Il Signor Presidente
Per la prima volta, in Italia, una donna ha raggiunto una meta impensabile e ha frantumato il cosiddetto tetto di cristallo, cioè ha superato le barriere che tuttora esistono per impedire alle donne di raggiungere carriere di alto livello.
L’Italia è molto arretrata: si arrabatta tra segregazione, discriminazione, maternità, assistenza parentale, stereotipi di genere e differenza retributiva. È solo del 1965, ad esempio, l’ingresso delle prime donne in magistratura, e solo vent’anni fa abbiamo avuto le prime donne carabiniere.
Forse, tutte noi italiane dovremmo essere soddisfatte che sia stato fatto un altro passo per tracciare un sentiero di pari opportunità.
Ora, però, siamo in ansiosa attesa di conoscere dal nuovo Governo capitanato da una donna come risolveremo l’aumento del costo dell’olio al supermercato, della pasta, del pane e della frutta, senza dimenticare gas, luce, siccità, fragilità del territorio e invadente desertificazione del nostro bel paese.
Per prima cosa ci è stato detto, allora, che potremo portare nella borsetta parecchie migliaia di euro in contanti. Ci è facile immaginare uomini e donne comuni, come tutti noi, persino gli anziani, con il portafoglio e la borsetta gonfi di bigliettoni per andare a fare la spesa, senza più alcuna paura di essere rapinati o scippati.
Subito dopo, abbiamo sentito dire anche che la signora vuole essere chiamata “il Presidente del Consiglio”, anzi, signor Presidente del Consiglio. Come abbiamo detto, molte professioni sono state per secoli esclusivo appannaggio del maschio, quindi, non c’era motivo di avere il sostantivo femminile. Poi, quando le donne sono entrate in vari ruoli, seppur molto lentamente, anche attraverso l’uso, si è stabilito come chiamarle. Secondo me, un grande motivo di orgoglio è iniziare a usare un titolo importante al femminile. Forse, presidentessa non ci piace, tanto più che, un tempo, mancando donne “presidenti”, indicava solo la moglie di un Presidente.
Ma, secondo l’Accademia della Crusca, il femminile “la presidente” è perfettamente corretto e si coniuga con il resto di qualsiasi frase che, trattandosi di donna, sarebbe declinato al femminile (es: Il Presidente del Consiglio si è recata…).
Dunque, perché vergognarsi di essere donna e farsi chiamare uomo? Forse, sotto sotto, non ci riteniamo abbastanza alla pari e ci nascondiamo ancora dietro il maschio?
Ahimè, a noi donne manca il pene! Eppure possiamo, se vogliamo, essere madri, cioè creare la vita tanto che senza di noi l’umanità finirebbe.
Perché, dunque, questo spirito di adeguamento simbolico (pare persino che il cerimoniale sia previsto solo al maschile!!!) e accettazione che il potere sia solo del maschio? Non è forse il momento di evolvere e di rompere davvero quel famoso tetto di cristallo?
Comunque, in attesa che il mio paese ammetta le pari opportunità, almeno nella grammatica, voglio adeguarmi anch’io al nuovo che avanza: ho proibito a mio marito di dire in giro che sono sua moglie. Deve imparare ad affermare che sono suo marito perché, in fondo, il genere maschile stravince in tutte le occasioni.
P.S. Sento ora che Il signor Presidente del Consiglio ha affermato che si trattava una circolare sbagliata e che possiamo chiamarla come vogliamo.
Mi sorge un altro dubbio: non sarà stata, per caso, una polemica di distrazione di massa?
Riferimenti:
Nomi professionali femminili – Consulenza Linguistica – Accademia della Crusca
Nomi di mestiere e questioni di genere – Accademia della Crusca
Il femminile di questore e di prefetto – Consulenza Linguistica – Accademia della Crusca
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