Il sito archeologico della necropoli di Osteria dell’Osa
Un sito archeologico destinato alla sepoltura e al culto dei defunti in età precristiana, trascurato per parecchi decenni è finalmente tornato all’attenzione della soprintendenza archeologica. Ai margini estremi del vasto territorio dei Castelli Romani, in prossimità del chilometro diciassettesimo della Via Prenestina – correlata amministrativamente al Comune di Montecompatri – si erge l’importante necropoli dell’età del ferro di Osteria dell’Osa. Datata nel periodo compreso tra il IX e i primi decenni del VI secolo A.C., è composta da un insieme di circa 600 – 700 tra tombe e sepolture. Le ricerche effettuate in luogo hanno permesso di riportare alla luce una quantità notevole di reperti che descrivono indizi molteplici delle pratiche funerarie esercitate nell’epoca, mediante l’incenerimento delle spoglie mortali o la deposizione attraverso l’inumazione dell’intero corpo a contatto con il terreno. Le sepolture furono riesumate dopo la stesura di un accurato progetto archeologico che fu elaborato nell’arco di quindici anni e si concluse con dei rinvenimenti corposi nel biennio 1979 – 1980. Codesti scavi archeologici permisero una valutazione approfondita delle caratteristiche fisiche e morfologiche dei defunti, delle condizioni di vita quotidiana, delle derrate alimentari a disposizione per il personale fabbisogno e delle professioni talora svolte dalle popolazioni dispiegate nell’insediamento. Il complesso è composto da ripartizioni diversificate, con particolare attenzione sia alla geografia storica che e a quella morfologia, che si occupano dello studio della forma della superficie terrestre e delle forze che la modificano, dello spazio inerente alla necropoli, dell’area circostante e delle caratteristiche teoriche e metodologiche e infine della classificazione dei materiali. Le conoscenze estrapolate sono risultate particolarmente utili ai fini di un’ipotetica ricostruzione della struttura e dell’organizzazione comunitaria, e delle relazioni emerse con il territorio circostante e i rapporti intercorsi con le altre civiltà presenti. Il progetto si è svolto mediante una scomposizione delle componenti l’esame singolo delle stesse, traendone le debite conclusioni tramite un’accurata analisi antropologica sui resti scheletrici e sulle reciproche relazioni di conservazione degli isotopi stabili delle ossa, analisi fisico-chimiche della ceramica e dei metalli. Nei ritrovamenti fecero parte delle iscrizioni espresse in Lingua Greca (datate 650 A.C. ) e in Lingua Latina (750 A.C. ), che sono risultate stimate dagli storici come della più antica d’Italia la prima, e come la più antica del mondo la seconda. La necropoli dell’Osa è collegata con la fiorente Gabii, antica città, colonia di Albalonga. Nella Necropoli dell’Osa compaiono gli elementi sistematici che attestano il processo di formazione della città latina di Gabii. Quest’ultima rappresenta il vertice antico di un triangolo con ai lati disposte le cittadine di Tibur (Tivoli), Praeneste (Palestrina) e Collatia (le notizie la situano nei dintorni del Castello di Lunghezza) che nel periodo antico ebbero uno sviluppo di notevole importanza nelle vicende storiche e politiche che riguardarono il centro Italia, in forza delle potenzialità strategiche della posizione che occuparono al centro delle arterie di collegamento e dei percorsi commerciali che mettevano in comunicazione la valle dell’Etruria con la Campania. Le comunità erano legate tra loro da strutture di parentela, guidate da capi guerrieri e sacerdoti. Vivevano in capanne e si approvvigionavano presso il Lago di Castiglione. In alcuni periodi dell’anno lavoravano la ceramica, ed erano ottimi utilizzatori dell’argilla. Il legno era conosciuto e sfruttato. Le famiglie erano composte generalmente da 4 o 5 figli e le donne erano provette lavoratrici soprattutto quelle in giovane età. Con la tecnica del Radiocarbonio 14 è stato possibile datare le ossa rinvenute all’interno dei loculi. Tra la fine del IX e VIII secolo A.C. in considerazione degli intensi contatti tra l’Etruria e la Campania, in queste comunità egualitarie hanno luogo delle trasformazioni sociali che definiscono la costituzione di un sistema gentilizio-clientelare. Si avverte la formazione dei centri protourbani anticamera di quelli urbani tipici del territorio laziale. Presso la sezione della protostoria dei popoli latini del Museo nazionale Romano è possibile visionare la presenza di materiali esplorati e scavati negli ultimi decenni e una ricostruzione accurata dello sviluppo della Necropoli.
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