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Il relativismo di Pio X

Il relativismo di Pio X
Marzo 01
02:00 2007

Papa Pio X Cito dall’omelia Pro eligendo romano pontifice pronunziata dal cardinale Joseph Ratzinger il 18 aprile 2005: “Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla di definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”. Tuttavia, lo stesso Benedetto XVI, in un’altra sua opera (Il dizionario di papa Ratzinger[1]) così si esprime: “Una società liberale dovrebbe essere relativista; solo a queste condizioni essa è in grado di rimanere libera e di mantenersi aperta” .
Oltre che in tale occasione, mi sembra di cogliere una certa contraddizione anche fra l’attuale avversione della Chiesa verso il ‘relativismo’ filosofico (che poi è anche, sotto alcuni aspetti, scientifico) e l’operato della Chiesa stessa, basato sull’interpretazione (che per ciò stesso è relativa) della volontà divina da parte dei suoi capi. Quanti, per esempio, sanno che i dieci comandamenti, così come sono stati insegnati a noi e ai nostri figli, non sono quelli originari contenuti nella Bibbia (Esodo 20) ma quelli ‘rivisti e corretti’ da papa Pio X? Vediamoli. I dieci comandamenti ‘biblici’ sono così formulati[2]:

Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese di Egitto, da una casa di schiavitù.
1) Non avrai altri Dei davanti a me.
2) Non ti farai scultura e alcuna immagine né di quello che è su in cielo, né di quello che è quaggiù sulla terra, né di quello che è in acqua, sotto terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai, perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso che punisce la colpa dei padri sui figli fino alla terza e quarta generazione, per quelli che mi odiano, ma che fa grazia a migliaia per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.
3) Non pronuncerai inutilmente il nome del Signore, tuo Dio, perché egli non lascia impunito chi pronuncia il suo nome inutilmente.
4) Ricordati del giorno di sabato, per santificarlo: sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro, ma il settimo giorno è sabato in onore del Signore, tuo Dio. Non farai alcun lavoro, tu, tuo figlio e tua figlia, il tuo servo e la tua serva, il tuo bestiame, il forestiero che sta dentro alle tue porte, perché in sei giorni il Signore fece il cielo, la terra, il mare e tutto quello che è in essi, ma il settimo giorno si riposò: perciò il Signore ha benedetto il giorno di sabato e l’ha santificato.
5) Onora tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano lunghi sulla terra che il Signore, tuo Dio, ti dà.
6) Non ucciderai.
7) Non farai adulterio.
8) Non ruberai.
9) Non deporrai falsa testimonianza contro il tuo prossimo.
10) Non desidererai la casa del tuo prossimo; non desidererai la moglie del tuo prossimo, il suo servo, la sua serva, il suo bue, il suo asino, e tutto quello che è del tuo prossimo.

Pio X, invece, per la preparazione catechistica ai sacramenti, ritenne opportuno modificarli come segue:

Io sono il Signore Dio tuo:
1. Non avrai altro Dio fuori di me.
2. Non nominare il nome di Dio invano.
3. Ricordati di santificare le feste
4. Onora il padre e la madre.
5. Non uccidere.
6. Non commettere atti impuri.
7. Non rubare.
8. Non dire falsa testimonianza.
9. Non desiderare la donna d’altri.
10. Non desiderare la roba d’altri.

