rom, espulsioni di migranti verso luoghi in cui sono a rischio di violazioni dei diritti umani, provvedimenti delle autorità che hanno messo a repentaglio i diritti di migranti e richiedenti asilo. “Invece di indignarsi, il ministro Frattini farebbe meglio a riflettere con più attenzione sul Rapporto di Amnesty International” ha aggiunto a sua volta Savino Pezzotta, presidente del Consiglio italiano rifugiati. “Sottovalutare la denuncia di Amnesty, invece di recepire una sollecitazione ben precisa, è comunque un errore. Se anche le Nazioni Unite hanno criticato l’Italia per i centri di identificazione ed espulsione una ragione – ha concluso Pezzotta – ci sarà pure”. Nel rapporto vengono in particolare sottolineati gli sviluppi legislativi che hanno portato all’approvazione del cosiddetto ‘pacchetto sicurezza’ con una serie di norme restrittive in materia di immigrazione e l’introduzione del reato di ‘immigrazione irregolare’. “I governi italiano e maltese – è scritto – in disaccordo sui rispettivi obblighi di condurre operazioni di salvataggio, hanno lasciato i migranti per giorni senza acqua e cibo, ponendo a grave rischio le loro vite”. Spazio viene anche dato al coinvolgimento dell’Italia nei cosiddetti casi di ‘rendition’: “Le autorità – continua il Rapporto – non hanno collaborato pienamente alle indagini e, in nome della sicurezza, hanno proseguito nella politica di rinvio forzato di cittadini di paesi terzi verso luoghi in cui erano a rischio tortura”
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