Il razzismo contro Asia Bibi
Asia Bibi era una povera bracciante agricola, odiata dalle donne musulmane fanatiche del suo villaggio per essere cristiana. Un giorno, nel 2008, l’occasione, per denigrarla e umiliarla ulteriormente, nasce nel mandarla a prendere l’acqua alla fonte e, poi, di asserire che ella non poteva, in quanto cristiana, toccare il recipiente dell’acqua stessa destinato alle donne musulmane. Nella successiva lite che si scatena, Asia viene anche accusata di aver insultato il Profeta Maometto. Da questo evento, deriva l’incarcerazione (le condizioni delle prigioni pakistane le possiamo facilmente immaginare), lo stupro, la condanna a morte per blasfemia.
Il Pakistan è un paese islamico che ha origine dalla divisione a tavolino dell’India colonizzata dagli inglesi in due parti: il Pakistan a maggioranza musulmana e l’India a maggioranza induista. Il Mahatma Gandhi, che si era battuto per tutta la vita per la liberazione dal feroce giogo inglese, non voleva questa divisione che avrebbe creato, a quel tempo, tanto spargimento di sangue (più di 5000 persone uccise prima della partizione; e più di 500000 morti tra scontri ed esodi di massa con la divisione) e, in seguito, ulteriore settarismo, persecuzioni, uccisioni. Gandhi credeva che le diverse e numerose religioni dell’India avrebbero potuto, come era successo in passato, convivere in pace. Non è andata così. I due paesi si sono separati, con trasferimenti di milioni e milioni di persone da una parte all’altra. Oggi, in Pakistan, circa l’1,58 % della popolazione è cristiano, diviso tra cattolici e protestanti. Il Pakistan, tra l’altro, ha un tasso di analfabetismo tra i più alti al mondo (alfabetizzazione 57,9%, di cui 69,5 maschile è 45,8 femminile) e una popolazione di bambini che abbandonano la scuola seconda solo alla Nigeria.
In questi anni, a fronte di ulteriori condanne della Bibi, ci sono state varie sollecitazioni internazionali da parte di Associazioni umanitarie per la liberazione della donna, oltre all’intervento del Papa e a petizioni di comuni cittadini del mondo. Un governatore e un ministro pakistani, colpevoli di aver chiesto la revisione della legge sulla blasfemia, nel frattempo, sono stati assassinati.
Infine, la Corte Suprema, il 31 ottobre 2018, ha assolto Asia Bibi e ne ha ordinato la scarcerazione.
Da quel momento, si inseguono le notizie, vere o presunte: Asia è libera, è in volo per un paese sicuro, oppure è ancora in carcere, sarà nuovamente processata, ecc. ecc.
Alla notizia della presunta liberazione, manifestanti inferociti sono scesi nelle piazze in Pakistan chiedendo, invece, la sua morte, mentre l’opposizione minaccia di far cadere il governo, ritenuto colpevole della sentenza assolutoria. È una situazione molto difficile e pericolosa.
Noi italiani guardiamo allibiti in tivù le scene di un paese tanto violento e assetato del sangue di una povera contadina cristiana. Un paese razzista, che odia una persona, accusata senza alcuna prova, se non dall’odio delle vicine, perché di religione diversa. Un paese fanatico, dove la religione viene usata, senza conoscerla e senza capirla, per scatenare odio, sofferenza, crudeltà, meglio ancora se contro una donna, inferiore per natura! Un paese che si nutre di slogan senza argomentazioni plausibili.
Noi tutti condanniamo concordemente questi atteggiamenti che ci fanno orrore, perché siamo alfabetizzati e ci riteniamo un paese evoluto e civile.
Eppure, non passa giorno, in Italia, che qualcuno, a casaccio, non venga picchiato, insultato o peggio, gli si spari, perché nero! Non passa giorno senza che la folla si nutra di slogan senza argomentazioni e non passa giorno che non si voglia impedire alla minoranza islamica che vive in Italia, lavorando onestamente, di avere i suoi luoghi di culto. Non passa giorno che non si denigri tale religione.
Non è questo razzismo ed emarginazione ancora più grave per noi che siamo andati a scuola e abbiamo studiato?
Noi sappiamo dove ci abbia portati, in passato, il razzismo e la condanna delle altre religioni!
Eppure, le nostre libere elezioni di marzo, sono state vinte essenzialmente su due fronti: uno, il reddito di cittadinanza e l’altro, la lotta agli immigrati. Cioè, la guerra a quei poveretti che scappano, qualche volta dalle guerre, molte altre dalla fame. Oppure scappano da paesi come il Pakistan, dove i diritti umani sono carta straccia.
Tra le persone giustamente scandalizzate dalle tremende torture subite da Asia Bibi, c’è, forse, qualcuno che sostiene, allora, onestamente, che in Pakistan non c’è la guerra ma le persone non sono sicure e dovrebbero avere diritto all’asilo politico? Io non credo.
Perché è sempre facile criminalizzare gli altri senza vedere quello che facciamo noi.
Nella migliore delle ipotesi, ci giriamo dall’altra parte.
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