Il sacramento del matrimonio
Il matrimonio, non di rado, è presentato da due punti di vista: da una parte, è considerato un’istituzione naturale, profana; dall’altra, il vincolo coniugale dei cristiani concepito come una realtà istituita da Cristo.
La propensione a stabilire una separazione tra sacro e profano è frutto del secolarismo. Non esiste un matrimonio profano naturale, civile, ed un matrimonio sacro, sacramentale, canonico. Esiste un solo matrimonio, che dall’inizio ha una dimensione soprannaturale, un rapporto strettissimo con il piano divino creatore e redentore. Il matrimonio è dal principio segno del mistero che si manifesta nella creazione, il mistero dell’amore eterno di Dio per l’uomo, mistero che si esprime e si realizza nel tempo attraverso il rapporto di Cristo con la Chiesa.
Il sacramento del matrimonio non è altro che il matrimonio originario o sacramento della creazione, elevato alla condizione di sacramento della Nuova Alleanza, non in virtù del rito o cerimonia sacra, ma per il fatto che gli sposi, mediante il battesimo sono inseriti in modo indistruttibile nell’Alleanza sponsale di Cristo e la Chiesa. Il sacramento non è qualcosa d’aggiunto o concomitante alla realtà ordinaria: è la stessa realtà ordinaria elevata da Cristo.
La giurisprudenza rotale ha accolto questa tradizione, esprimendola nella massima chi vuole il contratto, vuole il sacramento. L’affermazione per cui tra i battezzati non può sussistere un valido contratto matrimoniale, che non sia per ciò stesso sacramento, non costituisce solo un requisito giuridico, ma una dichiarazione teologica della stessa realtà che in qualche modo condiziona il soggetto battezzato: quando si vuole un vero matrimonio tra battezzati, si riceve il sacramento. Per l’esistenza del segno sacramentale, la Chiesa ha richiesto tradizionalmente nel ministro dei sacramenti l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa. Quando due battezzati si uniscono in matrimonio, il loro consenso, se è autentico, costituisce la donazione coniugale realizzata da due cristiani, la quale per volontà divina esprime visibilmente il mistero dell’unione sponsale di Cristo e la Chiesa. Il contenuto di ciò che fa la Chiesa nel sacramento del matrimonio, è ciò che fanno gli sposi cristiani in tale sacramento: donarsi nella dimensione coniugale per costituire il matrimonio. Definire il contenuto dell’intenzione minima necessaria per costituire il segno sacramentale, costituisce il criterio fondamentale d’ammissione alla celebrazione del matrimonio tra battezzati attraverso il concetto della retta intenzione. La retta intenzione implica accogliere il progetto divino sul matrimonio, il quale è realtà sacra dal momento della creazione. Così, il solo fatto di prescindere o fare a meno della dimensione trascendente del matrimonio non intacca di per sé la retta intenzione di contrarlo. Infatti, non di rado, i pastori riscontrano che la richiesta di celebrazione del matrimonio sacramentale viene fatta per motivi di carattere familiare o di costume sociale; tutto ciò non giustifica a priori un eventuale rifiuto di tali richieste. Per non accogliere il progetto divino sul matrimonio facendo venir meno la retta intenzione deve sussistere un atteggiamento attivo dei nubendi, di rifiuto di ciò che la Chiesa celebra nel matrimonio, in modo da rigettare lo stesso matrimonio cristiano (si può pensare alla recente sentenza della Cassazione civile relativa al riconoscimento della nullità del matrimonio concordatario in caso di ateismo). Si giungerebbe così a un rifiuto esplicito e formale di ciò che la Chiesa intende compiere quando celebra il matrimonio dei battezzati: vale a dire, lo stesso matrimonio sacramentale, e non solo il suo essere sacramento. Chi vuole contrarre un vero matrimonio, riceve il sacramento.
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