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Immaginare l’altrove

Settembre 20
13:57 2024

“Immaginare l’altrove” (Arch. Claudia Pitolli)

Immaginare l’altrove non significa necessariamente pensare ad un posto lontano, la locuzione latina “aliter ubi” si può propriamente tradurre né più né meno che con “diversamente dove”. Ma cosa può essere questo “diversamente dove”? Qui non vogliamo soffermarci su un Eden perduto, o una fuga verso un paese esotico distante o altro da cui scappare, ma lo vogliamo vedere come un modo migliore per vedere noi stessi, un modo per essere capaci di mettere in gioco schemi, aspettative e certezze, di lasciare alle cose il tempo per accadere e di abbandonarsi alle suggestioni dei luoghi e incontri della vita. Terzani scriveva: “Ogni posto è una miniera. Basta lasciarsi andare, darsi tempo, osservare la gente. Così anche il posto più insignificante diviene uno specchio del mondo, una finestra sulla vita, un teatro di umanità davanti al quale ci si potrebbe fermare senza bisogno di andare altrove. La miniera è esattamente dove si è: basta scavare “. Se riusciremo a scavare, come ci dice Terzani, sentiremo di appartenere a una sorta di “società dei viaggiatori” che possiede delle mappe più ampie e flessibili per orientarsi nella vita e per osservare noi stessi, l’altro, i paesaggi naturali e umani diversi, le lingue, le abitudini, gli usi e i costumi altri. Andare verso l’altrove in un viaggio interiore significa perciò cercare una dimensione in cui regnino pace e calma, la tranquillità dell’anima come direbbe Seneca, nella speranza di una vita migliore, libera dalle sofferenze e dalle brutture del mondo reale, dove il tempo sia un momento lieve di distensione dell’animo lontano da preoccupazioni e frustrazioni. Si tratta di immaginare un mondo migliore, dove la bellezza, la conoscenza e l’amore siano gli unici valori che contino, ricordandoci come l’immaginazione possa essere un potente strumento di evasione e di consolazione, come a dire:” E poi c’è sempre quella bellissima possibilità di immaginarsi altrove. Sempre”.

Come si fa a spostare l’attenzione all’altrove?

Immaginiamo di essere intrappolati in un rimuginio continuo, assaliti da preoccupazioni che ci rendono agitati prima del tempo e che ci fanno perdere il momento presente privandoci della possibilità di godere di istanti lieti. Un ottimo metodo per ritornare con la mente al mondo reale è distrarsi con un’attività più piacevole ma in mancanza di quest’opportunità possiamo mettere in atto un’altra modalità guidata dall’immaginazione quella di “immaginarci altrove”: il “futures thinking”. La tecnica consiste nell’immaginare scenari possibili alternativi e di predisporci in un’ottica positiva a delle possibilità più ottimistiche delle situazioni. Lo sguardo immaginario dovrebbe volgere nel “vedere il bicchiere mezzo pieno” e non “mezzo vuoto”. È importante quindi cercare di riformulare i pensieri negativi. Catastrofizzare, quindi pensare in continuazione alla possibilità che possa accadere qualcosa di terribile, oppure essere troppo duri con se stessi, convincendosi di non aver fatto un buon lavoro, e in generale pensieri persistenti, critici e auto invalidanti come questi, possono generare stress ed ansia, andando ad interferire significativamente con i nostri obiettivi ed il senso di soddisfazione personale. Per cui: «Think different» come direbbe lo slogan di Apple.

Anche qualora fossimo di fronte ad un blocco emotivo o un momento di stallo per non sentirci paralizzati, impotenti, senza via d’uscita, incatenati, fermi, un modo per affrontare il problema potrebbe essere quello del “futurecasting”, una tecnica immaginativa di visualizzazione volta a spingerci ad immaginare una vita futura in cui si è stati in grado di uscire da questo blocco.

Allora diventa importante essere in grado di percepire e vedere attraverso la maschera dietro cui ci si nasconde per timore o per paura, di riuscire a capire tutto quello che ci occorre, quello che sogniamo e quello che ci manca, ma anche e soprattutto essere lungimiranti ossia guardare lontano. Dove ci immaginiamo tra 1, 5, 10 anni? Quali strumenti, risorse e capacità abbiamo ora e cosa ci occorre per raggiungere questi obiettivi futuri?

Il cantante Ultimo direbbe ciò che potremmo rivolgere come richiesta a noi stessi: “Parlami, portami altrove tra stelle accese e spiagge vuote. Avanti, parlami, portami altrove”.

