IL “RATTO” DI MANZU’
Ad Ardea, nei pressi del centro storico, c’è il Museo Manzù che oggi fa parte del Polo museale statale del Ministero per i Beni Culturali. Nel parco, all’ingresso del museo, si trova la tomba monumentale dello scultore Giacomo Manzù, un artista di fama internazionale definito anche il Michelangelo del XX secolo.
Giacomo Manzù, dopo la sua morte avvenuta il 17 gennaio 1991, fu sepolto ad Ardea il 22 maggio 1992 in seguito alla sua ultima volontà di riposare, per sempre, in pace nel luogo dove c’è il museo che donò allo Stato italiano nel 1979 con oltre 400 opere d’arte e con destinazione specifica alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.
Alcuni membri della famiglia nel 2003 sostennero – senza averne le motivazioni – che Giacomo Manzù voleva essere sepolto a Bergamo, sua città natale. In quell’occasione gli amministratori provinciali della Lega Nord appoggiarono l’iniziativa della famiglia di sradicare Manzù da Ardea, sostenendo che l’artista era “sangue bergamasco” indegno di un sepolcro “in un paese romano”. La mobilitazione civica dei cittadini, grazie a una petizione popolare al presidente della Repubblica Ciampi sottoscritta da 10.000 cittadini di Ardea e a un deciso intervento del consiglio provinciale di Roma, riuscì a far rispettare la volontà dell’artista di riposare in pace ad Ardea.
Ora siamo nel bel mezzo di una controversia legale che coinvolge gli eredi di Manzù, il Comune di Ardea, il ministero dei Beni culturali, il TAR del Lazio ed il commissario ad acta inviato ad Ardea per dare attuazione alla sua delibera.
Di fronte a questo “scippo” dell’identità culturale non solo dell’antica città di Ardea, ma di tutti i Castelli Romani, il Comitato popolare “Pace per Manzù”, dopo aver informato i cittadini, sta raccogliendo migliaia di firme con una petizione al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per chiedere che lo stato rispetti gli impegni presi da due presidenti della Repubblica come Sandro Pertini e Francesco Cossiga quando accettarono di valorizzare il patrimonio d’arte donato da Manzù come un bene comune di tutta la nazione e si impegnarono a rispettare e a far rispettare la scelta dell’artista di riposare per sempre in pace ad Ardea.
Rimane un punto interrogativo: come mai gli eredi di Manzù sono così decisi a traslare le spoglie mortali dell’artista affrontando rilevanti spese ed entrando in un lungo contenzioso, trovandosi contro una imponente massa di cittadini di Ardea a cui verosimilmente si aggiungeranno quelli degli altri Comuni dei Castelli Romani decisi a non subire lo “scippo”?
Le spoglie di Manzù hanno uno straordinario valore morale e civile, sono una testimonianza di bellezza e di amore, sono parte integrante della storia del nostro territorio che vanta origini millenarie. Toglierle dal museo significherebbe rimuovere uno dei suoi elementi fondamentali, come se in un castello di carte se ne spostasse una provocandone la rovinosa caduta.
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