L’eliminazione del cenno alla schiavitù del popolo ebraico in terra d’Egitto, contenuta nell’incipit, è evidentemente dettata dalla ‘volontà’ da parte della Chiesa di uscire dal provincialismo del Dio ebraico, consegnandolo all’universalità degli uomini: Dio è di tutti e non solo del popolo ebraico.
La modifica del primo comandamento, che nella forma biblica fa riferimento a “Dei” , è evidentemente motivata dal fatto che ai tempi di Pio X le religioni (almeno quelle fondamentali) sono ormai monoteiste. Il secondo, invece, è stato totalmente abolito, per la semplice ragione che la Chiesa non lo ha mai rispettato, anzi ha sempre fatto il contrario e continua a farlo con la sua iconografia idolatrante. Se si fosse rispettato, fra l’altro, gran parte dell’arte non sarebbe esistita. Nulla di esso, inoltre, poteva essere salvato, perchè sarebbe stato imbarazzante ammettere che anche Dio muta di carattere (relativismo divino?): da irascibile e vendicativo, qual era prima della nascita di Gesù, diventa improvvisamente buono e campione del perdono. Volendo essere pignoli, si notano già i presupposti del cambiamento: nella punizione arriva alla quarta generazione (punendo, però, gli innocenti, i figli di chi ha peccato!), mentre nella clemenza la sua generosità si spinge alla millesima generazione! La riforma del terzo comandamento, che è diventato il secondo di Pio X, riflette il cambiamento caratteriale di Dio: quel “perché egli non lascia impunito chi pronuncia il suo nome inutilmente” certamente stonerebbe in bocca al nuovo Dio del perdono. Meglio cancellare. Il quarto, nella sua meticolosa formulazione di tutto ciò che non bisogna fare durante il ‘settimo’ giorno e di chi non lo deve fare, è troppo pericoloso: dovessero gli uomini prenderlo veramente alla lettera, tutto si fermerebbe, persino i servi e gli animali dovrebbero riposare! Meglio essere più vaghi e invitare genericamente gli uomini a “santificare le feste” , che non significa necessariamente “non farai alcun lavoro” . E poi, lasciamoci un margine di libertà, perchè santificare soltanto il “settimo giorno” ? Si deve pensare a eventuali ampliamenti, meglio parlare di “feste” : questo Dio a.C. è troppo accentratore, si dovrà pure accontentare qualcun altro, no? Sul quinto, poco da dire: i genitori devono essere onorati e basta, e non per ottenere una proroga della propria morte. Il sesto e l’ottavo comandamento possono rimanere come sono. Per il settimo (sesto di Pio X), invece, si può di nuovo lavorarci su. Questa volta, però, Pio X, volendo, in buona fede, estendere il dominio d’applicazione del divieto, in realtà lo ha vanificato e dissolto: mentre l’adulterio è qualcosa di ben definito e definibile per tutti, non altrettanto lo è un ‘atto impuro’. Meglio così, ci sono più possibilità di salvarsi. Il nono comandamento biblico, invece, ad onor del vero, viene migliorato da Pio X in un ottavo comandamento più giusto: non bisogna testimoniare il falso soltanto verso gli altri ma anche verso se stessi. Nessuna doppiezza, quindi. Anche la revisione dell’ultimo comandamento (versione biblica) mostra una Chiesa più matura del presunto codificatore dei dieci comandamenti originari (grazie al ‘relativismo’?). L’arcaica società patriarcale contadina concepiva merce, strumento di lavoro, e quindi proprietà, tutto ciò che era al disotto del capo famiglia: casa, animali, servi, figli e moglie compresa, considerata strumento di produzione dei figli e quindi di forze lavoro. Il decimo comandamento dell’Esodo accomuna tutti questi elementi, per noi eterogenei, in un’unica entità materiale produttiva. Onorare il decimo comandamento biblico significava sancire, sacralizzandolo, il diritto della proprietà nella civiltà contadina. Qui la Chiesa fa un grande passo avanti, scindendo il comandamento biblico in due comandamenti distinti (riportando così a dieci il numero dei comandamenti) uno per la “donna d’altri” e un altro per la “roba d’altri” : le donne non sono più ‘oggetti’ di proprietà e inoltre si parla più in generale di “donna d’altri”, anzichè “moglie d’altri”, allargando il dominio di definizione in modo da trascendere il legame formale, ‘contrattuale’ insito nel termine ‘moglie’. La “donna d’altri” è la donna che sentimentalmente e spiritualmente è legata a qualcuno ed è tale legame che deve essere rispettato. Il ‘relativismo’ non è dunque sempre negativo: gli ultimi tre comandamenti della versione Pio X lo dimostrano felicemente.

————-

[1] Baldini Castoldi Dalai, Milano 2005, voce relativismo. Il presente articolo trae spunto dall’articolo A tutto tondo: Un ritratto di Bruno de Finetti (attraverso interviste e testimonianze) di Gian Italo Bischi. In: Lettera Matematica Pristem gennaio 2007.
[2] La Bibbia, Esodo 20 (2-17), Edizioni Paoline, 1987.

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