IL TERMOVALORIZZATORE DI SANTA PALOMBA. HO FATTO UN SOGNO: L’INVASIONE DI ROMA
Con il termovalorizzatore di Santa Palomba Roma vuole bruciare i suoi rifiuti in un impianto posto all’estremo lembo del proprio territorio al confine con i Comuni dei Castelli Romani. L’eco-mostro è destinato a devastare l’Agro romano con tutti i suoi impatti negativi in termine di salute, ambiente, economia.
Le popolazioni insediate a sud di Roma stanno cercando, attraverso le amministrazioni locali e svariate organizzazioni di cittadini, di opporsi a tale scelta: il processo decisionale va avanti e oggi siamo nella fase del bando di gara per la scelta della ditta appaltatrice.
Giovedì 12 gennaio 2024 si è tenuta a Cecchina un’assemblea convocata con lo slogan “No inceneritore” a cui hanno partecipato moltissimi cittadini, i sindaci e i rappresentanti politici dei Comuni dei Castelli Romani che sono tra i più virtuosi a livello nazionale nella raccolta differenziata, a differenza di Roma che ricicla soltanto il 45% della sua “monnezza”.
Qualche dato.
Il termovalorizzatore è dimensionato per bruciare 600 mila tonnellate l’anno. Quando (e se) il Comune di Roma aumenterà la raccolta differenziata l’impianto risulterà sovradimensionato.
Il costo e la gestione dell’impianto ammontano a 7 miliardi di euro. A questa cifra vanno aggiunti i “tradizionali” aggiustamenti in itinere nella costruzione, e 1,2 miliardi di tassa da pagare in Europa per la produzione della CO2. Una cifra enorme, pari a un 5 per cento del PNRR.
L’impianto necessiterà una rilevantissima quantità di acqua per il raffreddamento del processo di produzione. Ciò aggraverà la situazione della falda acquifera che già oggi non riesce a soddisfare le esigenze della popolazione; la pressione antropica ha causato l’abbassamento del livello dei laghi Albano e di Nemi.
L’impianto, per cui si prevede una vita di 30/35 anni, una volta acceso non potrà essere spento in anticipo, pena perdite economiche rilevanti per il gestore e costi aggiuntivi che i cittadini dovranno ripagare.
Decine e decine di camion giornalieri graveranno in maniera insostenibile sul traffico di via Ardeatina.
L’attuale progetto di massima dovrà essere trasformato dalla ditta appaltatrice in un progetto esecutivo che farà emergere verosimilmente problemi tecnico-giuridici che ritarderanno l’esecuzione dell’opera che, in teoria, dovrà entrare in funzione nel 2028.
Sono state proposte all’attuale amministrazione capitolina soluzioni alternative all’inceneritore che non sono state neanche prese in considerazione.
Il sindaco di Roma Gualtieri si è rifiutato di ricevere i sindaci dei Comuni dei Castelli che hanno a più riprese chiesto di affrontare con lui il tema del termovalorizzatore.
Sebbene il piano della Regione Lazio non preveda la costruzione di termovalorizzatori, il sindaco di Roma, in quanto commissario straordinario per il giubileo del 2025, ha ricevuto dal parlamento l’autorizzazione a realizzare un’opera che nulla ha a che vedere con il giubileo. Non è chiaro peraltro cosa avverrà quando Gualtieri terminerà il suo mandato e l’impianto sarà ancora in fase di costruzione.
L’incontro di Cecchina ha fatto emergere un punto chiaro: le legittime pressioni attualmente esercitate dai politici locali e dai cittadini non bastano a fermare l’eco-mostro, non sono sufficienti a cambiare il corso degli eventi: ci vuole quindi la forza del popolo.
Una soluzione ci sarebbe: cambiare l’attuale legge che dà al sindaco di Roma poteri assoluti di costruire il termovalorizzatore in barba a quanto previsto dal Piano Rifiuti della Regione Lazio che non prevede tale impianto. Per farsi sentire i cittadini dei Castelli potrebbero organizzare una marcia di molte migliaia di cittadini che da Velletri, Frascati, Pomezia, Nemi, Ciampino, Albano, Ardea, da ogni luogo che verrebbe deturpato dall’eco-mostro, si incamminino e raggiungano il parlamento e il Campidoglio. Insomma, un’invasione, pacifica ma determinata, dei cittadini dei Castelli Romani a difesa delle proprie radici culturali, del loro habitat millenario, della loro salute, della loro economia. Una marcia come quella suggerita è molto difficile da organizzare e realizzare, è quasi un’utopia, è un sogno come quello di Martin Luther King, e riposa sull’assunzione (eroica in questo torno di tempo in cui si tende a guardare all’immediato senza porre la necessaria attenzione al futuro) che una gran parte dei cittadini esca di casa e si metta in gioco per il bene proprio dell’oggi e delle generazioni che verranno. Ma bisogna provarci. E chissà se questa volta non vinceranno i Curiazi e gli Orazi (che non sono in grado di fare una raccolta differenziata decente), sconfitti civilmente e politicamente dai pacifici “invasori”, decideranno di risolvere i propri problemi in casa propria non ricorrendo al deprecabile criterio del NIMBY (Not In My Back Yard – Non Nel mio Cortile) senza scaricarli dunque sui vicini che sembrano più deboli per potersi opporre.
Non ci sono commenti, vuoi farlo tu?
Scrivi un commento