Il tempo felice di Maria Callas
Intervista con Renzo Allegri, autore del libro con tutte le lettere d’amore che la grande cantante scrisse al marito.
“Maria Callas: Lettere d’amore”. Magnifico libro scritto da Renzo Allegri, pubblicato da Mondadori, in libreria in questi giorni.
Un libro sereno, pulito, godibile, affascinante, dedicato alla più grande e più amata cantante lirica del Novecento, Maria Callas appunto, un’artista scomparsa da trent’anni ma che continua ad essere un personaggio vivo nella vita e nella cultura del nostro tempo. Un volume elegante, gradevole anche da un punto di vista estetico. Bello da leggere e da regalare.
«Niente scaldali in queste pagine» scrive l’autore, nella presentazione. «Niente pettegolezzi, supposizioni, ipotesi interpretative, colpi di scena, analisi contorte. Ma vita reale, sentimenti veri raccontati da chi li ha vissuti».
In che senso “raccontati da chi gli ha vissuti?”, chiedo a Renzo Allegri.
«È un libro fatto con le lettere scritte dalla stessa Callas. Lettere d’amore, scritte al marito. Tante lettere, una settantina, oltre a una trentina di bigliettini. Lettere stupende, a volte lunghissime, che commuovono, coinvolgono, fanno anche sorridere perchè, la Callas, soprattutto all’inizio, non era ancora la grande cantante, la celebre diva, la “Divina”, come veniva chiamata, ma semplicemente una ragazza di ventiquattro anni, umile, a volte triste, un po’ spaesata, assetata di affetto».
Un libro quindi dedicato al periodo del suo matrimonio con Meneghini.
«Esattamente. Dedicato al periodo italiano della vita della celebre cantante. Un periodo che va dal 1947 al 1959, cioè da quando la Callas arrivò in Italia e conobbe e sposò l’industriale veronese Giovanni Battista Meneghini, a quando lo lasciò per andare a vivere con l’armatore greco Aristotele Onassis. Dodici anni che sono stati gli unici veramente felici della sua tormentata esistenza. Anni di serenità e soprattutto amore, un amore vero, appassionato, legato a valori tradizionali come il matrimonio, la famiglia, il desiderio di maternità e dell’intimità domestica. Un amore più forte della carriera, della fama e del successo, e che fu il fuoco nel quale si forgiò la vera grandezza artistica della cantante, proprio perché l’aveva trasformata in una donna traboccante di positività e serenità».
Un libro rivoluzionario, controcorrente nel panorama delle biografie callasiane.
«Mi sono prefisso di richiamare l’attenzione dei lettori e degli appassionati di musica su una parte della vita della Callas che in genere viene trascurata. Quasi tutte le biografie, i documentari, i film su Maria danno ampio spazio alla sua relazione con Onassis, quasi fosse quello l’unico periodo importante della sua esistenza e della sua arte. E trascurano completamente il periodo italiano che è invece quello della sua formazione e della sua piena maturità artistica. Dopo il 1959, cioè dopo aver lasciato Meneghini, in pratica la Callas non ha fatto più niente. Con Meneghini ha “costruito” nella vita privata e nella musica. Con Onassis ha dissipato se stessa e la sua carriera.».
Ma se la Callas era tanto innamorata del marito, come spiega che nel 1959 lo ha lasciato per Onassis?«Non sono in grado di spiegare né voglio dare giudizi in merito. Prendo atto di quella decisione della Callas. Probabilmente fu un colpo di testa, una infatuazione. Sono cose che capitano nella vita delle persone. Ma questo cambiamento non cancella il passato e la storia del passato. Non si può dire di conoscere la Callas ignorando gli anni precedenti al periodo con Onassis, che sono quelli della sua affermazione in campo mondiale. Il libro, a questo proposito, presenta anche informazioni assolutamente inedite, fornite dal nipote della cantante che svela come la Callas pochi mesi prima di morire avesse intenzione di tornare a vivere con Meneghini. Il che significa che forse si era pemtita del passo che aveva fatto nel 1959.»
Come definirebbe questo suo nuovo libro?
«Un libro verità. Non è un libro scritto a tavolino, fatto di ricostruzioni su ritagli di giornali o su testimonianze per “sentito dire” con lo scopo di stupire il pubblico. Il mio è un libro di documenti. È più un libro della Callas che mio, perché è costituito principalmente dalle lettere scritte da lei stessa, che sono appunto un documento straordinario, unico nel suo genere. Lettere che ribaltano le conoscenze che finora si avevano della cantante. Rivelano una Callas diversa da quella comunemente pubblicizzata, una Callas in un certo senso sconosciuta, ma in perfetta sintonia con la sua arte».
«A leggerle adesso», dice ancora Allegri «quelle lunghe lettere risultano preziosissime per la conoscenza della personalità della cantante. Mettono in evidenza straordinari particolari del suo carattere, della sua sensibilità, del suo modo di pensare e di valutare l’esistenza. Sono lettere di una sincerità disarmante. Di una passionalità commovente. La donna e l’artista si palesano con una spontaneità incantevole. Nelle frasi, nell’impeto affettivo, nelle amarezze, nelle valutazioni artistiche, nelle critiche focose, nella malinconia delle sofferenze, si trovano quelle venature di tristezza, sommessa e rassegnata, che si avvertono sempre nel suo canto e gli danno quella interiorità umanissima che lo contraddistingue e affascina. Sta qui l’importanza di questo mio libro: nelle lettere della Callas. Per questo si intitola “Maria Callas, lettere d’amore”».
Renzo Allegri, giornalista e scrittore, critico musicale, è un autore fecondo. Ha pubblicato una cinquantina di libri. Nove volumi gli ha dedicati a Padre Pio e da uno dei quali è stato tratto il film per la televisione interpretato da Sergio Castellitto. Lo scorso anno ha dato alle stampe un magnifico volume su Toscanini, nel 2005 uno su Giovanni Paolo II, ora questo sulla Callas, un libro dal taglio nuovo, originale, coinvolgente.
Gli chiediamo: Quale sarà il suo prossimo libro?
E Renzo Allegri risponde: «Ancora un volume dedicato a un artista che ha speso l’intera sua vita per la musica, soprattutto al teatro lirico, e cioè Nicola Benois, grande scenografo, che fu per cinquant’anni direttore delle scenografie della Scala. È un amico, scomparso nel 1988, un po’ dimenticato, ma ingiustamente, perché fu un vero e grande artista».
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