Supponiamo di voler realizzare il nostro altrove. Vi offro un esempio per capire meglio. Supponiamo che dopo molte fatiche e sacrifici per immaginarvi “altrove”, soli o con famiglia, abbiate acquistato una casa e vogliate ristrutturarla perché così com’è non vi piace dal momento che non risponde ai vostri bisogni. Fisserete delle necessità: ad esempio vorrei un soggiorno spazioso sul quale affacci una cucina abitabile collegata direttamente al pranzo, vorrei una camera per gli ospiti o un piccolo studio, vorrei una camera matrimoniale con bagno in camera e cabina armadio, un secondo bagno con doccia/vasca ad idromassaggio … Sulla scia di queste necessità, fermo restando la verifica di spazi idonei e a norma di legge, nella vostra testa comincerete ad immaginare diverse distribuzioni della vostra casa. Costruirete letteralmente nella vostra mente una serie di soluzioni possibili per le vostre necessità. Alcune vi piaceranno molto, altre le scarterete, chiederete altre prospettive magari ad un architetto, un geometra o un ingegnere. La scelta definitiva sarà selezionata tra le molte prospettate ma sarà quella che più si addice alle vostre necessità e possibilità. Nella vita di tutti i giorni dovremmo fare la stessa cosa coi nostri pensieri scegliendoli come faremmo per la ristrutturazione del nostro appartamento interiore, costruito su misura per noi e che rispecchi il nostro essere secondo le nostre aspettative, scelte e necessità attuali e future.

La capacità di esplorare futuri alternativi, il “futures thinking” applicato nella produzione consente poi di essere più creativi e di avere idee brillanti e nuove. L’obiettivo del futures thinking in questo caso non consiste nell’individuare con certezza il futuro che ha più probabilità di verificarsi, ma individuare una serie di scenari alternativi entro cui collocare le proprie previsioni, le proprie strategie o le proprie politiche innovative, con tutta la flessibilità del caso a fronte dell’effettiva piega che gli eventi potranno assumere nel corso degli anni successivi. In tal senso e con una visione più ampia diviene essenziale al momento attuale in quanto ci troviamo di fronte a profondi cambiamenti in atto nel sistema socio-economico a livello globale (il lavoro, la gestione economica, le relazioni interpersonali e le inevitabili ricadute sociali di tutto ciò)  hanno spinto i governi, le aziende, le comunità e le persone in tutto il mondo a pensare al futuro in modi diversi, con obiettivi diversi per capire quali scenari si prospetteranno loro innanzi nel corso dei prossimi anni. Cambierà radicalmente, ancora una volta, il nostro modo di comunicare, lavorare e vivere. Cambieranno i mercati, alla cui domanda le aziende dovranno trovare nuovamente una risposta. Cambieranno le esigenze dei cittadini, costringendo, ancora una volta, i governi a ripensare globalmente l’offerta dei servizi pubblici. In una prospettiva di cambiamento a livello globale, la capacità di pensare con un approccio visionario e creativo ai futuri che potenzialmente ci attendono può fare la differenza nel tradurre il mondo attuale in un posto migliore. Sono sempre più frequenti le ibridazioni tra il “futures thinking” e il “design thinking”, dove il primo agisce in primo luogo per individuare i problemi (problem finding), che il secondo prova a risolvere grazie all’approccio creativo (creative problem solving) tipico del design.

Tra le principali leve favorevoli all’innovazione che il futures thinking consente abbiamo:

–              Superamento degli schemi abituali;

–              Anticipare il cambiamento;

–              Atteggiamento proattivo nei confronti degli imprevisti;

–              Nuove opportunità di business;

–              Una migliore comprensione del contesto;

–              Coinvolgimento di differenti competenze e culture;

–              Stimolare la creatività;

–              Favorire un design più efficace in risposta ai problemi futuri (design thinking).

Comprendere questa prospettiva è più semplice di quanto possa sembrare. Se si progetta per il futuro esclusivamente sulla base di un contesto attuale e delle conoscenze pregresse, il rischio, o meglio, la pressoché certezza è quella di generare prodotti e soluzioni che nascono già vecchie, soprattutto considerata la velocità con cui il mercato varia la propria domanda. Implementare tecniche di futures thinking all’interno dei processi di design facilita i progettisti a guardare oltre la prospettiva abituale, cercando di anticipare il cambiamento con soluzioni che oggi apparirebbero premature, se analizzate con la fredda razionalità della valutazione di scenario attuale. Si tratta di rispondere ad una domanda che il mercato non propone ancora, ma che deriva dagli studi di futuri. Anche se non siamo in grado di determinare quale tra l’infinita varietà di futuri possibili in effetti si verificherà, possiamo influenzarne la forma che questo prenderà in base alle scelte che facciamo, riguardo alle nostre azioni (o all’assenza di azioni) nel presente (anche non agire è una scelta). Queste scelte hanno inevitabilmente delle conseguenze e devono essere condotte con tutta la saggezza di cui disponiamo. Il futuro attuale (singolare) che si verifica e in cui vivremo e sperimenteremo come “il presente” in quel dato momento, sarà necessariamente governato dalle nostre azioni (o non azioni) in questo presente, insieme alle scelte che abbiamo effettuato tra molti futuri potenziali alternativi. Le nostre scelte e il passare del tempo riducono il campo delle infinite potenzialità ad un’unica realtà sperimentata, che diventa storia e non può più essere variata. Possiamo quindi avere un’influenza sulle potenzialità di ciò che “deve ancora essere”, mentre non possiamo fare assolutamente nulla per “ciò che è già stato”. Dovremmo cercare di creare un presente migliore scegliendo in modo saggio e responsabile tra i nostri potenziali futuri alternativi. Quali sono i futuri potenziali allora? Ci sono diversi futuri vediamoli più da vicino:

– I futuri possibili comprendono sostanzialmente tutti i futuri potenziali alternativi, coinvolgendo tutti i futuri che possiamo immaginare, senza minimamente preoccuparci delle probabilità con cui potrebbero effettivamente verificarsi. Libero spazio all’immaginazione, poi si vedrà. Si tratta di scenari che potrebbero infatti necessitare di conoscenze e tecnologie che nel momento in cui avviene lo studio non sono ancora disponibili, non sono stati immaginati o, nei casi più estremi, potrebbero comportare palesi contraddizioni con le leggi della fisica al momento note e universalmente riconosciute. A prescindere dai loro contenuti, i futuri possibili rimangono condizionati da una serie di conoscenze ignote nel momento in cui li ipotizziamo.

– I futuri plausibili comprendono i futuri che potrebbero verificarsi sulla base delle nostre attuali conoscenze. In questo caso si ragiona spesso per esclusione. Se un futuro non è precluso rispetto alle conoscenze disponibili, in primis quelle tecnologiche, viene considerato plausibile, a prescindere dalle effettive probabilità di verificarsi.

– I futuri probabili, come il nome stesso suggerisce, si riferiscono ai futuri per cui vi sono concrete possibilità che si verifichino, soprattutto perché si collocano in continuità con le situazioni del presente, a prescindere dall’orizzonte temporale in cui vengono collocati. La continuità non è infatti relativa alla conseguenza nel tempo, ma all’affinità tra le tendenze in atto. La variante dei futuri probabili sono i futuri previsti.

– I futuri preferibili vengono definiti ponendo quale elemento di priorità la volontà che si verifichi effettivamente. In questo caso, la componente emotiva prevale su quella tipicamente cognitiva che guida i futuri precedentemente descritti. Essendo condizionati da un giudizio di valore dichiaratamente soggettivo, i futuri preferibili prospettano condizioni difficili da inquadrare in termini di effettiva probabilità, ma si rivelano utili quando si tratta di cercare degli obiettivi verso cui tendere.

– I futuri assurdi sono un omaggio al paradossale secondo cui la ricerca dei limiti del possibile risiede nel loro superamento in ciò che non è in alcun modo possibile.

Spieghiamo tutto con un esempio, con buona pace per gli scettici: lo sbarco dell’uomo sulla Luna nel 1961 è nato come un futuro preferibile del presidente Kennedy, è rimasto per diverso tempo un futuro possibile, prima di diventare plausibile, probabile ed infine autentico, quando Armstrong e soci misero finalmente piede sul satellite terrestre nel 1969. Attualmente lo sbarco sulla Luna costituisce uno degli eventi più iconici della storia dell’umanità, ma si è verificato a partire da una visione di futuro assolutamente non fattibile nel momento in cui è stata formulata. Senza l’abilità di immaginare un futuro preferibile ed investire nella ricerca della conoscenza utile a renderlo possibile, plausibile e probabile, molti progressi della nostra rimarrebbero inevitabilmente preclusi.

Einstein disse: “Tutti sanno che una cosa è impossibile da realizzare, finché arriva uno sprovveduto che non lo sa e la inventa”.

Ora quando ci troviamo di fronte a un blocco emotivo o ad un momento di stallo proviamo a pensare a possibili scenari futuri, come sopra detto, ciò ci consentirà di trovare soluzioni a vie all’apparenza senza uscita, alternative a pensieri bloccanti, maggiore consapevolezza nel non rimanere paralizzati perché alcuni futuri potrebbero non realizzarsi mai (assurdi) e ad operare una selezione tra queste diverse possibilità e di conseguenza con un senso di maggiore responsabilità compiere scelte per mettere in atto cambiamenti. Per fare ciò diamoci più libertà di movimento, assecondiamo i nostri desideri, concediamoci gli “sfizi” ogni qualvolta facciamo progressi per rieducare il cervello a associare emozioni positive che riguardano una determinata attività, siamo più aperti, flessibili e proattivi, prendiamoci del tempo da soli/e per identificare le emozioni che causano il blocco e analizzare le cause dei  blocchi emotivi, comprendiamo i limiti che il blocco ci sta ponendo e quali possibilità ci sta precludendo, prendiamo le decisioni giuste per modificare le situazioni che ostacolano il nostro benessere sentendoci liberi di diventare tutto ciò che vogliamo, parliamone con qualcuno per avere punti di vista differenti e nuove prospettive, affrontiamo le paure con coraggio, seguiamo le nostre speranze, ciò ci consentirà di trasformare il nostro “altrove”, un tempo solo immaginato, in realtà. Fernando Pessoa direbbe: “Non abbiamo bisogno di una nave, creatura mia, ma delle nostre speranze finché saranno ancora belle, non di rematori, ma di sfrenate fantasie. Oh, andiamo a cercar l’Altrove”.

 

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